L’ITALIA NELLA TRAPPOLA DELL’USURA: IMPIEGATI E PENSIONATI NELLA RETE DEGLI STROZZINI
DENUNCE AUMENTATE DEL 200%, I NUMERI DEL FENOMENO SONO IMPRESSIONANTI
Il ceto medio è sotto usura. Impiegati, liberi professionisti, ma anche pensionati: la crisi morde e a rivolgersi agli strozzini non sono più solo gli imprenditori o i giocatori d’azzardo.
Negli ultimi cinque anni il 52 per cento dei soggetti che si sono rivolti agli ambulatori della Federazione delle associazioni antiracket e antiusura (Fai) dislocati sul territorio nazionale sono persone con un reddito fisso, le famiglie della porta accanto.
Un fenomeno in crescita specie al Nord, terra di conquista delle mafie.
“Quando è arrivata la crisi – spiega il coordinatore della Fai, Luigi Ciatti – il sistema di assistenza non si è fatto trovare pronto. E ancora oggi su 33 associazioni iscritte negli elenchi del ministero dell’Economia e deputate a gestire i fondi di prevenzione, solo sei agiscono dalla Toscana in su”.
I dati più recenti del Viminale, relativi al 2013, sono eloquenti.
In Emilia Romagna i reati di usura sono aumentati del 219 per cento (schizzando dai 21 del 2011 ai 67 nel 2013, con 31 denunce e 43 vittime accertate).
Stesso discorso per la Lombardia, dove imperversa la criminalità organizzata e il numero delle denunce è cresciuto del 54 per cento (da 48 nel 2011 a 74 nel 2013 ).
Allarme rosso anche nel Lazio: lì gli arresti nell’ultimo anno sono incrementati di oltre il 20 per cento rispetto al biennio precedente.
A livello generale, in Italia il fenomeno si è espanso e i reati riscontrati dalle forze dell’ordine sono cresciuti del 30 per cento (da 352 del 2011 ai 450 del 2013).
Numeri che fotografano purtroppo solo la punta dell’iceberg, visto che, come è comprensibile, solo una minoranza tra le vittime trova il coraggio di denunciare i propri carnefici. Inoltre sono sempre di più le donne che rischiano di soffocare nelle spire degli strozzini.
Nel Lazio il numero è addirittura superiore a quello degli uomini: 617 contro 598 nel 2013.
Le cause dell’ingigantirsi del fenomeno sono molteplici.
“La più preoccupante – rileva il presidente della Fai Tano Grasso – è legata all’indebitamento tramite finanziarie. Si rivolgono ai nostri sportelli centinaia di impiegati in giacca e cravatta e con buoni stipendi, costretti a vivere con 200 euro al mese. Il meccanismo è il seguente: molti stipulano due o più contratti di finanziamento per cifre esigue ma con tassi di interesse anche oltre il 10 per cento. Ogni società al momento della firma non controlla se il soggetto abbia già altri finanziamenti in essere, perchè in caso di insolvenza potrà avvalersi sul Tfr”.
Così sono arrivati gli usurai nel pubblico impiego.
“Nell’ultimo anno – chiarisce Grasso – sto seguendo due procedimenti contro altrettanti caposala degli ospedali di Napoli che subodorando il business si sono improvvisati strozzini.
“Prestano” i soldi ai colleghi in difficoltà economica a causa delle finanziarie. Applicano tassi di interesse almeno del 10 per cento mensile, in un anno esigono il doppio del prestito iniziale. In un caso è stato documentato lo scambio di denaro nel reparto di pediatria, vi rende conto?”. Il numero dei sovraindebitati è cresciuto in maniera talmente massiccia da creare un nuovo prototipo di malvivente: l’impiegato-usuraio.
Dal fenomeno non sono immuni neppure le imprese, storicamente i soggetti più esposti. Confcommercio fa sapere che, nel settore, dal 2008 al 2013 l’usura è cresciuta del 30 per cento e le estorsioni del 22 per cento.
L’8 per cento delle imprese è minacciata da gruppi criminali e il 35 per cento di queste ha subito danni alle attività . Mario (il nome è di fantasia) rientra invece in quel 7 per cento di imprenditori che ha subito violenze fisiche oltre a quelle psicologiche.
“Un pomeriggio – racconta l’uomo – un pugile professionista legato al clan dei Casalesi è entrato nella mia videoteca alla borgata Finocchio di Roma (periferia est di Roma) e mi ha pestato a sangue. L’attività andava male, avevo contratto 100mila euro di debiti con le banche. Per rientrare dello scoperto ho chiesto soldi a cinque usurai diversi. Nel 2010 però ho deciso di denunciare tutto alla Guardia di Finanza”.
Dopo mesi di indagini i militari hanno arrestato gli esponenti della ‘ndrangheta calabrese e della camorra che pretendevano dal commerciante 400mila euro di interessi.
Vista la pericolosità dei soggetti Mario è stato il primo usurato romano a dover lasciare la città dopo la denuncia.
“Questa forma di usura è un caso particolare – spiega un investigatore impegnato da anni nella repressione del fenomeno – la fenomenologia più comune è legata allo sconto degli assegni per terze persone. Mi spiego: ho bisogno di liquidità immediata ma ho in mano un assegno post-datato che mi ha dato un’altra persona. Vado dall’usuraio e me lo faccio cambiare, ma se l’assegno continua a non essere esigibile anche dopo la data indicata, allora scattano gli interessi. Nelle fasi iniziali il rapporto tra vittima e carnefice è cordiale, quasi amichevole. Ma se non si riesce a estinguere il debito, allora intervengono terze persone deputate alla riscossione (spesso appartenenti a famiglie criminali come nel caso dei Casamonica, a Roma)”.
Il numero delle denunce è così basso “perchè capita spesso che le vittime siano persone che agiscono in regime di sommerso e questo gli crea delle remore nel rivolgersi a noi. Altre volte capita che i gruppi criminali si impossessino invece delle attività e che il legittimo proprietario rimanga un mero intestatario e nulla più”.
I pochi che hanno la forza di denunciare trovano la strada sbarrata dalle norme bancarie. “È il dramma di chi è segnalato come cattivo pagatore , un fenomeno che negli ultimi cinque anni è cresciuto del 100 per cento – continua Ciatti – È bene che si sappia: gli individui inseriti da tempo nelle black list e che poi si sono rivolti agli usurai, si vedono negata la possibilità di aprire un conto corrente utile per riprendere a lavorare (senza carte nè altre forme di credito) anche se hanno denunciato e fatto arrestare gli strozzini. Ciò complica molto i processi di riabilitazione”.
Un’accusa che il sistema bancario respinge, sottolineando che “si tratta di un tema delicato. Ogni caso va approfondito singolarmente e da ogni punto di vista”.
Intanto l’emergenza continua.
Luca Monaco
(da “La Repubblica”)
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