LA MINISTRA BOSCHI PARLA COME BERLUSCONI E CAPEZZONE
MUTAMENTI GENETICI DELLA SINISTRA SUL TEMA GIUSTIZIA
Sarà anche vero che, come ebbe a confessare Maria Elena Boschi al presidente emerito della Consulta Gustavo Zagrebelsky “abbiamo a che fare con la stampa, per cui le parole che usiamo più sono pesanti, più passano”.
Sarà anche vero che il ruolo di ministro delle Riforme, con un Parlamento diviso in medie, piccole e grandi fazioni, e con nessuna idea condivisa su come si possa riformare il Paese, debba essere compito particolarmente gravoso.
Sarà che le riforme annunciate fin qui hanno ricevuto bocciature da professori di diritto e una dubbia acquiescenza da parte dei gruppi politici, prima di impantanarsi nelle secche tra Montecitorio e Palazzo Madama.
O che quella lanciata come la grande riforma delle Province abbia partorito per adesso solo un’elezione farsa e la protesta dei dipendenti sotto i palazzi della politica.
Fatto sta che sabato, il ministro per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi si è tramutata in una sorta di Capezzone d’altri tempi.
In risposta all’Anm che aveva criticato la leggerezza del governo nell’affrontare il problema della corruzione e ne aveva denunciato l’ossessione verso la responsabilità civile dei magistrati, Boschi aveva detto: “I magistrati dovrebbero parlare attraverso le loro sentenze, applicare le leggi, non commentarle o scriverle, quello spetta ai parlamentari”
È questo un concetto caro al centrodestra degli ultimi vent’anni.
Da Daniele Capezzone a Fabrizio Cicchitto, passando per l’indimenticato Sandro Bondi, il sindacato delle toghe non dovrebbe mettere bocca sull’operato di chi governa.
Questo, ad esempio, è un Capezzone d’annata: 27 novembre 2009.
Dice, l’ex segretario Radicale all’epoca portavoce di Forza Italia: “Spiace dover ricordare nozioni che dovrebbero essere elementari in un Paese civile. Ma in uno Stato di diritto le leggi le fa il Parlamento, sulla base del mandato popolare, e non il dott. Cascini, l’Anm e i magistrati. Il compito dei magistrati è quello di applicare le norme, non di discuterle politicamente”.
È praticamente la stessa dichiarazione di Boschi.
Ha più piglio, certo il Sandro Bondi che nel settembre dell’anno passato tuonava: “Il segretario dell’Anm, Rodolfo Sabelli, fornisce l’ennesima conferma di una casta di funzionari dell’amministrazione pubblica che pretende di stabilire e di dettare al Parlamento quali siano le leggi conformi o meno alla nostra Costituzione, soverchiando in maniera illegittima le istituzioni democratiche preposte a tutelare i diritti fondamentali della nostra democrazia e delle libertà dei cittadini”.
Sul tema della politicizzazione della magistratura è del resto Fabrizio Cicchitto l’analista più attento: “Questa non è una battaglia per cercare tutti insieme di migliorare la macchina della giustizia. – vergava nel lontano gennaio del 2005 – Questa è una battaglia politica, uno scontro, con una parte della magistratura e l’intera Anm schierata in modo esplicito ed estremista a fianco di uno schieramento politico per abbatterne un altro”.
Il ministro Boschi, che è giovane, deve averlo ascoltato il saggio Cicchitto.
Nel settembre scorso, sul tema, annotava del resto: “Bisogna uscire dalla guerriglia che ha caratterizzato il nostro paese negli ultimi anni”.
Eppure un tempo il Partito democratico difendeva quasi sempre le prese di posizione dell’Anm.
A Bondi si rispondeva così: “Registriamo la singolare concezione della democrazia del ministro Bondi, che nega persino il diritto ad esprimere il dissenso a chi ha il compito di rappresentare i magistrati (…). Il governo ha dimostrato di usare la sua maggioranza per fare e disfare a proprio piacimento in tema di giustizia ora lasci almeno a chi ci lavora il diritto di dissentire”.
Nello specifico era Andrea Orlando. Oggi ministro della Giustizia del governo Renzi. Che però la pensa come Boschi.
Eduardo Di Blasi
(da “il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply