NAPOLI “CAPITALE”: LO STATO E’ ASSENTE, MA IL POPOLO TORNI A VOLARE ALTO
UNA TERRA DAL CUORE GRANDE CHE NON HA BISOGNO DI ASSISTENZIALISMO MA DI UNO STATO PRESENTE E CHE FUNZIONI, CHE DIA LAVORO E SICUREZZA
Negli ultimi giorni su Napoli e sui Napoletani ne ho lette, viste e sentite di tutti “i colori”.
Non cedere alle provocazioni è difficile, difficilissimo, anche se in certi casi l’unica strada seriamente percorribile resta proprio quella di provare a darsi la pazienza e la saggezza di “Salomone” perchè solo quando lo sterile, demagogico ed offensivo “sfogatoio razzista” consumato ai danni di un’intera Città e di un intero popolo saranno finiti, ci sarà il campo “fertile” per gli unici ragionamenti seri da fare.
Quei ragionamenti che continuano a rappresentare il “primo motore immobile”, l’unico dovere indefettibile per quel senso di equità e giustizia che dovrebbe sempre accompagnare i pensieri e l’agire, soprattutto quelli di tanti pseudo-personaggi “a trazione pubblica”.
Nel mentre una cosa è – e resta – indubbia ed è della massima negatività possibile perchè offende quel senso e “quel sapore” della verità che non bisognerebbe mai disattendere.
Nell’immaginario collettivo è storia conclamata, purtroppo, che l’errore di un solo Napoletano o di un gruppo di Napoletani, diventi inevitabilmente condanna, soprattutto etica e morale, nei confronti di un’intera Città e di un intero popolo.
Se “sbaglia” un veronese, ad esempio, si dirà sempre che ha sbagliato “quel veronese”; magari nemmeno si sottolineerà che è di Verona.
Ma se sbaglia un napoletano, invece, tutta Napoli diventa “Gomorra” e tutti i Napoletani diventano feccia e camorristi.
Una iattura profonda. Una ferita dritta al cuore. La peggiore forma di razzismo culturale possibile.
Cose non più accettabili.
La “storia di Davide Bifolco e del Carabiniere” è la storia di una notte di follia satura di errori, di incoscienza e di fatalità .
La storia di una parte di Napoli in cui lo Stato è sempre più assente ed in cui
l’anti-stato la fa da padrone: padrone delle strade, padrone nel “mercato”, padrone nel dettare “i tempi” ed i “perchè”…
Non è facile vivere in certe zone di Napoli.
L’aria è irrespirabile come se ci fosse una cappa che ti impedisce anche solo di pensare.
Per attraversarle, quelle zone, devi metterti i paraocchi e tirare i dadi sperando che nulla accada…
Che non ci sia una faida tra cosche rivali all’improvviso.
Che non ci sia chi pensi comunque di approfittare di “uno che non è del quartiere”.
Che l’interregno del “sistema a contrario” non ti faccia vittima, fosse anche solo per pochi muniti.
Ma il dramma è ancora più profondo per chi in quelle zone vive, costretto a trovare il modo per sopravvivere in un contesto dove le leggi vigenti non sono certo quelle dello Stato e dove le Forze dell’Ordine fanno fatica a competere perchè lo Stato li ha lasciati da soli, preferendo dedicarsi ad altre cose…
Possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma in alcune zone di Napoli lo Stato è assente, è sempre stato assente, affidando tutto al caso ed al coraggio della popolazione e delle Forze dell’Ordine.
Cosa inammissibile. Cosa assurda. Vergogna democratica.
Certamente sono indegne e vergognose le proteste contro le forze dell’Ordine.
Danno il senso di uno Stato percepito come nemico, di uno Stato come “invasore”, come “male assoluto”, come “quello che pretende senza dare risposte”, e sono cose chiaramente inaccettabili.
Ma è anche indegna l’immagine di un apparato Statale che negli anni è stato capace sono di consumare sprechi e distrazioni, facendo finta di nulla e producendosi nella peggiore delle risposte possibili, quella dell’assistenzialismo fuorviante e dei meri cerotti d’occasione, mentre la cura doveva essere ben altra.
