LUCI E OMBRE NEL RITORNO DI FINI A NAPOLI: CONCETTI DI BUON SENSO, QUALCHE LAMPO, TROPPA PRUDENZA, PESSIMA ORGANIZZAZIONE, SCARSO PUBBLICO
L’EX LEADER DI AN IN SURPLACE COME I CICLISTI IN PISTA, MA PER VINCERE OCCORRE RITROVARE LO SCATTO… E PER SCALDARE I MUSCOLI (E I CUORI) OCCORRONO IDEE NUOVE E INTELLIGENZE MODERNE, NON CAPORALI INTERESSATI A PORTARLO IN PROCESSIONE COME UNA RELIQUIA
I peggiori nemici di un uomo politico sono notoriamente gli adulatori, i presunti amici che non osano mai tirarti per la giacchetta prima che tu commetta errori, coloro che si mettono sulla tua scia e pensano di sfruttarla.
Nel ritorno di Fini sulla scena politica con il tour di Liberadestra non sappiamo quanto pesi la sua reale volontà di andare oltre il ruolo di allenatore (personalmente gli consiglieremmo di creare piuttosto una “università delle idee” in cui mettere al servizo di nuove leve la sua esperienza) e quanto invece incida la spinta (più o meno interessata) degli amici che ha intorno.
Il politico di razza è spesso colui che ascolta più volentieri i critici che i portastrascico, perchè è dalla prima categoria che raccoglie spesso le sensazioni giuste e in sintonia con la sua reale base.
Con largo anticipo avevamo scritto che l’organizzazione dell’assemblea di Liberadestra a Napoli era nata male e rischiava di finire peggio, in quanto affidata a personaggi divisivi.
Non siamo più tornati sull’argomento per correttezza, pronti a essere smentiti dai fatti.
Purtroppo così non è stato: la presenza di una sala semivuota mentre Fini tiene il suo discorso (pubblichiamo foto, onde evitare di essere addidati come bugiardi) è il sigillo di una tangibile incapacità organizzativa che non ha saputo veicolare alcun messaggio innovativo.
Non sappiamo se il centinaio di persone presente a Napoli convincerà Fini a soprassedere al tour o a mutare metodi di allenamento.
Personalmente gli consiglieremmo di rinnovare lo staff tecnico che ha intorno: con questo persino Mourinho rischierebbe la sconfitta con la seconda squadra dell’Entella.
Ma, al di là di queste doverose note, nel discorso di Fini a Napoli sono emerse considerazioni di buon senso, qualche lampo e anche qualche luogo comune.
Secondo Fini e’ fondamentale, prima di prendere qualsiasi decisione, ”partire sempre dall’eventuale condivisione dei programmi. E’ illusorio – ha aggiunto – pensare di ridare al popolo di centrodestra una prospettiva partendo dalla coda. Se non si identifica un minimo comune denominatore – ha proseguito – la gente non ci crede più alle alleanze contro, ma servono alleanze per qualcosa”.
Secondo l’ex presidente di Alleanza nazionale ”serve una destra in sintonia con i tempi in cui viviamo e che non commetta gli errori che stanno commettendo quelle forze che in modo diretto e indiretto si collegano all’idea di destra”.
Fini ha evidenziato che Renzi ”ricorda, in certi momenti, Berlusconi. Entrambi fanno ricadere la responsabilita’ delle cose non fatte sugli altri, facendo sempre rimbalzare la palla in tribuna”.
“Il problema del centrodestra si chiama Forza Italia”, dice Fini: “In quel partito il condottiere ha perso la strada e alterna continuamente le posizioni. E l’amarezza maggiore per me si chiama Fratelli d’Italia: ovvero i presunti eredi di An, diventata pallida fotocopia della Lega”.
L’ex presidente della Camera nel futuro vorrebbe “continuare ad andare in giro per l’Italia a riflettere sulla politica”, poi aggiunge che “gli spazi vuoti vanno riempiti. E’ evidente che in questo momento c’e’ una destra piatta che ripropone solo vecchie parole d’ordine”.
Sulla possibilità di creare un partito, Fini intende rimanere in surplace: «L’Italia non ha bisogno di un’ennesima sigla. Questo non vuol dire che Libera Destra non faccia politica. Il compito della politica è indicare una prospettiva. È la sostanza di quello che intendiamo fare nei prossimi mesi».
