LO SCIVOLONE RISCHIATO DAL GOVERNO SULL’INNALZAMENTO DEL TETTO AL CONTANTE STRALCIATO DAL QUIRINALE
SIAMO AL TERZO INCIDENTE IN ALTRETTANTE SETTIMANE CHE METTE SOTTO STRESS LE ISTITUZIONI
Nel Decreto Aiuti c’era un errore marchiano. Si stabiliva che il tetto del contante sarebbe salito a 5mila euro dal primo gennaio prossimo, quindi tra un mese e mezzo; in altre parole, il testo del decreto auto-certificava l’assenza del requisito fondamentale che non dovrebbe mai mancare nei provvedimenti urgenti, cioè l’urgenza. Davanti a un tale autogol, il Colle ha fatto riservatamente sapere al governo che qualcosa andava aggiustato.
Cosicché il tetto è stato tolto dal Decreto Aiuti per essere infilato, a quanto pare, nella prossima legge di bilancio. Ai fini pratici non cambierà nulla, in quanto la decorrenza resterà identica; in compenso verrà rispettata la Costituzione, che non è poco.
La vicenda, in sé, non meriterebbe lo scandalo sollevato dalle opposizioni. Negli ultimi decenni più volte il Quirinale è intervenuto per correggere procedimenti mal concepiti e peggio scritti.
In sette casi il Presidente della Repubblica è arrivato a bloccare altrettanti decreti-legge (l’ultimo fu Giorgio Napolitano); ma per rimediare di regola è bastata la «moral suasion» presidenziale e stavolta, a quanto risulta, nemmeno quella è servita perché il governo ha riconosciuto la sgrammaticatura senza fare obiezioni.
Tra l’altro, una volta inserito nella legge di bilancio, il nuovo tetto al contante verrà approvato più in fretta che per decreto. Parlare di stop, di altolà sarebbe dunque eccessivo.
Restiamo ampiamente all’interno di rapporti fondati sulla normale collaborazione istituzionale. Sennonché gaffe dopo gaffe, incidente dopo incidente, questa «normalità rischia di diventare un po’ troppo speciale». Si stanno moltiplicando i casi che obbligano Sergio Mattarella, suo malgrado, a metterci una pezza.
Sul primo decreto del governo, quello che spaziava dai rave-party ai no-vax, il presidente aveva evitato drastiche bocciature che avrebbero irrigidito Giorgia Meloni, leader orgogliosa, appena approdata al governo sull’onda di un’investitura elettorale, insofferente di qualunque tutela dall’alto; salvo segnalare pubblicamente il rischio di un «liberi tutti» nella lotta al Covid: monito cui era seguita una parziale retromarcia governativa.
Quel decreto verrà corretto pure riguardo a profili pericolosi per le libertà individuali e, pure qui, a molti è sembrato di intravedere lo zampino del Quirinale.
Quindi c’è stato il salvataggio sulla Ocean Viking. Di nuovo il Presidente ha dato la mano che poteva per ricucire i rapporti con la Francia, caricandosi la responsabilità di parlare con un offesissimo Emmanuel Macron (salvo venire scompostamente attaccato da destra per avere tolto al governo un po’ di castagne dal fuoco).
Ora siamo al terzo incidente in altrettante settimane che mette sotto stress le istituzioni. Già con i Cinque Stelle Mattarella aveva dimostrato doti di pazienza fuori dal comune; ma se il buon giorno si vede dal mattino, con questi altri il Presidente dovrà superare se stesso.
(da La Stampa)
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