L’INVASIONE DI BERLUSCONI NEI TG, UNA VERGOGNA: 160 MINUTI IN UN MESE
UNA MEDIA MENSILE DA REGIME MILITARE, PER RIBATTERE ALLE ACCUSE DEI PM DI MILANO, SENZA CONTRADDITTORIO TRA COMIZI, MESSAGGI ALLA BIN LADEN E TELEFONATE… PARLA DIECI VOLTE PIU’ DI QUALSIASI ALTRO LEADER POLITICO
È il campione indiscusso della parola. Almeno di quella televisiva. Silvio Berlusconi invade il piccolo schermo, lo intasa di messaggi, telefonate e comizi.
Un dato su tutti: negli ultimi dieci anni il Cavaliere ha parlato direttamente agli italiani per più di una settimana.
Sommando i passaggi televisivi dei sei leader della sinistra che si sono succeduti dal 2001 ad oggi si arriva appena a un terzo della settimana berlusconiana.
E più è in difficoltà , più la sua immagine domina i telegiornali: lo scorso gennaio, ad esempio, la presenza televisiva di Berlusconi è raddoppiata, raggiungendo il tempo record di 160 minuti.
Tutti spesi a ribattere, senza contraddittorio, al Rubygate.
Cavalca il populismo, e gran parte dei tg si accodano: nel nuovo millennio – nonostante gli sconvolgimenti dello scacchiere geopolitico – è stato dimezzato lo spazio per gli esteri a beneficio della cronaca, utile a instillare paure o desideri nell’elettorato.
Unite tra loro da un filo invisibile, nell’ultimo decennio le parole pronunciate da Berlusconi nei telegiornali Rai e Mediaset formano un monologo di 10.260 minuti.
Una settimana abbondante di servizi e interventi (i dati sono stati assemblati da Vidierre, leader europeo nell’analisi e nel monitoraggio sui media).
Quasi il triplo di quanto raccolto complessivamente dai capi del centrosinistra che si sono avvicendati dal 2001 al 2010:
Rutelli, Fassino, Prodi, Veltroni, Franceschini e Bersani, tutti insieme, hanno parlato “solo” per 3.688 minuti.
Due miseri giorni e mezzo.
Berlusconi (che nel 2010 ha stracciato Bersani 1.386 minuti a 460) ha parlato il triplo dei presidenti della Repubblica: Ciampi e Napolitano, insieme, in 10 anni si sono espressi in televisione per 3.414 minuti.
Stracciato dieci a uno Gianfranco Fini: dal 2004 le sue parole sono arrivate alle orecchie degli elettori per 1.530 minuti.
Con un dato medio che la dice lunga: nel 2010 – anno dello strappo con Berlusconi – la sua presenza televisiva è calata.
A rigor di logica, vista la sua centralità per la scena politica, sarebbe dovuta aumentare.
Chi invece riesce a battere se stesso è, manco a dirlo, Silvio Berlusconi. Il gennaio 2011 è stato il mese dei record. In gran difficoltà per lo scandalo minorenni, le accuse di concussione e prostituzione, il premier si è tenuto alla larga da conferenze stampa e domande scomode.
In compenso ha invaso le case degli italiani.
Nel mese del Rubygate tra interventi e videomessaggi il premier ha parlato nei tg per 160 minuti e 12 secondi. Un maratoneta dell’oratoria.
La sua media mensile fino al dicembre 2010 era di 85 minuti. Quasi la metà .
Primo da premier, primo da capo dell’opposizione.
Illuminante il 2006: a Palazzo Chigi Berlusconi si è alternato con Prodi. Il Cavaliere ha “teleparlato” 837 minuti.
Il Professore, che ha guidato il governo per più mesi di Berlusconi, ha raccolto 764 minuti.
Cambia la politica e cambiano i telegiornali.
Nel 2001, ad esempio, gli esteri occupavano il 32% dello spazio del Tg1.
Nel 2010 la quota è scesa al 14%.
Di contro la cronaca è raddoppiata (dal 12 al 25%).
E se la cronaca tocca più da vicino speranze e timori degli spettatori-elettori, ci sono poi i servizi di intrattenimento, quelli di pura distrazione. Risulta allora che nel 2010 i telegiornali Rai e Mediaset hanno dedicato ad arte, musica, storia, letteratura, cinema e tv quasi 15.000 minuti, pari al 10% dello spazio informativo.
Dieci anni fa i servizi “leggeri” beneficiavano di 5.238 minuti.
Con differenze vistose: se il Tg1 preferisce bellezza e fitness, il Tg3 guarda a lavoro e ambiente, mentre Studio aperto ama la cronaca nera e la moda.
C’è poi la “personalizzazione” della politica nel decennio berlusconiano: se a inizio millennio le istituzioni nei tg avevano più spazio rispetto ai partiti, nel 2010 il rapporto si è capovolto.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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