L’associazione che ha fondato intende «individuare le energie che bisogna mettere in campo». E individuarle «partendo dal basso». Occorre il «censimento delle esperienze e delle intelligenze».
Ma forse non è così che riuscirà a visionare molti talenti, è il caso che qualcuno glielo faccia presente.
Arriviamo ad alcuni punti deboli del suo discorso.
Fini dice che «non possiamo urlare, come se fossimo stati sempre all’opposizione». Bisogna ricordare che «abbiamo governato». Questo significa che una «destra con cultura di governo deve saper fornire controproposte».
Concordiamo con le controproposte, ma il limite del ragionamento di Fini sta nel fatto che se vuole realmente costruire una nuova squadra non può penalizzarla con il richiamo ad un “abbiamo governato”: sia perchè avrà governato lui, ma molti altri no, sia perchè non è detto che chi “ha governato” lo abbia fatto bene e l’opinione pubblica ne abbia un buon ricordo.
O si azzera il passato o si corre il rischio della Meloni che non riesce a far dimenticare il suo ruolo trascorso con responsabilità di governo.
Sarebbe auspicabile piuttosto che Fini dicesse anche chiaramente che per aspirare a “governare un domani” occorre anche “saper fare opposizione oggi”, cosa che molti hanno ormai dimenticato tra i maggiorenti, ma che invece è argomento sentito dalla base di centrodestra.
Magari creando una rete mediatica che veicoli sia critiche mirate che proposte concrete e facilmente recepibili, unita ad una presenza sul territorio e “sulla strada” ormai dimenticata.
Un po’ di fantasia e creatività sopperisce spesso anche alla mancanza di mezzi, ma occorre saper usare anche la scimitarra, non solo i metodi consigliati dal galateo.
E’ necessario più coraggio e scelte di campo, non bastano analisi letterarie.
Fini, a proposito degli 80 euro di Renzi, ha detto che “9 miliardi di costo di tale operazione potrebbero essere meglio utilizzati per la riduzione delle tasse sulla casa, per il quoziente familiare e per l’Irap».
Sembra che il tempo si sia fermato, sempre le stesse cose del Pdl: perchè non dire che era meglio se le avesse destinate a costruire 100.000 case popolari o ad aumentare le pensioni minime di 480 euro o a creare occupazione per i giovani, vincolando gli aiuti alle aziende a nuove assunzioni?
Perchè non destinarli ai due milioni di famiglie che vivono sotto la soglia di povertà ?
Un ultimo appunto su un tema dove Fini forse non è informato e finisce per appiattirsi sulle posizioni di Alfano, Brunetta e Meloni.
“Occorre denunciare il Trattato di Dublino III» – dice Fini- quello che prevede di mantenere il migrante sul territorio del Paese in cui egli approda. Troppo comodo per Paesi come la Danimarca o l’Olanda. I rifugiati li dobbiamo invece dividere nell’ambito dell’Unione europea».
I rifugiati in Italia alla fine del 2012 erano 64.779, questa cifra colloca l’Italia al 6° posto tra i Paesi europei, dopo Germania (589.737), Francia (217.865), Regno Unito (149.765), Svezia (92.872), e Olanda (74.598).
A questi vanno aggiunti quelli arrivati nel 2013: la Svezia ha accordato protezione politica a 26.400 persone, il maggior numero in Ue.
Seguono Germania (26.100), Francia (16.200), Italia (14.500) e Regno unito (13.400).
E’ evidente che richiedere una “rimodulazione” dei rifugiati sarebbe autolesionistico in quanto dovremmo prendercene in carico altri, più che essere noi a trasferirne all’estero.
Non sarebbe più intelligente e civile accogliere queste poche migliaia di esseri umani che fuggono da genocidi (considerando che poi molti vanno in altri Paesi dove hanno parenti e amici) senza fare tanto gli isterici?
Un po’ di coraggio per vincere una partita ci vuole, anche quello di virare dal vecchio modulo montiano e centrista che ha generato più autogol che bel gioco.
Non è attaccando sempre dalla fascia destra che si creano automaticamenti spazi, ma non rinunciando a occupare tutto il campo.
E’ così che nascono gli assist e si scoprono i goleador.
E’ (quasi) tutto: dallo stadio San Paolo a voi la linea.
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