LUSI: NELL’APPUNTO DI RUTELLI ANCHE I 100.000 EURO A RENZI
I TRE PUNTI DEL MEMORANDUM DI LUSI E LA REPLICA DI RUTELLI
È diviso in tre punti il memorandum di Francesco Rutelli a Luigi Lusi.
Si tratta di un foglio scritto a mano che dà disposizioni sull’organizzazione del partito, ma anche sulla destinazione di alcuni fondi.
In ballo ci sono 600 mila euro, oltre ad alcuni rimborsi relativi al Parlamento europeo. Ed è su questo che adesso si concentra l’attenzione dei magistrati.
Perchè l’indagine deve accertare se oltre al tesoriere – accusato di aver sottratto dalle casse della Margherita oltre 25 milioni di euro utilizzati per acquistare immobili e in parte trasferiti all’estero – altri possano aver destinato a fini personali il denaro proveniente dai rimborsi elettorali.
Dunque, si effettueranno riscontri sull’appunto, ma dovranno essere esaminate anche le mail che i due si sono scambiati nello stesso anno e che riguardano proprio la gestione finanziaria del partito.
Un settore del quale Rutelli aveva finora detto di non essersi mai occupato «perchè lo abbiamo delegato completamente al tesoriere, però abbiamo sbagliato visto che ci siamo fidati di un ladro».
Quel «ladro» che adesso ha evidentemente deciso di vendicarsi per la scelta dei suoi ex colleghi di partito di concedere il via libera all’arresto disposto dal giudice Simonetta D’Alessandro e ha consegnato la corrispondenza tra sè e il leader accusandolo in sostanza di essere al corrente di come venivano impiegati i finanziamenti.
«Parla dei 600 e soldi Pde»
Sarà la Guardia di Finanza a svolgere le verifiche sui nuovi documenti.
Il memorandum è composto da un’unica pagina e non è datato, è stato Lusi a dire che risale a novembre 2009.
Scrive Rutelli: «Luigi, 1) la vicenda dei tre – Sensi, Podda, Cucinotta – va risolta entro Natale 2) ho incontrato Tommaso, tutto a posto 3) Parla con Improta su punto 1, sulla vicenda dei 600 e sui soldi del Pde (la formazione europea di cui Lusi amministrava le finanze, ndr ) che sono stati gestiti frettolosamente e male per paura».
È Lusi – sollecitato nel corso dell’interrogatorio dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal sostituto Stefano Pesci – a fornire la sua spiegazione su quell’appunto.
Sensi – dichiara il tesoriere – è il portavoce di Rutelli, le altre sono dipendenti della Margherita e il problema da risolvere riguardava i loro contratti lavorativi. Tommaso è un politico abruzzese che doveva passare all’Api», il partito fondato da Rutelli nell’ottobre 2009.
Poi entra nei dettagli del terzo punto, quello che appare rilevante per l’inchiesta. «Guido Improta è l’organizzatore dell’Api», spiega riferendosi al sottosegretario ai Trasporti del governo guidato da Mario Monti.
E aggiunge: «I 600 mila euro cui si fa riferimento equivalgono al 40 per cento di un milione e mezzo di euro che dovevo gestire e che sono esattamente la parte destinata ai rutelliani sulla base di quel patto di spartizione concordato con Rutelli ed Enzo Bianco di cui ero garante. Di quei soldi 100 mila andarono a Matteo Renzi, 200 mila alla fondazione Centocittà e il resto, 300 mila euro, al Cfs, Centro per un futuro sostenibile, la fondazione di Rutelli».
Tutti i bonifici frazionati
È su questo che dovranno essere effettuati accertamenti per stabilire se sia stata davvero questa la destinazione dei fondi e come siano stati poi utilizzati i soldi.
La ricostruzione della movimentazione bancaria è stata da tempo affidata agli analisti delle Fiamme Gialle e a due consulenti di Bankitalia e adesso si chiederà proprio a loro una relazione specifica.
Da parte sua Lusi sostiene che tutti i bonifici sono stati frazionati ed effettuati «avendo cura di non superare la soglia dei 50 mila euro, oltre la quale sarebbe scattata la segnalazione di operazione sospetta».
Soltanto quando saranno terminati i nuovi controlli si deciderà se convocare nuovamente Rutelli e gli altri leader del partito.
La linea stabilita dall’accusa prevede di cercare eventuali riscontri a tutto quello che viene sostenuto grazie alla presentazione di nuovi documenti, mentre non si dà molto credito a quelle dichiarazioni fatte dal tesoriere senza però supportarle con pezze di appoggio.
Per esempio la tesi secondo la quale l’appartamento al centro di Roma e le ville in campagna sarebbero state acquistate come investimento per la corrente rutelliana. «Quegli immobili – ribadiscono in procura – sono la prova delle ruberie compiute dal tesoriere».
«Sono falsità mostruose»
Subito dopo l’interrogatorio di sabato scorso tutti i politici chiamati in causa – lo stesso Rutelli, Bianco e Renzi – avevano accusato Lusi di mentire. Ieri il livello dello scontro si è alzato con l’annuncio del leader dell’Api di una denuncia per calunnia che sarà presentata questa mattina.
«Si tratta di falsità mostruose e grossolane», afferma Rutelli e il suo avvocato Titta Madia afferma: «Eventuali mail e appunti non possono che riguardare l’ordinaria attività politica e la normale dialettica sull’uso delle risorse del partito».
Fiorenza Sarzanini
(da “Il Corriere della Sera“)
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