LA VICENDA DEI SOLDI RICICLATI PER LA VENDITA DEL MILAN, TRA SMENTITE E CONFERME
“LA STAMPA”: “CESSIONE A PREZZO GONFIATO E FLUSSI FINANZIARI DA HONG KONG”… LA PROCURA SMENTISCE PERO’ DICE “PER ORA”, IL QUOTIDIANO DI TORINO CONFERMA
Cosa ha scritto “La Stampa”
Il sospetto di una vendita gonfiata: una cifra fuori mercato pagata attraverso canali internazionali. È questa l’ipotesi di lavoro da cui sono partite una serie di verifiche per accertare la reale provenienza del denaro con cui la società rossonera, per 31 anni nelle mani di Silvio Berlusconi, è passata nell’aprile scorso per 740 milioni all’imprenditore cinese Yonghong Li. In realtà un modo, secondo le ipotesi investigative, per schermare il rientro in Italia di una sostanziosa cifra.
Dopo mesi di dubbi, inchieste giornalistiche, ombre sulla vendita della squadra milanista, è la procura di Milano a cercare di capire esattamente la regolarità dell’intera operazione. In gran segreto, nei giorni scorsi, i pm hanno avviato un’inchiesta che tra le varie ipotesi comporta anche verifiche sul reato di riciclaggio, certamente un problema per Silvio Berlusconi in questo periodo di campagna elettorale. Il faro acceso dalla procura vede in prima linea il procuratore aggiunto Fabio de Pasquale.
Un iter discusso, come si diceva: un passaggio di consegne del Milan, dopo anni di successi sotto la presidenza berlusconiana, travagliato e infinito. Per sgombrare il campo da equivoci e voci che si rincorrevano, l’estate scorsa era stato l’avvocato storico dell’ex Cavaliere, Niccolò Ghedini, a consegnare in procura i documenti per attestare la regolare provenienza del denaro cinese («lecita provenienza di fondi», l’esatta dizione del documento ufficiale passato al vaglio di esperti di finanza).
§Alla base dell’apertura dell’inchiesta avvenuta poche settimane fa, ci sarebbero nuovi documenti che dimostrerebbero esattamente il contrario.
Da dove sia partita la svolta, al momento non è ancora chiaro. Una traccia, si deduce, che risalirebbe ai reali flussi di denaro partiti da Hong Kong. Di certo, ci sono elementi nuovi che smentirebbero la regolarità di una bella fetta dell’operazione.
Una cifra monstre quella ufficializzata nell’aprile scorso: 740 milioni di euro, pagati in due tranche e con la copertura dei debiti. Monstre perchè fino al passaggio di proprietà , il Milan era reduce da diversi campionati deludenti, campagne acquisti sotto tono rispetto ai suoi standard, continui cambi di allenatori in panchina. Campioni venduti e sostituiti con seconde linee o giovani promesse.
Da anni, l’ex Cavaliere aveva dichiarato pubblicamente di voler abdicare, «a malincuore», lasciare quell’amore che gli aveva regalato molti successi sportivi, in Italia e all’estero. Il primo a farsi sotto era stato lo sconosciuto broker thailandese, Bee Taechaubol. Addirittura 960 i milioni che l’uomo sarebbe stato disposto a versare nelle casse Fininvest.
§Poi, di mese in mese, la trattativa si era misteriosamente arenata dopo due anni di annunci roboanti, presentazioni in alberghi di lusso di Milano. L’advisor che seguiva il broker nella trattativa, la società finanziaria ticinese, Tax &Finance, era finita nel mirino di un’inchiesta milanese per una frode fiscale a molti zeri. Un socio fondatore era finito in carcere con l’accusa di aver creato strutture finanziarie per permettere ai propri clienti di eludere il fisco.
Nelle carte della Finanza, c’era anche il nome di «Mr Bee» per alcune telefonate che parlavano dell’imminente passaggio della maggioranza del Milan.
Bee, dopo un paio di comunicati ufficiali, si era eclissato senza spiegazioni credibili («l’acquisizione si è arenata per le cattive condizioni di salute di Berlusconi», la laconica giustificazione di Bee).
Trascorrono pochi mesi e si materializza l’attuale azionista: Yonghong Li. Presentazione sontuosa, campagna acquisti che i tifosi rossoneri non ricordavano da anni, e tante promesse sui futuri successi calcistici.
Eppure, nel novembre scorso, un’inchiesta del New York Times, faceva a pezzi la nuova proprietà della squadra milanese. Yonghong Li, risultava «sconosciuto sia in Italia che in Cina». Non solo, secondo l’inchiesta finanziaria dell’autorevole quotidiano della Grande Mela, nemmeno le presunte attività estrattive della Guizhou Fuquan Group – società di riferimento del finanziere cinese-, avrebbero avuto questo lustro che veniva invece trionfalmente annunciato. Li «non risulta nemmeno tra gli uomini cinesi più importanti e ricchi», la sospettosa chiosa.
La precisazione della Procura di Milano
«Allo stato non esistono procedimenti penali sulla compravendita dell’ A.C. Milan»: lo ha dichiarato il procuratore capo della Repubblica di Milano, Francesco Greco.
Greco ha spiegato che sulla vendita del Milan, passato nell’aprile 2017 da Silvio Berlusconi all’imprenditore cinese Yonghong Li, «al momento non esiste alcun fascicolo». Nessun fascicolo esplorativo (a modello 45, senza titolo di reato e a carico di ignoti), nè a modello 44 e quindi sempre a carico di ignoti ma con un titolo di reato.
Il procuratore capo di Milano ha affermato che l’avvocato Niccolò Ghedini, legale dell’ex premier, non ha depositato in Procura «per conto di Fininvest» alcuna carta riguardo all’operazione e ha ripetuto di non aver ricevuto alcun dossier da parte dell’Unità Informazione Finanziaria di Banca d’Italia che ha la responsabilità dei controlli.
«In tutta la lunga e complessa trattativa per la vendita del Milan, la Fininvest si è comportata con la massima trasparenza e correttezza – dice Marina Berlusconi -, come conferma la stessa Procura della Repubblica di Milano, avvalendosi della collaborazione di advisor finanziari e legali di livello internazionale».
“La Stampa” conferma
Ma il quotidiano La Stampa, in merito alla vicenda, ribadisce di aver svolto opportuni controlli circa l’esistenza di un’indagine sull’operazione, di cui è venuto a conoscenza da due fonti distinte, e pertanto conferma quanto scritto.
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