LA NOVITA’ PIU’ IMPORTANTE DELLA PROCESSIONE DEI TRE RE MAGI AD ARCORE? LA OPERAZIONE DI MARONI
A PARTE UN PROGRAMMA CHE SEMBRA QUELLO DEL 1994, QUALCUNO NON HA ANCORA CAPITO COSA STA DIETRO LA SCELTA DI MARONI DI RINUNCIARE ALLA LOMBARDIA
Roberto Maroni potrebbe non ricandidarsi per un secondo mandato da governatore della Lombardia. È quello che emerge dal vertice del centrodestra convocato da Silvio Berlusconi nella sua villa di Arcore.
Per quanto riguarda la Lombardia, se davvero il presidente Maroni per motivi personali non confermasse la disponibilità alla sua candidatura, verrebbe messo in campo un profilo già comunemente individuato”, si legge nel comunicato diffuso alla fine del summit.
In realtà Maroni ha già deciso da tempo, il nome del sostituto sarebbe quello di Mariastella Gelmini, ben poche possibilità per il leghista di Varese Fontana.
Prendono corpo, dunque, le indiscrezioni circolate negli ultimi giorni su un passo indietro di Maroni, eletto nel 2013 con il 42% dei voti contro l’aspirante governatore del centrosinistra Umberto Ambrosoli.
La nota della coalizione parla di “motivi personali”, ma vale la pena ricordare che il presidente è attualmente tra gli imputati del processo con al centro le presunte pressioni per far ottenere un contratto di lavoro e un viaggio a Tokyo a sue due ex collaboratrici dell’epoca in cui era ministro dell’Interno.
Maroni, in ogni caso, chiarirà la sua posizione domani, 8 gennaio, visto che ha convocato una conferenza stampa a Palazzo Lombardia al termine della riunione della giunta regionale.
Cosa si nasconde dietro l’improvvisa decisione di Maroni, dato per vincente sicuro alle Regionali del 4 marzo?
Problemi processuali a parte, con relativa possibile inibizione in base alla legge Severino, Maroni punta a un incarico governatiuvo.
Ma se il centrodestra non raggiunge il 40% come può fare il ministro?
Vale la pena rischiare e perdere la carica di governatore?
Sì, se hai avuto garanzie che ministro (o premier) lo diventeresti lo stesso.
E qui sta l’abile operazione di Berlusconi che Salvini deve ancora capire.
Poniamo che nessuno raggiunga il 40% e si debba andare a un governo di larghe intese o “del presidente”.
Nessuno avrebbe a che ridire sul ruolo “tecnico” di Maroni, leghista moderato e con esperienza ministeriale, abile tessitore di alleanze trasversali.
Non solo, la mossa metterebbe all’angolo Salvini: nel caso si opponesse, Maroni è pronto a sfilargli una pattuglia di parlamentari a sostegno del neogoverno e a garantire diversi posti di sottogoverno ai leghisti più sensibili alle poltrone.
In un colpo Berlusconi riprenderebbe la Lombardia con la Gelmini e neutralizzerebbe quel Salvini che non ha mai amato, dopo aver recuperato un buon rapporto con la Meloni.
Per il resto il programma ricalca più o meno quello del 1994, quando Salvini e Meloni erano adolescenti ma Berlusconi era già agilissimo nelle promesse da campagna elettorale.
E nella capacità di trovare la quadra con i leghisti delle origini.
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