LEGGE ELETTORALE VICINA, SI VOTA A NOVEMBRE?
SI RIAPRONO I GIOCHI PER IL VOTO IN AUTUNNO, VINCOLATO A UNA RAPIDA APPROVAZIONE DELLA RIFORMA ELETTORALE
Stavolta ci siamo davvero. Se tutto andrà per il verso giusto la prossima settimana potrebbe scattare il conto alla rovescia per il voto anticipato a novembre.
Una partita legata a filo doppio con la nuova legge elettorale ed è proprio su questo fronte che arrivano le novità .
Lunedì ci sarà infatti l’ultimo scambio di carte tra gli ambasciatori dei partiti — Lorenzo Cesa, Denis Verdini, Maurizio Migliavacca — poi mercoledì il testo della nuova legge elettorale sarà portato alla commissione affa-ri costituzionali del Senato. E, appunto, da mercoledì 29 agosto partirà il countdown. Perchè «è evidente», come dice una fonte vicina alla trattativa, che «fare adesso la legge elettorale significa per tutti noi una sola cosa: andare a votare».
I tempi saranno brevissimi, del resto, già a luglio Monti e Napolitano avevano ragionato insieme sull’opportunità di una anticipazione (peraltro di soli quattro mesi) delle urne.
Ma la condizione posta dal capo dello Stato era stata, per l’appunto, quella che i partiti arrivassero finalmente a modificare il Porcellum.
Adesso l’intesa è a portata di mano. Una fonte del Pdl la definisce addirittura «praticamente già fatta».
Anche il Pd Luciano Violante ieri ha confessato al sito Sussidiario. net di essere «discretamente ottimista perchè l’intesa su molti punti c’è».
Secondo il responsabile riforme del Pd «la maggior parte dei seggi verrà assegnata ai collegi, il rimanente attraverso i listini».
Sul premio di maggioranza si è arrivati al punto di assegnare il 15% di seggi in più al primo partito. Con gli attuali sondaggi dovrebbe essere proprio il Pd a beneficiarne, diventando il perno su cui si costruirà la futura maggioranza.
Sarà “tutelata” anche la Lega Nord, che sfuggirà alla soglia di sbarramento nazionale del 5% (al Senato sarà più alta) grazie alla previsione di una clausola di privilegio per chi supera un target in almeno tre regioni.
Questa dunque è l’ossatura.
Un impianto proporzionale con alcuni correttivi per limitare il frazionamento e facilitare la nascita del governo.
L’Udc rinuncerebbe alle preferenze e il Pd al premio di coalizione. In cambio Berlusconi s’acconcerebbe a una campagna elettorale in cui tutti i sondaggi lo danno per perdente.
Ma, come dicono i suoi, «oggi possiamo ancora portare a Montecitorio 125-130 deputati, domani chissà ». Pesa anche l’incognita del processo Ruby.
Gli sherpa hanno calcolato i tempi che porteranno all’approvazione “sprint” della legge. Quindici giorni al Senato, poi altre due settimane alla Camera. Quindi, intorno all’11 ottobre, Napolitano potrebbe chiudere la legislatura lasciando spazio a una breve campagna elettorale di quarantacinque giorni (il minimo consentito dalla legge). Gli italiani sarebbero chiamati al voto domenica 25 e lunedì 26 novembre.
E il nuovo presidente del Consiglio sarebbe nominato dall’attuale capo dello Stato, cosa che non avverrebbe se si andasse al 2013.
Questo è l’appunto con le date che sta circolando tra le segreterie di Pdl, Pd e Udc, lo stesso su cui stanno riflettendo Fini e Schifani. Oltre, naturalmente a Monti e Napolitano.
Del resto l’unica possibilità che questo piano vada in porto è che sia concordato in ogni dettaglio da tutti i protagonisti.
L’ipotesi infatti è che si proceda allo scioglimento con una crisi pilotata e dimissioni volontarie di Monti.
Con l’anticipazione della legge di stabilità a settembre.
Se l’intesa sulla legge elettorale è praticamente fatta e i partiti sono d’accordo sul percorso, a fermare il piano inclinato che porta alle elezioni potrebbe tuttavia intervenire un fattore esogeno: il timore dei mercati.
E il giudizio arrivato ieri da Moody’s e Fitch fa temere quello che potrebbe accadere in termini di spread se Monti dovesse uscire di scena.
Come ha detto a Bloomberg tv David Riley di Fitch «la questione chiave che l’Italia sta affrontando in questo momento dal punto di vista degli investitori è il rischio politico: ci sono delle preoccupazioni su chi guiderà l’Italia l’anno prossimo».
Un pressing che fonti del governo italiano respingono con cortese fermezza: «Fa piacere il riconoscimento sull’importanza del governo Monti, ma dire che senza di lui crolla tutto non ci entusiasma perchè dà una sensazione di fragilità del sistema, mentre il premier da mesi a tutti gli interlocutori internazionali ripete che i partiti stanno maturando, come dimostra il fatto che hanno approvato tutte le riforme scritte dall’esecutivo dei tecnici».
Certo, è difficile immaginare che il premier esca di scena. Ma il futuro politico di Monti è parte del gioco che si aprirà tra Bersani e Casini dopo il voto, anche in base ai risultati elettorali. Intanto il presidente del Consiglio conta di utilizzare le prossime settimane per portare a casa il più possibile.
Lo ha annunciato anche a Berlusconi, che gli ha telefonato a Ferragosto per gli auguri e per sollecitargli nuove norme sulle intercettazioni. Ieri a tutti i ministri è stata recapitata una sua lettera che li esorta a presentarsi venerdì alla riunione di governo con «proposte concrete per l’Agenda Crescita».
Così l’ha chiamata, convinto che ancora si possa fare qualcosa prima di lasciare. «E noi – chiosa una fonte del Pdl – glielo lasceremo fare, mica ci metteremo di traverso di fronte a semplificazioni e incentivi alle imprese».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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