L’ASSEDIO GIUDIZIARIO CHE PREOCCUPA IL PD
GLI EFFETTI DELLE INCHIESTE E I TIMORI NELLA MAGGIORANZA PER UNA “RESA DEI CONTI”
Così come l’inchiesta della Procura romana su Mafia Capitale ha sottratto voti a Renzi alle Amministrative, le inchieste di altre Procure sul territorio nazionale stanno decimando la sua maggioranza in Parlamento.
È un dato numerico e anche politico.
L’indagine in Calabria su presunti «rimborsi truffa» alla Regione, risalenti a tre anni fa, si è conclusa ieri con la richiesta di arresto per il senatore Bilardi di Ncd.
Come di Ncd è il senatore Azzollini, per il quale la Procura di Trani ha già chiesto lo stesso trattamento.
«Non mi sembra un caso», commenta il democristiano Rotondi, che dai banchi dell’opposizione ricompone gli spezzoni di un film a cui ha già assistito ai tempi della Prima e della Seconda Repubblica: «La verità è che la magistratura sta accerchiando Renzi, mirando a quel ramo del Parlamento dove la maggioranza di governo regge per pochi voti. Si chiama golpe, ma non lo si può dire».
E infatti nessuno lo dice, sebbene tutti ci girino attorno con la prudenza che la politica (e il momento) impone.
Ma è chiaro a cosa alluda il centrista Cicchitto sostenendo che «sembra di stare come a Dresda, sotto i bombardamenti. E se il Partito democratico non si rende conto che il processo di destrutturazione della maggioranza, pezzo per pezzo, non avviene per dissenso politico ma per inusitati interventi giudiziari, vuol dire che non ha capito la realtà che lo circonda. E chi è davvero nel mirino».
Nel Pd l’hanno capito, bastava sentire ieri la confidenza fatta dal responsabile giustizia Ermini a un compagno di partito: «Girano intorno… Ma la cosa davvero intollerabile è il tentativo di associare l’illegalità al governo».
Perchè i dem di tendenza renziana distinguono tra quei «ladri di democrazia che andrebbero presi a calci nel sedere» e l’uso «esagerato» dello strumento di custodia cautelare.
Con tutto ciò che politicamente ne consegue.
Il leader del Pd se lo aspettava, «mi aspetto una reazione», disse infatti ad Alfano tempo addietro, durante un incontro a Palazzo Chigi: «Tenteranno la resa dei conti».
E i conti al Nazareno li hanno tenuti: tra sentenze della Consulta, atti dei Tribunali amministrativi e inchieste delle Procure, la lista è così lunga che non viene più indicata sotto la voce «coincidenze».
«È partita la caccia al Royal baby», ha scritto sul Foglio Ferrara, riferendosi al premier: «L’aria a questo punto si fa pesante».
E non a caso l’«elefantino», dopo essersi soffermato sui nodi economici, ha accennato anche alla necessità di «arginare il partito dei manettari». Perchè il clima evoca un passato che in fondo non è mai passato.
Allora come oggi gli umori del Paese si riversano anche nel Palazzo, dove vengono lasciati tracimare in atti «che a mia memoria mai prima di oggi si erano visti in Parlamento, con le tribune del pubblico piene di persone che – ammiccando a senatori in Aula – urlavano insulti gravi e volgari, senza che venisse disposto un loro immediato allontanamento».
Sono brani della lettera – riferita dall’Agi – con la quale il capogruppo dei senatori pd Zanda accusa il presidente di Palazzo Madama Grasso di non essere intervenuto per far cessare «le numerose, vistose e intollerabili violazioni del Regolamento» avvenute giovedì nell’emiciclo.
E il fatto che gli episodi si siano verificati durante il voto di fiducia sulla riforma della scuola, rappresenta solo un dettaglio.
«Mi aspetto una reazione», disse Renzi, che a sua volta è pronto a reagire.
Intanto, per lanciare un segnale al Paese, d’intesa con il ministro dell’Interno ha sospeso subito De Luca – appena eletto presidente della Regione in Campania – senza cambiare le norme della Severino.
E siccome le leggi offrono anche gli strumenti per respingere in Parlamento delle richieste di arresto, nessuno in quel caso potrebbe fargli velo.
Ma è chiaro che il premier non può giocare solo sulla difensiva. Nè pare intenzionato a farlo, da quel che ha anticipato al suo partito: la prossima settimana infatti intende chiedere al Senato di votare la riforma della Costituzione prima della pausa estiva.
Se questo fosse il timing, vorrebbe dire che Renzi ha chiuso un patto politico con Alfano, e che i partiti di governo l’anno prossimo si presenterebbero uniti davanti al corpo elettorale per il giudizio sul referendum che cambia il sistema costituzionale. «Aspettiamoci la reazione».
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera“)
Leave a Reply