Napoli è una delle città più belle del mondo. Terra di ricchezze inestimabili.
Una terra dal cuore grande, immenso.
Napoli non ha bisogno di assistenzialismo ma ha bisogno di un Stato che sia presente e che funzioni; di politici che la amino alla follia; di progetti seri e della sincera capacità di saperli portarli avanti, senza arrendersi mai.
Se proprio si vuole fare la “rivoluzione del sistema” si riparta dalle cose ovvie: quello sulla legalità e sul controllo assoluto e totale del territorio è un investimento non più rinviabile.
E investire sulla legalità non vuol dire soltanto aumentare la presenza delle Forze dell’Ordine o mandare l’esercito (cosa che, comunque, personalmente auspico), ma vuol dire anche, e soprattutto, conferire i giusti organici agli Uffici Giudiziari, evitare le distrazioni, investire sull’imprenditoria e organizzare risposte concrete sul territorio. Raccontando una storia nuova, capace non soltanto di ridare sogni e speranze, ma di saper altresì attirare a sè il destino di tutti quei ragazzini che, presi dall’incertezza del futuro e dal “buio del presente”, sprecano la loro vita al servizio dell’anti-stato, per sentirsi “grandi”, per sentirsi “forti”, per immaginare uno pseudo-futuro.
E le risposte non potranno continuare ad essere quelle del mero assistenzialismo di nicchia o del bieco conservatorismo di potenziali bacini elettorali.
La rivoluzione dovrà essere sostanziale ed incentrarsi su un chiaro ed evidente percorso meritocratico di partecipazione attiva alla vita cittadina, alle sue dinamiche ed alle sue potenzialità .
Un ritorno alle ragioni dei padri capace di elidere in nuce qualsivoglia pericolo di commistione coi sotto-valori della collusione e dell’affarismo di maniera, perchè bisognerà comunque dire basta ai fannulloni e a coloro i quali pensano che abbiano il diritto di essere “mantenuti” dallo Stato e dagli altri standosene a casa senza fare nulla e “pretendendo”…
L’Italia Repubblicana è costata lacrime e sangue ma la storia di certo non se lo ricorda. Se dopo settant’anni esistono ancora il razzismo regionale, la logica del nemico concepito come male assoluto da denigrare e distruggere, la spinta alla guerriglia e quella “sistemica” all’emergenza — quella anche inventata ad hoc, tanto per distrarre – allora vuol dire che lo Stato, in realtà , non c’è mai stato.
E allora si riparta dall’origine consumando l’inevitabile e doverosa sintesi…
Non bisogna mai perdere il rispetto per quella divisa che rappresenta il nostro Stato e il sacrificio di uomini e donne che spendono la loro vita al servizio del Paese e della collettività .
La giustizia farà il suo corso come giusto che sia.
Nel frattempo nessuno può permettersi di usare strumentalmente una tragedia umana per non obbedire alle leggi o per versare lacrime di coccodrillo, rappresentanti istituzionali compresi.
Il Governo deve inserire in agenda l’emergenza Mezzogiorno e deve farlo subito, senza se e senza ma: è una priorità vera.
A Napoli va riaffermata l’autorità unica ed indiscussa dello Stato consumando una rivoluzione democratica che ristabilisca il senso della Nazione, del diritto e dell’appartenenza ad una stessa storia.
E la rivoluzione dovrà essere culturale, operativa e metodologica perchè lo Stato, non soltanto dovrà dimostrare che c’è, ma dovrà essere altresì capace di dare finalmente risposte…
Mi sovviene una frase della Thatcher… “Lasciate che i vostri figli crescano alti, ed alcuni più alti degli altri se saranno capaci farlo…”
Si lavori per fare questo.
Napoli e il meridione non hanno bisogno di assistenzialismo ma di essere liberi e di potersi giocare il proprio destino…
Salvatore Totò Castello
Right BLU – La destra Liberale
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