L’AZIENDA DI MAIO? E’ DELLA MADRE, CHE PER LEGGE NON POTREBBE RICOPRIRE INCARICHI PRIVATI
IL PADRE NON E’ TITOLARE DI ALCUNA AZIENDA, ECCO I DOCUMENTI UFFICIALI.. LA SOCIETA’ ERA GIA’ INTESTATA A PAOLINA ESPOSITO CHE, IN QUANTO INSEGNANTE E DIPENDENTE PUBBLICO, NON POTEVA RICOPRIRE INCARICHI AZIENDALI
Il padre di Luigi Di Maio avrebbe fatto lavorare in nero degli operai. Non è vero.
A voler essere precisi, è la madre di Di Maio ad averlo fatto.
Il fatto sarebbe ancora più grave perchè la donna, che è preside in una scuola pubblica napoletana e quindi incarna il ruolo di pubblico ufficiale, oltre ad aver violato la legge facendo lavorare in nero delle persone, avrebbe omesso una delle regole fondamentali del dipendente pubblico, cioè l’esclusività .
Perchè, salvo una deroga speciale, «i dipendenti della pubblica amministrazione non possono svolgere alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro», dice l’articolo 58 del Decreto legislativo 29 del 1993.
Ma andiamo con ordine e ricostruiamo la complicata storia della Di Maio Industry. Tutto è partito da un’inchiesta delle Iene, che hanno intervistato un uomo, Salvatore Pizzo, che ha dichiarato di aver lavorato in nero per l’azienda edile del padre del ministro, che si chiama Ardima.
Il padre dell’attuale ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, si chiama Antonio Di Maio, classe 1950, nato e cresciuto a Pomigliano d’Arco, che non possiede alcuna azienda. Proprio così.
Dalla visura camerale effettuata da l’Espresso si scopre che Di Maio padre non ha azioni o quote di società . In passato è stato titolare firmatario della Di Maio Antonio, una ditta individuale di Pomigliano, specializzata nella realizzazione di tetti, che è stata cancellata nel 1995.
Ed è stato, a partire dal 1997, sindaco supplente del Consorzio Regionale di Edilizia Artigiana, che realizzava edifici residenziali, finito in liquidazione.
Inoltre ha un conto in sospeso con Equitalia, a cui dovrebbe versare 176 mila euro.
La titolare dell’attività di famiglia e di alcuni terreni a Pomigliano d’Arco è invece Paolina Esposito.
Ovvero la madre di Luigi Di Maio, che nel 2006 ha fondato l’impresa individuale Ardima Costruzioni diventandone titolare firmatario, tanto che nelle carte camerali viene qualificata come piccola imprenditrice,
Il 30 dicembre 2013 dona la proprietà dell’azienda ai figli Luigi e Rosalba. L’Ardima costruzioni, che ha due soli dipendenti, si occupa della demolizione di edifici e sistemazione del terreno, della posa in opera di coperture e costruzione di tetti, della tinteggiatura, posa in opera di vetri e in generale, di lavori edili di costruzione. Poichè non è una società di capitali, la Ardima non ha l’obbligo di depositare bilanci, quindi non è dato sapere se goda di buona salute o meno.
Parallelamente, la Di Maio family crea a marzo 2012 una seconda società , la Ardima Srl, di proprietà del ministro e della sorella Rosalba in egual misura (50 per cento ciascuno).
L’azienda non solo ha lo stesso nome, ma ha praticamente lo stesso oggetto sociale, cioè si occupa delle stesse attività della Ardima costruzioni intestata a mamma Esposito.
A giugno 2014 la Ardima Srl, quella del vicepremier e della sorella, acquisisce la ditta della madre, che cede un patrimonio di 80.200 euro ai figli, facendo quindi salire il valore complessivo del capitale sociale della nuova Ardima a 100.200 euro.
Inizialmente Rosalba è amministratore delegato della nuova società , ma nel 2017 gli subentra Giuseppe, il fratello minore (classe 1994).
Tuttavia quel ruolo da amministratore unico dell’azienda di famiglia non sembra essere particolarmente remunerativo: lo stesso Luigi Di Maio, nella sezione amministrazione trasparente, dichiara che il fratello Giuseppe Di Maio nel 2017 non ha percepito redditi e aggiunge che «sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero».
Forse il 2017 è stato un anno complesso, visto che ad oggi l’azienda non ha ancora depositato il bilancio 2017.
E negli anni precedenti? Nel 2016 l’azienda ha dichiarato poco più di dieci mila euro di utili, per un giro d’affari di poco superiore ai 200 mila euro.
Tra l’altro, dalla documentazione depositata alla Camera, si scopre che nel 2013 l’allora deputato Di Maio non ha segnalato nell’apposita dichiarazione patrimoniale la sua partecipazione al 50 per cento nella Ardima. Lacuna colmata l’anno successivo.
Ma torniamo alla madre di Di Maio.
Paolina Esposito è un dirigente scolastico, preside dell’Istituto Comprensivo Giovanni Bosco di Volla, provincia di Napoli, e fin dal 1980 professoressa in Istituti scolastici di primo e secondo grado del circondario.
In particolare dal 2001 al 2015 è stata docente di ruolo al Liceo Imbriani di Pomigliano d’Arco e, nello stesso periodo, è stata titolare dell’azienda di famiglia. Eppure la legge italiana non lo permette.
L’articolo 60 del Decreto del Presidente della Repubblica del marzo 1957 e l’articolo 53 del testo unico del pubblico impiego (decreto legislativo 29 del 1993) stabilisce che i dipendenti pubblici non possono svolgere attività imprenditoriale, oppure assumere impieghi presso datori di lavoro privati, assumere cariche in società con scopo di lucro, esercitare attività di carattere commerciale o industriale e svolgere incarichi retribuiti non attribuiti dall’amministrazione di appartenenza.
I dipendenti pubblici possono diventare imprenditori solo a patto di ottenere un’autorizzazione speciale dall’amministrazione di appartenenza.
Ma si tratta di casi rari ed è molto difficile che Paolina Esposito l’abbia ottenuto. Infatti per i lavoratori pubblici a tempo pieno — come lo è Esposito – si presume che questi non abbiano il tempo necessario per svolgere un doppio lavoro senza compromettere l’efficienza dell’impiego pubblico: in questi casi si parla infatti di incompatibilità assoluta.
Riassumiamo: Paolina Esposito, che è un’insegnante, è stata la titolare dell’azienda Ardima nel periodo in cui sarebbe stato denunciato l’abuso di lavoro nero.
Se questo fosse confermato, avrebbe quindi violato le norme di legge in materia fiscale e contributiva, sottraendo imposte e contributi all’Erario, all’Inps e all’Inail a vantaggio del proprio patrimonio che, successivamente, è stato donato ai figli Luigi e Rosalba.
Dunque, Luigi di Maio e sorella sarebbero i veri beneficiari del lavoro sporco fatto dall’ex azienda di mamma che, tecnicamente, non avrebbe potuto ricoprire quell’incarico.
La docente e madre del ministro, infatti, avrebbe violato le norme sulla incompatibilità derivante dal suo ruolo di pubblico dipendente.
(da “L’Espresso”)
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