NEBBIE ROMANE SUL GIUBILEO
E’ NECESSARIA UNA SVOLTA, MA NON BASTA SOSTITUIRE IL TIMONIERE: OCCORRE UN’ASSUNZIONE DI RESPONSABILITA’ COLLETTIVA DELLA POLITICA
Il 13 luglio saranno già passati quattro mesi dalla proclamazione del Giubileo straordinario e ne mancheranno meno di cinque all’apertura dell’evento, prevista per l’8 dicembre prossimo.
Ma niente di concreto, per quanto è dato sapere, è ancora stato messo a punto. Nessuna decisione, nessun piano, nessuna organizzazione.
Chi in questi giorni ha partecipato a qualche riunione con i tecnici comunali conferma un senso di generale disorientamento.
Forse comprensibile se si tiene conto dei problemi quotidiani e urgentissimi della città , ma anche delle docce scozzesi alle quali il sindaco Ignazio Marino viene costantemente sottoposto da mesi con le indiscrezioni circa la possibile nomina di un commissario governativo.
I giornali riferiscono di screzi continui fra il Campidoglio e Palazzo Chigi, sempre regolarmente smentiti.
Che però l’impasse sia totale è un dato di fatto facilmente ricavabile dalle dichiarazioni.
Se Ignazio Marino aveva risposto il 13 marzo scorso all’annuncio del pontefice con un rassicurante «Roma è pronta da subito», ecco che il 12 giugno lo stesso sindaco di Roma diceva: «È urgente iniziare le opere visto che mancano pochi mesi all’8 dicembre».
Quali opere? «La riparazione delle buche e la sistemazione di quei percorsi pedonali a cui tanto tiene il Papa».
Anche perchè per il Giubileo si prevede un aumento di almeno dieci milioni di turisti.
Per capirci, lo stesso numero di persone che ogni anno visita il solo museo del Louvre senza che per questo la città di Parigi vada in confusione mentale.
Nemmeno dopo che la strage di Charlie Hebdo ha imposto da gennaio misure di sicurezza eccezionali. È stato fatto un piano ed è stato rispettato, con un minimo aumento del disagio che non scoraggia milioni di turisti.
Ma lì ci sono trasporti che funzionano, un’amministrazione comunale che funziona, uno Stato che funziona.
A Roma, purtroppo, no. E la cosa preoccupante è che nessuno se ne preoccupa.
Ulteriore dimostrazione della sconcertante inconsapevolezza che aleggia sulla capitale la troviamo all’aeroporto intercontinentale di Fiumicino, dove arrivano i turisti di tutto il mondo.
A un mese e mezzo dall’incendio divampato (con modalità che ancora non abbiamo ben capito) nel Terminal numero tre, i disagi per i viaggiatori non sono finiti.
Riaperto qualche giorno dopo il disastro, quello scalo è stato sequestrato e poi dissequestrato: ma il calvario non è finito.
Ora, denuncia il deputato democratico Michele Anzaldi, si è deciso di procedere a ulteriori accertamenti sanitari a cura dell’Asl nell’area dei negozi (ancora chiusa) che richiederanno almeno venti giorni.
Dal che è facile dedurre che l’aeroporto non tornerà alla normalità prima della metà di luglio. Anche in questo caso il fatto di essere in piena stagione turistica non preoccupa nessuno. Ma a chi toccherebbe?
Ovviamente alla politica, nella fattispecie quella che ha le responsabilità del governo nazionale, regionale e locale: tutte coincidenti nello stesso schieramento.
Se però ogni energia più che essere concentrata sulla soluzione rapida dei problemi non fosse assorbita da una insensata guerra fratricida interna al Partito democratico. Da una parte i renziani che considerano Marino inadatto a guidare Roma e manovrano neppure troppo nell’ombra per metterlo sempre più in difficoltà , sperando che si decida prima o poi a fare le valigie.
Dall’altra il sindaco che gioca perennemente in difesa.
Il risultato è che la svolta di cui la capitale d’Italia avrebbe un disperato bisogno non si vede.
A Marino questo giornale non ha mai risparmiato le critiche.
Il problema principale sta nella mancanza di autorevolezza e questa carenza si riflette in modo palpabile sul governo di una città che sembra non governata affatto.
Ma chi invoca da sinistra le sue dimissioni dovrebbe ripensare a come si è arrivati a questa scelta degli elettori e agli errori gravissimi di cui si è reso responsabile il gruppo dirigente del Pd.
Chi le pretende da destra, invece, farebbe meglio ad arrossire per le rovine materiali e le devastazioni morali di cui in cinque anni ha disseminato Roma: non bisogna aggiungere altro.
È fuori di dubbio che sia necessario un cambio radicale di passo nella gestione di una città che versa in condizioni inaccettabili per una capitale.
Per raggiungere questo obiettivo, tuttavia, non è sufficiente sostituire il timoniere. Servirebbe un’assunzione di responsabilità collettiva della politica nei confronti dei cittadini.
Che però è impossibile senza una rigenerazione dei partiti, negli ultimi anni sempre più somiglianti a comitati d’affari ripiegati su bassi interessi personali e di bottega. La destra è in macerie.
Mentre il gruppo dirigente del Pd romano è in rotta: il compito di dipanare le nebbie che per troppo tempo l’hanno avvolto, affidato al commissario Matteo Orfini, è da far tremare le vene ai polsi. A lui i migliori auguri di successo.
Diversamente, il dibattito su Marino rischia di essere soltanto l’ennesimo falso problema.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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