MOSCHEA, LA BRUTTA FIGURA DI GENOVA
PER DIVERGENZE INTERNE ALLA MAGGIORANZA, CONGELATA LA DECISIONE: TUTTO RINVIATO ALLA NUOVA GIUNTA E AL NUOVO SINDACO… SI RIAPRONO I GIOCHI SULLA SCELTA DELL’AREA
È finita, anzi, non è finita nel peggiore dei modi.
La moschea di Genova si farà , ma dove, quando e come rimane un mistero.
La politica che non decide mai per non scontentare nessuno festeggia la sua affermazione in un tripudio di documenti, delibere, ordini del giorno che dicono tutto e il contrario di tutto.
Ma che ottengono il risultato prefisso: un contentino a te, un contentino a me, perchè ognuno possa cantar vittoria.
E non rimediare una brutta figura dopo aver digrignato i denti.
Le primarie sono alle spalle, ma ora arrivano le elezioni, quelle vere.
Quelle che decidono chi vince, ma anche quale sarà la forza in campo di ogni partito della coalizione.
E allora per qualche voto in più vale tutto.
Ma l’importante è rimandare, procrastinare, allungare un’altra volta i tempi.
E non decidere nulla prima della sfida delle urne.
Il Pd incassa un sì alla nobile affermazione che gli islamici hanno diritto a un luogo di culto. Poi si vedrà .
L’Idv ottiene che i giochi si riaprano sull’area individuata, sull’eventualità di “diverse” proposte e sul “processo partecipativo” del quartiere del Lagaccio.
Il “modello Tav”, che tanti successi ha ottenuto fino a oggi sul campo?
Gli islamici di Genova, di fronte all’ennesima soluzione di mediazione che salva solo gli equilibri e gli interessi piccini di parte, assistono sbigottiti all’ennesimo rinvio.
Sfoderano parole improntate alla diplomazia, ma sotto sotto minacciano di far saltare loro il banco: se entro l’estate le fantasticate “alternative”, magari pure “condivise”, non arriveranno, daranno il via ai lavori nell’immobile di Coronata.
Insomma: nel luogo dal quale era partito tutto e dove si rischia di tornare dopo un interminabile gioco dell’oca.
Di tutte le parti in causa, i musulmani genovesi sono stati fino a oggi gli unici a rispettare i patti.
Bisognava creare una fondazione, per dare a Tursi un interlocutore strutturato e credibile? Fatto.
Bisognava varare uno statuto iper-democratico? Fatto.
Bisognava ottenere le proprietà degli edifici dall’organizzazione che gestisce tutti gli affari degli islamici d’Italia, perchè il Comune avesse ogni garanzia? Fatto.
A quel punto tutto sembrava risolto.
E tra persone serie e leali i patti si rispettano.
Ma l’interlocutore non “strutturato e credibile” è diventato a questo punto Palazzo Tursi. Perchè ormai si era approssimato troppo il tempo delle primarie, perchè i contendenti si acconciavano a sfidarsi e anche chi era rimasto fuori dalla partita delle consultazioni, come l’Idv, studiava il modo di ottenere la massima rendita di posizione.
Risultato?
Chi prometteva che a quel punto sarebbe bastato un semplice passaggio in giunta per chiudere la partita ha dimostrato di dir solo parole al vento.
Tutte le carte dovevano tornare in consiglio: agone dove in questi mesi si sfogano i peggiori istinti pre-elettorali.
L’accordo finale è solo un bla-bla.
A Marta Vincenzi viene concesso l’onore della bandiera.
Chi sostiene che “gli islamici hanno diritto a un luogo dove pregare” ottiene il via libera a un’affermazione di principio più inconsistente di un ectoplasma.
L’Idv gonfia il petto per aver dimostrato ancora una volta la sua capacità d’interdizione. Ognuno porta a casa un pezzettino di successo.
Della figuraccia rimediata non sembra interessare nulla a nessuno.
Marco Menduni
(da “Il Secolo XIX”)
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