LE MOSSE DI RENZI PER NON INTESTARSI LA RESPONSABILITA’ DELLO STRAPPO
ORFINI REGGENTE, PRIMARIE A MAGGIO… “MA TANTO HANNO GIA’ DECISO”
“Temo che questa decisione sia stata già abbondantemente presa”, dice Roberto Giachetti parlando delle ipotesi di scissione ventilate dalla minoranza del Pd. Giachetti è sempre bianco-nero.
Ma effettivamente anche l’atteggiamento di Matteo Renzi in questa corsa per il congresso non conosce sfumature di grigio.
Il segretario e i suoi sono convinti che una parte della minoranza uscirà comunque, checchè ne dica Walter Veltroni sul Corriere della Sera.
E’ per questo che all’indomani della direzione Renzi e i suoi, con l’aiuto di Dario Franceschini e gli altri alleati di maggioranza, stanno costruendo una trama che aiuti a dire: ‘Ci abbiamo provato a tenervi dentro, siete voi che avete deciso di rompere’. Il classico gioco del cerino, uno dei più vecchi in politica.
Da qui parte la mini-offerta di qualche settimana in più per celebrare le primarie: il 7 maggio invece che ad aprile.
Comunque prima che inizi la campagna elettorale per le amministrative. E nello stesso ragionamento si inserisce la ‘puntualizzazione’ — perchè più di questo non è – emersa dal vertice di tarda notte ieri al Nazareno.
Presenti Matteo Orfini, Dario Franceschini, Luca Lotti, Maria Elena Boschi.
Renzi è già a casa a Pontassieve. La riunione decide di esaltare un’ovvietà , stando allo statuto del Pd. E cioè che con Renzi dimissionario all’assemblea di domenica il ‘reggente’ del partito per tutto il periodo del congresso fino alle primarie sarà Orfini, in quanto presidente del Pd, la carica più alta che resterebbe in piedi dopo le dimissioni di Renzi.
Dal canto suo, un momento dopo le dimissioni da segretario, Renzi sarà il candidato alla segreteria del Pd. Quasi una questione di lana caprina, se si pensa che alla fine l’attenzione mediatica sarà naturalmente spostata sui candidati al congresso più che su chi regge il Pd.
Piccoli passi, nella speranza che Andrea Orlando scenda in campo perchè questo arginerebbe la scissione, convincerebbe qualcuno o molti a restare. Ma si vedrà .
Il punto per Renzi ora è avere argomenti per dire: ‘Ho provato a fermarvi, avete deciso di rompere comunque, avete deciso voi’.
E non è un caso che riunirà i suoi dal 10 al 12 marzo al Lingotto, il luogo simbolo di un partito nato, come ricorda Veltroni oggi sul Corriere, “da una fusione e non da una scissione”
Insomma il gioco del cerino: è iniziato ieri e durerà fino a quando (massimo dieci giorni) si dovrà comporre la commissione per il congresso, rappresentativa di tutte le anime del Pd.
Naturalmente chi deciderà di lasciare il partito non entrerà in commissione.
“Hanno già deciso”, dice Giachetti esprimendo quello che è un pensiero comune tra i renziani doc. Perchè in fondo l’aspettativa più realistica è di andare a votare con una legge elettorale che ‘omogeneizzi’ il proporzionale che ora regola il Senato.
In quanto in Parlamento la voglia di maggioritario sembra minoritaria.
E il proporzionale è praticamente un invito a nozze per chi vuole creare un piccolo partito. E poi c’è l’incognita Pisapia.
In casa Renzi sono convinti che il ‘Campo progressista’ lanciato dall’ex sindaco di Milano sia il vero incubo dei dalemiani o dei bersaniani che vogliono lasciare il Pd.
In quanto insiste sullo stesso terreno: a sinistra.
“Può servire più Pisapia che le nostre offerte sul congresso come deterrente anti-scissione”, dice una fonte renziana.
Anche perchè è Pisapia l’alleato di sinistra con cui Renzi pensa di poter dialogare in futuro.
(da “Huffingtonpost“)
Leave a Reply