L’IRA DI “TENTENNA” MARONI: “CAMBIAMO UMBERTO O FINIAMO COME IL PRC: NON USCIRO’ DAL PARTITO, SUBITO I CONGRESSI”
“LA NOSTRA GENTE E’ CON ME, ANCHE SE NEL GRUPPO DIRIGENTE HO POCHI ALLEATI”… MARONI CONFIDA NEI CONGRESSI PER RIBALTARE I RAPPORTI DI FORZA INTERNI E CRITICA I FONDI ALL’ESTERO: PECCATO CHE PER ANNI ABBIA FATTO FINTA DI NON VEDERE E DI NON SENTIRE
«A questo punto io rappresento la linea dell`opposizione interna: nel gruppo dirigente ho pochi alleati, ma nella base i rapporti di forza si invertono; ecco perchè occorre al più presto celebrare i congressi».
Invoca il «ricambio», Bobo Maroni, dopo l`ennesima giravolta di Bossi sul caso Cosentino, «una cosa che fa impazzire i nostri militanti».
Lo invoca sfogandosi con i suoi fedelissimi, con una truppa che la sconfitta di ieri non sembra affatto aver schiantato.
«Non è una sconfitta», gli dicono quasi a consolarlo. Ma di consolazioni il Maroni socio fondatore della Lega sembra non avere bisogno.
Perchè il voto di ieri, dopo la drammaticariunione del gruppo parlamentare della Lega, segna uno spartiacque: «Formalizza l`esistenza di una seconda visione dentro la Lega, o c`è una svolta oppure il movimento finirà a causa dei pretoriani che stanno attorno a Bossi».
Insomma, è ora di gettare il cuore oltre l`ostacolo, come dicono i colonnelli maroniani in piena sintonia con i rivoltosi del web che per tutto il giorno incitano l`ex inquilino del Viminaie a prendersi il partito.
«L`unica cosa che escludo è uscire dalla Lega per fare un`altra cosa».
E allora nel mirino non ci sono più solo i «pretoriani» del Cerchio Magico, i vicerè della «Lega di famiglia» che tengono Bossi «rinchiuso nel castello di Gemonio, o di via Bellerio».
Nel mirino, ed è la prima volta, c`è il Capo: «Certo, lui è il segretario, ed questa la ragione per cui i congressi vanno fatti».
Da tempo si è fatto una convinzione, Bobo. E ieri, con i suoi, ha rimesso in fila parole che portano dritte a uno scontro vero, non più mediato da convenienze diplomatiche.
«Bossi ha in mente una successione dinastica, da padre in figlio; ma sa benissimo che ci vuole tempo, e per questo ritarda la convocazione dei congressi, ampiamente scaduti».
È quella la sfida, non ci sono altre strade per riportare il Carroccio nei binari:
«Di là i pretoriani che circondano Bossi, fuori la base, la nostra gente».
Di là il Trota, l`erede designato, di qua il cuore pulsante del movimento, il binomio sindaci sezioni individuato come forza rigeneratrice di una Lega non più succube del signore di Arcore.
C`è chi mette nel conto, anche tra i maroniani, che la reazione i tanti distinguo pronunciati in questi ultimi tempi (dalla caparbia rivendicazione della fine dell`alleanza con il Pdl fino alla battaglia combattuta ieri) adesso possano scatenare la cacciata dei reprobi.
Ma lui, Maroni, fa spallucce, e un po` imita il Fini dell`addio a Berlusconi: «Che fanno, mi cacciano? E solo perchè mi sono schierato per l`arresto di Cosentino?».
Non si può, a meno di non sconfessare «la maggioranza dei nostri militanti».
Semmai la sconfessione riguarda Bossi, che durante la tesissima riunione del gruppo, ieri alla Camera, «ha cambiato idea tre volte».
Prima il no all`arresto, poi la libertà di coscienza, quindi (dopo la rissa sfiorata tra il “garantista” Paolini e i giovane Dozzo) il sì all`arresto però con libertà di coscienza perchè «altrimenti al Nord ci fanno il mazzo».
Errore imperdonabile, per Maroni, ma forse va bene così:
«In questo modo Umberto mi ha dato la possibilità di alzare la bandiera della legalità ; certo, sono stato sconfitto, ma ho tenuto la posizione, e questo agli occhi dei militanti risulta del tutto evidente».
E è pacifico, anche se il Senatùr nega, che «nelle ultime ore qualcosa tra Berlusconi e Bossi c`è stato».
Alla conta, dunque. Non c`è altro da fare, insiste Maroni con un amico: «Senza una svolta finiremo come Rifondazione comunista, un partito di nicchia. Un partito avvizzito. Ma io chiederò i congressi utilizzando la voce della base».
Ma bisogna fare in fretta, e qui l`ex ministro cita Virgilio, fugit irreparabile tempus: «Anche il Pdl sta cercando di creare un nuovo partito del Nord, e spera nella Lega più deteriore, quella della Tanzania», quella dei soldi partito investiti in modo spericolato e per nulla trasparente.
Ci vuole anche compattezza: «Molti dirigenti mi dicono basta, finiamola; poi mi giro e non c`è più nessuno».
Per fortuna c`è la base, su quella si può contare, soprattutto dopo il vulnus di ieri: «Il ceto politico che prende i soldi è quello più soggiogato e timoroso, sanno che con questa legge elettorale se si espongono rischiano di non essere ricandidati».
Dunque, «occorre mettere in moto il cambiamento, o la sconfitta sarà definitiva».
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)
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