LA STRATEGIA DEL M5S: ORA CHE IL GRUPPO E’ UNITO SUL NO TAV PARLAMENTARIZZARE LA CRISI
“LUNEDI’ PARTONO I BANDI? MARTEDI’ PRESENTIAMO UNA RISOLUZIONE IN PARLAMENTO PER DIRE NO ALLA TAV”… BUFFAGNI: “LA CRISI E’ GIA’ APERTA”… SALVINI MINIMIZZA PERCHE’ HA PAURA DI FINIRE IN GALERA: IL 20 SI VOTA SULL’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE
“Se Salvini decide davvero di rifiutare il dialogo, lunedì partono i bandi, e il giorno dopo presentiamo noi una risoluzione in Parlamento per dire no al Tav”. È su questa linea che la war room di Luigi Di Maio riunita a Palazzo Chigi si alza e si dirige verso la sala stampa di Palazzo Chigi.
Il capo politico del Movimento 5 stelle si presenta con gli occhi scavati da poche ore di sonno, evidentemente spiazzato dalla mossa del collega vicepremier, che ha fatto le valige ed è tornato a Milano salutando tutti e dando appuntamento a lunedì.
È in quel preciso momento della mattinata che cala il buio in casa 5 stelle, con il leader e gli sherpa pronti a una tre giorni di girandole di incontri in vista della pubblicazione delle manifestazioni di interesse che avverrà il primo giorno della prossima settimana, e costretti a rivedere improvvisamente la strategia.
Perchè fonti 5 stelle e di Palazzo Chigi fin dal mattino accreditavano un vertice serale, salvo poi cambiare improvvisamente versione dopo la porta sbattuta in faccia dal segretario della Lega.
“La crisi è a un passo”, ammette candidamente uno dei più stretti collaboratori del leader pentastellato. “La crisi è già aperta”, lo sorpassa a destra Stefano Buffagni.
I toni si fanno sempre più forti fino a quando interviene Salvini con una nota: “Nessuna crisi di governo, nessuna nostalgia del passato. Con il buonsenso si risolve tutto”.
E a stretto giro ecco Di Maio: “Io voglio che si rispetti il contratto e non si faccia cadere il governo, questo è buonsenso”.
La reazione di Di Maio, per indole e per difficoltà , non è violenta. Risponde alle domande dei giornalisti battendo sul tasto del rispetto del contratto, della lealtà , dell’attesa di un weekend di lavoro.
È iniziato il gioco del cerino. I 5 stelle sono all’angolo, e l’exit strategy è tra le più complicate. Ma non hanno alcuna intenzione di forzare la mano.
Un Consiglio dei ministri potrebbe deliberare il blocco dei bandi. I pentastellati avrebbero la maggioranza, il governo esploderebbe per un atto unilaterale.
Così la strategia è diversa: se il pressing su Salvini (che non è nuovo alla tattica dell’eclissamento meneghino quando la tensione si alza) fosse infruttuoso i bandi partissero pure. “Noi però il giorno dopo portiamo in Parlamento un voto sul Tav. E se Salvini lo vota insieme a Berlusconi e Zingaretti sarà lui ad assumersi l’onere della crisi”.
Il momento è delicatissimo, la posizione tra le più complicate.
Beppe Grillo e Alessandro Di Battista (il quale se lo scenario rimanesse questo starebbe valutando in silenzio una candidatura europea) hanno fatto arrivare i propri messaggi di approvazione della linea del leader.
E un intervento, più di tutti, ha colpito il vicepremier nell’assemblea fiume dei parlamentari tenutasi giovedì sera.
Quello di Alberto Airola, dna no-Tav per eccellenza, che ha minacciato di andarsene in caso di sì all’opera, che ha ingoiato a forza il rospo della Diciotti. “Lo sapete che io sono una testa dura su questo — il senso del discorso di Airola — ma sono orgoglioso di come il Movimento sta affrontando questa situazione”.
Luigi Gallo, uomo vicino a Roberto Fico, in piena notte tuonava: “Se qualcuno si è detto stanco di questo modo di procedere con la Lega? Ma tutti!”.
E su un possibile congelamento dei tempi ha sfornato quasi un aforisma: “Ogni passo in più che si fa in avanti costa un po’ più di fatica tornare indietro”.
“Noi lo sappiamo perfettamente che i bandi si potrebbero sospendere — spiega un colonnello del capo — ma ormai ci siamo spinti troppo in là . Qualsiasi cedimento sul punto farebbe esplodere gli uomini di Roberto”. E proprio su questo Di Maio ha lanciato un messaggio in bottiglia: “La sospensione? In gioco ci sono i soldi degli italiani, voglio garanzie che si faccia sul serio”
Il vicepremier ha condiviso una serie di ragionamenti con i suoi, e anche a una cena tenutasi nella notte di giovedì.
Presenti Alfonso Bonafede, Stefano Patuanelli, Francesco D’Uva e Sergio Battelli, luogotenente con delega all’Europa. Rompere adesso sarebbe complicatissimo. Si andrebbe incontro a un ridimensionamento sicuro dei voti, e alla necessità di un’ulteriore svolta a 360° sulla regola dei due mandati (già messa in conto).
Ma sul piatto della bilancia c’è il momento in cui, mai come prima, il corpaccione dei parlamentari 5 stelle si è saldato attorno al capo, e l’argomento della possibile rottura facile volano da campagna elettorale.
“Che succede se la questione si ripresenta, mettiamo, dopo le europee, con Luigi sfibrato dall’aver dato il via libera ai bandi e Salvini che ripropone lo stesso schema. Lì non ne usciremmo veramente”.
Sì, la questione è tutta politica perchè la geometria con cui i 5 stelle stanno costruendo i prossimi giorni prevede al momento che, al netto di colpi di scena, lunedì si avvii il Tav, e che solo dopo i 5 stelle cerchino la certificazione che l’alleato vuole far saltare il banco.
Con il gran treno della Torino-Lione che avrebbe già mosso i propri passi, guardando seraficamente dal finestrino i governi che verranno.
(da “Huffingtonpost“)
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