LA TORTA DEL PNRR FA GOLA
MELONI BLINDA I TECNICI DI DRAGHI, MA LA LEGA METTE UN PIEDE NEI BANDI
La nomina è attesa entro la fine della settimana. Il nuovo capo del Dipe, il Dipartimento di Palazzo Chigi per la programmazione della politica economica, sarà Bernadette Veca, direttore per lo sviluppo del territorio al ministero dei Trasporti.
Profilo ineccepibile, una super tecnica rigorosa, la definisce chi ha lavorato con lei. Prenderà il posto di Marco Leonardi, scelto da Mario Draghi, e fin qui siamo allo spoils system che caratterizza ogni cambio di governo. Se però si considera chi caldeggia il nome di Veca e cosa significa fare il capo del Dipe oggi, allora il quadro cambia radicalmente.
L’indicazione arriva dalla Lega e al Dipartimento spetta l’assistenza tecnica ai ministeri e ai Comuni impegnati a realizzare i progetti in partenariato pubblico-privato. Molti di questi progetti fanno parte del Pnrr. Insomma dal Dipe si guida la filiera di una parte importante dell’attuazione del Piano, strategica non solo per ragioni tecniche, ma anche per motivazioni politiche perché i progetti si fanno sui territori e i territori portano consensi. Sono qui che prenderanno forma i progetti che proprio il Dipartimento, sotto la gestione di Leonardi, ha iniziato a disegnare insieme ai ministeri, come la telemedicina e il Polo strategico nazionale, dove confluiranno i dati e i servizi strategici di tutte le amministrazioni centrali, ma anche di Asl, Regioni e grandi Comuni. Il Dipe è stato anche il promotore della formazione ai responsabili che firmano i progetti, altra questione cruciale per il Pnrr.
Matteo Salvini ha lasciato il compito di scegliere il capo del Dipe al suo fedelissimo Alessandro Morelli, che da sottosegretario ha già una delega pesante in materia di investimenti e infrastrutture.
Morelli conosce bene Veca, perché è stato viceministro ai Trasporti fino a qualche settimana fa e il profilo tecnico della manager è quello più adatto per fugare i dubbi sul significato politico della mossa. Solo che la scelta arriva a una settimana dalla richiesta avanzata dallo stesso Morelli durante la prima cabina di regia sul Pnrr a Palazzo Chigi. A guidare la riunione c’era Giorgia Meloni e il sottosegretario leghista ha chiesto alla premier di mettere mano alla squadra del Pnrr scelta da Draghi.
La proposta è stata respinta anche perché cambiare i posti di comando significherebbe forzare la mano, dato che gli incarichi sono stati conferiti con il sigillo della scadenza al 2026, l’ultimo anno del Pnrr, proprio per garantire continuità alla programmazione e alla vigilanza sulla spesa dei fondi europei.
Ma al di là del cambio delle regole, la premier non vuole smontare la macchina operativa, che deve correre per centrare gli obiettivi che scadono tra un mese e mezzo, ma soprattutto quelli del primo semestre del 2023.
È sulle riforme e gli investimenti da centrare entro giugno che si sono soffermate le preoccupazioni del ministro Raffaele Fitto, che ha la delega per il Pnrr, durante l’incontro di ieri con i sindacati. La trattativa con Bruxelles per le modifiche al Piano verterà anche, se non soprattutto, su questo. Già c’è l’inflazione che rallenta i cantieri, scardinare anche le Unità di missione vorrebbe dire aggravare ulteriormente il quadro, è il ragionamento che si fa a palazzo Chigi.
Per questo non si toccheranno gli incarichi delle tre figure principali, a iniziare da quello di Chiara Goretti, coordinatrice della segreteria tecnica del Pnrr. E al loro posto resteranno anche Carmine di Nuzzo, direttore del Servizio centrale per il Piano al ministero dell’Economia, e Nicola Lupo, che guida l’Unità razionalizzazione e miglioramento della regolazione
(da La Repubblica)
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