LA PRESA PER I FONDELLI DELLA SOSPENSIONE DEI DEPUTATI LEGHISTI CON IL BONUS. E SALVINI ANNULLA PONTIDA NEL TIMORE DI ESSERE CONTESTATO
“LA SOSPENSIONE? NEMMENO ESISTE. SALVINI HA SOLO DATO UN BUFFETTO AI DEPUTATI CHE CONTINUERANNO A STARE NELLA LEGA COME PRIMA”: IN VENETO I LEGHISTI CONTRO SALVINI
Casualmente ieri le pagine facebook della Lega e di Matteo Salvini erano in tutt’altre faccende affaccendate mentre il Carroccio annunciava la “sospensione” di Elena Murelli e Andrea Dara, i due deputati che hanno preso il bonus 600 euro partite IVA.
Per tutta la sera — l’annuncio è arrivato alle 19,30 del 13 agosto, giusto in tempo per la grigliata — le due pagine si sono concentrate sui crimini degli immigrati (di colore), come è loro abitudine quando il gioco si fa duro.
Il Corriere della Sera intanto fa sapere che sulla questione in Veneto si mastica amaro: «I deputati se la sono cavata con un buffetto. La sospensione, cosa è? Nemmeno esiste… Ai consiglieri regionali, invece, è stata stroncata la carriera politica». Già , perchè i due non saranno costretti a dimettersi, come aveva annunciato Salvini prima che i nomi dei due leghisti iniziassero a circolare, nè verranno espulsi dal partito. Da sospesi manterranno il proprio scranno alla Camera, e anche la tessera della Lega Salvini Premier.
Il Fatto Quotidiano riporta le spiegazioni di uno dei due, Andrea Dara:
Secondo quanto riportato da La Voce di Mantova, il deputato è “socio di minoranza di un’azienda che ha effettivamente percepito i 600 euro, ma questi non risultano mai essere transitati per il proprio conto corrente, bensì in quelli della ditta che aveva titolo per chiederli, essendo rimasta chiusa nei giorni del lockdown”.
Una versione contraddetta dalle visure camerali, oltre che dal buonsenso tanto caro a Salvini.
La Manifattura Mara Snc, azienda mantovana che produce calze e collant per conto terzi da quasi trent’anni, è infatti controllata al 60% proprio dal parlamentare della Lega, che è anche il legale rappresentante dell’impresa. Non dunque un socio di minoranza, ma l’azionista principale.
Sostiene Dara che “su proposta dello studio fiscale, avallata dalla mia socia, viene richiesto, come previsto dalla legge art. 28 DL 18/2020, il bonus Partite Iva, attraverso i pin nominali dei soci”. I 600 euro in questione sono riservati a persone titolari di partita Iva, non alle società private: normale quindi che i soldi siano stati accreditati sul conto personale di Dara.
Il quale, contraddicendosi nello spazio di poche righe, lo ammette poco dopo con la seguente giustificazione: “I bonus sono stati girati, insieme ad altre somme, alla società per coprire emergenze nei pagamenti di dipendenti e fornitori, in assenza di pagamenti dei nostri clienti e ritardi nell ‘erogazione della CIG”. Colpa dell’Inps, insomma.
Perchè per sopperire ai ritardi nel pagamento della cassa integrazione (l’azienda conta sei addetti in totale, di cui quattro dipendenti e due autonomi) il deputato è stato costretto a usare il suo bonus per anticipare loro parte dell’assegno pubblico. Evidentemente non gli bastavano i 13.971 euro di stipendio mensile lordo che incassa ininterrottamente da marzo 2018.
Carmelo Lopapa intanto fa sapere che il segretario, che oggi parlerà da Forte dei Marmi nel bel mezzo della vacanza in Toscana, è provato dalla vicenda. Ne teme le ricadute elettorali, da qui la sospensione e la non candidatura di tutti i coinvolti a qualsiasi livello.
Ma avrebbe meditato anche un cambio di strategia elettorale: meno personalizzazione della campagna, anche per evitare l’effetto Sardine in Emilia Romagna a gennaio. Più spazio ai candidati Zaia in Veneto e Ceccardi in Toscana. Nessuna evocazione della caduta del governo Conte post regionali. E niente comizio di massa sul pratone di Pontida, quest’anno. Ufficialmente per emergenza Covid. Ad ogni buon conto, non tira aria.
(da “NextQuotidiano”)
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