L’EGOISMO DEI NOSTRI NONNI CI STA FREGANDO IL FUTURO
IL 75% DEI GIOVANI INGLESI VUOLE RESTARE IN EUROPA
L’egoismo dei pensionati inglesi ci sta fregando il futuro. È questa la tragica realtà del voto inglese.
Per noi under 40 ancora una volta a decidere sono stati gli altri. I nostri padri o peggio ancora i nostri nonni.
Noi che in questo mondo, e soprattutto in questa Europa, dobbiamo vivere ancora per una cinquantina d’anni – stando ai calcoli sull’aspettativa di vita – dobbiamo arrenderci alla visione del domani di una generazione che in media ha una prospettiva di altri 10-15 anni.
E che inevitabilmente ha una scala di bisogni e rivendicazioni completamente diversa: più protezione, più chiusura, meno voglia di mettersi in gioco, meno capacità di integrazione, meno apertura. Insomma, ci è arrivata un’altra batosta.
Una generazione già votata alla vita precaria da oggi in poi rischia di essere anche quella che vivrà l’addio all’Europa.
E il paradosso più inquietante è che in entrambi i casi il conto viene presentato dalla generazione precedente, che invece dall’abbondanza di lavoro e dall’integrazione europea ci ha guadagnato vita natural durante.
Stiamo infatti parlando della schiera dei baby boomers, i figli nati dopo la seconda guerra mondiale, che in questi anni sono andati progressivamente in pensione.
Persone che un lavoro precario non lo hanno quasi mai avuto, che anzi spesso hanno avuto il privilegio di averne uno per tutto l’arco della propria vita senza soluzione di continuità .
Persone che grazie alla costruzione europea hanno potuto godere di un periodo senza precedenti di pace e prosperità economica nel Vecchio Continente.
E ora, ingrati, voltano la faccia dall’altra parte. Dicono: no, grazie, bene così.
Per interessi particolari, mostrando di non saper guardare più in là del proprio naso.
È la solidarietà intergenerazionale – secondo cui i padri si preoccupano per i figli e viceversa – ad essere stata violata.
Questo ovviamente non vuole essere una lettera di giustificazione in nome e per conto della tecnostruttura di Bruxelles.
Le responsabilità della classe dirigente nell’aver fatto svanire il sogno europeo sono sotto gli occhi di tutti.
Il proliferare di regole e vincoli che rendono più difficile invece che semplificare la vita di cittadini e imprese; la burocrazia che prende il posto della visione politica; la rigida e implacabile politica di austerity seguita negli ultimi anni; l’incapacità e l’inumanità nel gestire l’ondata di profughi e migranti; il “pilatismo” dei leader politici, Cameron e tutti gli altri, nell’affidare scelte complesse a un semplice sì o no su una scheda elettorale; gli infiniti vertici notturni da cui raramente esce fuori una scelta chiara e comprensibile ai più. Potrei andare avanti a lungo ma mi fermo
Perchè se questa diagnosi è molto simile – se non uguale – a quella fatta dai movimenti euro-scettici nonchè dai pensionati inglesi, la risposta terapeutica che la generazione under 40 ha chiaramente indicato nelle urne è diametralmente opposta.
La soluzione non è rinchiudersi, tornare nei propri comodi confini nazionali bensì continuare a stare in Europa.
Magari provando a cambiare da dentro tutte le cose che non vanno, che appunto sono tante. Per i giovani inglesi – così come pure quelli italiani, francesi, tedeschi o spagnoli – essere europei è già un modo di essere, una condizione imprescindibile, un dato di fatto.
Chi ha meno di 40 anni ha fatto l’Erasmus, ha amici in tanti paesi europei, ha fatto vacanze in giro per il continente, prende l’aereo senza preoccuparsi di visti e passaporti.
Ragiona già senza confini, fisici e mentali. E molto probabilmente continuerà a farlo, Brexit o
Oggi i pensionati inglesi però hanno avuto la meglio. Motivo per cui già da adesso la mia generazione, i miei fratelli inglesi, dovrebbe iniziare a gettare i semi per cambiare il futuro che ci viene sottratto.
Lavoriamo per un “Brexin”, il più presto possibile.
Riprendiamocelo questo futuro.
(da “Huffingtonpost”)
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