MARONI FA FUORI COTA E CALDEROLI, L’ESPERTO IN RECUPERO CREDITI DELLA AVON POTREBBE CAMBIARE ANCHE IL SIMBOLO
GRAZIATO UMBERTO, MARONI ORA VUOLE RIDIMENSIONARE I COLONNELLI… OLTRE A TOSI, FA PASSI AVANTI SALVINI
La voce di imminenti avvisi di garanzia girava da circa una settimana: anche per questo Roberto Maroni, venerdì scorso, aveva voluto incontrare Umberto Bossi per decidere insieme il futuro della Lega anticipando eventuali imbarazzi giudiziari.
Alla fine dell’incontro i protagonisti non avevano voluto rilasciare dichiarazioni, così da annunciare le novità davanti a tutti i colonnelli lunedì.
Il succo del «patto» è noto: il Senatur ha firmato un documento in cui dà il via libera alla candidatura di Maroni a segretario federale, e addirittura ne auspica la vittoria al congresso che si terrà tra poco più di un mese.
Ieri mattina, quando su Facebook chiedeva un Carroccio senza «faccendieri nè ladri», Bobo non immaginava che nel giro di poche ore arrivassero avvisi di garanzia per il Senatur e i figli Renzo e Riccardo, accusati di truffa ai danni dello Stato per la faccenda dei rimborsi elettorali. A questo punto Maroni sembra non avere davvero più rivali, ma il partito resta lacerato.
L’ex ministro ha confessato ai fedelissimi che diventare segretario federale in questo momento sarà un impegno più gravoso di quello che gli era stato affidato al Viminale.
Per questo, Bobo intende dettare alcune condizioni.
Primo: nel giro di tre anni abbandonerà il comando del movimento.
Secondo: vuole scegliersi uno staff di fedelissimi, e tra questi il nome caldo è quello di Matteo Salvini.
Per Bobo vale il motto “dimmi con chi vai e ti dierò chi sei”, insomma…
L’europarlamentare è in ballottaggio con Giacomo Stucchi per guidare la Lega Lombarda, ma potrebbe cedere alle lusinghe di Bobo diventando il suo braccio destro e occuparsi così del coordinamento delle segreterie.
L’incarico è attualmente in mano a Roberto Calderoli, che per il futuro rischia di dedicarsi alle faccende organizzative.
Nella cosiddetta Lega 2.0 voluta da Maroni, Giancarlo Giorgetti potrebbe guidare la segreteria politica, l’organismo che dovrà sintetizzare le proposte dei vari dipartimenti (dall’economia alla sicurezza) per delineare le ricette lumbard.
Oltre a Salvini, Maroni sceglierà almeno altre due persone: non necessariamente un piemotese e un veneto, perchè le «nazioni» saranno equamente rappresentate in consiglio federale.
Di più: certamente non affiancheranno Bobo i governatori Luca Zaia e Roberto Cota.
Il primo intende dedicarsi al Veneto, il secondo è anche leader della Lega piemontese.
E il Senatur? Sarà presidente fondatore con la facoltà di dire l’ultima parola sulle eventuali espulsioni dei militanti da più di vent’anni.
Un modo per tutelare il clan di Gemonio da eventuali purghe, che l’ex ministro dell’Interno giura comunque di non voler fare.
Formalmente, il vecchio capo può blindare gente come la moglie Manuela Marrone, l’ex capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni e Giuseppe Leoni.
Però la pistola di Umberto rischia di rivelarsi scarica: per ridimensionare qualche colonnello senza proporne l’allontanamento, è sufficiente il niet della sezione al rinnovo della militanza, così da degradarlo a semplice sostenitore senza facoltà di voto attivo e passivo.
Da escludere, al momento, una robusta iniezione di veneti in posizioni apicali, anche perchè hanno già il tesoriere Stefano Stefani e i capigruppo di Camera e Senato Gianpaolo Dozzo e Federico Bricolo.
Il puzzle della Lega 2.0 si sta delineando in queste ore (non va dimenticato che il maroniano Flavio Tosi è in pole per vincere l’imminente congresso veneto), e proprio in questa fase Renzo Bossi è in vacanza in Marocco con l’ex assessore lombardo Monica Rizzi e il compagno di lei, Alessandro Uggeri.
Per il Trota non è proprio periodo: sul suo aereo, per puro caso, c’era il giornalista de Linkiesta Alessadro Da Rold che rischia di marcarlo stretto pure in ferie.
E ieri è arrivato l’avviso di garanzia.
In via Bellerio sperano che le grane giudiziarie siano finite. Resta da capire il ruolo del Senatur. I casi son due, spiegano alcuni leghisti.
Sapeva cosa combinavano i suoi figli con l’ex tesoriere Francesco Belsito, oppure l’hanno fatto fesso.
I padani non sanno cosa augurarsi.
Matteo Pandini
(da “Libero“)
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