LA POLTRONA CONTA PIU’ DELLA COERENZA: LEGHISTI COSTRETTI AL SI’ A VON DER LEYEN
NONOSTANTE LA CANDIDATA ABBIA SEPPELLITO TUTTE LE TESI SOVRANISTE, LA LEGA SARA’ L’UNICO PARTITO DEL GRUPPO A DIRE SI’ PERCHE’ NON VUOLE PERDERE LA POLTRONA DA COMMISSARIO
“Se von der Leyen ci dà le garanzie sul programma e sul commissario italiano, possiamo anche votarla. Decideremo all’ultimo”. Sono le 15, Marco Zanni sta per entrare alla riunione con i rappresentanti delle altre delegazioni sovraniste del gruppo ‘Identità e democrazia’, tutte schierate sul no a Ursula von der Leyen nel voto in aula oggi a Strasburgo. Tutte, tranne quella leghista.
Zanni è il capogruppo di ‘Id’, ma ciò non toglie che come leghista potrebbe scegliere un’altra strada: votare sì. “Non c’è problema se ci differenziamo nel gruppo”, ci dice. Perchè nonostante i leghisti non siano proprio contenti del discorso della presidente designata in aula (“troppo di sinistra”, dice Zanni), ancora non hanno chiuso la pratica. Potrebbero infatti votare a favore per assicurarsi di giocare la partita del commissario che spetterà all’Italia.
Votare no oggi, significherebbe bocciare il presidente al quale poi la Lega chiederebbe di accettare Giancarlo Giorgetti in squadra. Assurdo.
E allora, malgrado questo voglia dire spaccare il gruppo dei sovranisti al primissimo test d’aula, Matteo Salvini non getta la spugna. Per il vicepremier è troppo importante avere un Commissario a Bruxelles: per incidere nella politica europea o almeno provarci. Votare no significa mettersi fuori, alla stregua degli altri sovranisti, pur compagni dello stesso gruppo ma all’opposizione nel loro paese d’origine.
Insomma Marine Le Pen, i tedeschi di Afd non hanno il problema di piazzare il commissario a Palazzo Berlaymont. Salvini questa esigenza ce l’ha. E infatti si predispone come altri sovranisti di governo, che stanno in gruppi europei diversi da quello della Lega: l’alleato e premier ungherese Viktor Orban (nel Ppe) che ha dato indicazione ai suoi di votare sì, il nazionalista polacco Jaroslaw Kascynzki (gruppo Ecr) che pure starebbe valutando il sì, ancora incerto però.
Tutti i sovranisti di governo hanno il ‘problema’ di trattare con von der Leyen sul commissario. Solo che per Salvini questo ha un costo. Il discorso che von der Leyen ha fatto in aula è spostato sulle rivendicazioni socialiste e liberali, non lascia margini ai sovranisti.
Lei ha scelto la maggioranza europeista, dopo giorni di trattative a tutto campo. Eppure i leghisti sono quasi ‘costretti’ a dire sì.
Nel pomeriggio le aperture sono ancora confermate. Ma questa storia sta diventando un tormento. Dovrebbe concludersi con una decisione solo poco prima del voto che inizia alle 18. Zanni continua a ipotizzare anche i portafogli che potrebbero andare a Giorgetti come commissario europeo: “Concorrenza oppure commercio o industria”. Fino al voto, attendono risposte, rassicurazioni
Eppure, tra le altre cose, von der Leyen ha detto che “bisogna salvare le persone in mare”, che “bisogna aprire i corridoi umanitari…”.
E al tedesco Jorge Meuthen dell’Afd, intervenuto in aula ad annunciare il voto contrario dei sovranisti, la presidente ha risposto: “Sono sollevata che non avrò il suo sostegno, per me è veramente un premio per tutto quello che ho fatto”.
Ma dalla Lega non danno per bruciati tutti i ponti. Hanno scelto tatticamente di far parlare Meuthen in aula nel giro dei capigruppo e non Zanni proprio per lasciarsi libertà di manovra.
Certo, ora che gran parte dei socialisti ha trovato nel discorso di von der Leyen le parole d’ordine per dire sì, i 28 voti della Lega non dovrebbero essere determinanti per la maggioranza.
“Von der Leyen ha detto no alla politica dei due forni tra europeisti e sovranisti — è convinto il capo delegazione del Pd Roberto Gualtieri, annunciando il sì convinto dei Dem — E poi ha persino parlato di corridoi umanitari, cosa che non c’era nella lettera che ha inviato al gruppo: gliel’abbiamo chiesto noi, abbiamo trattato come socialisti e abbiamo ottenuto delle risposte”.
Certo, la Spd conferma il no e anche i socialisti belgi e greci. Ma si sono convertiti al sì i laburisti e gli olandesi. Ormai von der Leyen veleggia sui 400 voti abbondanti, che comprendono tutto il Ppe, i liberali, i 14 del M5s. La capodelegazione pentastellata Tiziana Beghin annuncia il sì in aula: “Signora von der Leyen, dopo il nostro incontro, lei ha fatto suoi i punti principali del nostro programma”. Da Roma il premier Giuseppe Conte fa sapere di aver “apprezzato il discorso di von der Leyen”.
Manca il timbro ufficiale di Salvini, che ancora non ha ingranato una retromarcia che potrebbe costargli tanto, forse più di un voto a favore: d’un colpo rischierebbe di condannarsi alla marginalità in Europa e magari anche in Italia, visto che la partita sul Commissario serve più a Roma che a Bruxelles, naturalmente.
(da “Huffingtonpost”)
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