NEL M5S CRESCONO I SEGNALI DI INSOFFERENZA VERSO DI MAIO
A SORPRESA NELLE VOTAZIONI INTERNE SUL CAPOGRUPPO ALLA CAMERA I CRITICI FANNO IL PIENO DI VOTI
Il vaso di Pandora si è aperto una decina di giorni fa. Quando nelle chat dei parlamentari 5 stelle è rimbalzata una frase di Luigi Di Maio. Il capo politico parlava di Matteo Renzi, a di Martedì, e liquidava più o meno così la scissione di Italia Viva: “Nessuna sorpresa. Veramente qualcuno poteva pensare che Renzi sarebbe rimasto tre anni a schiacciare un bottone?”. Apriti cielo. “E allora noi cosa siamo? Ecco che dice come la pensa veramente su di noi”, sono sbottati molti fra i più critici di questa fase.
Un’insofferenza plasticamente emersa nei voti per il nuovo capogruppo alla Camera. La candidata considerata più vicina alla linea governista Anna Macina si è fermata a 33 voti. Francesco Silvestri, anima di mediazione fra i più critici e gli ortodossi, è risultato primo con 67 preferenze, doppiando la collega.
Ma la vera sorpresa è quella di Raffaele Trano. Il deputato di Formia si è presentato da totale outsider, raccogliendo l’inverno dello scontento a 5 stelle. Peones che si sentono tagliati fuori dai giochi, un calderone che raccoglie serie proposte politiche e comunicative di rottura e questioni più personali legate a mancata visibilità .
Un coacervo di scontento che ha toccato inaspettatamente quota 61 voti, scompaginando i giochi. Perchè la soglia dei 109 consensi necessari all’elezione è lontana, e il borsino della vigilia accreditava alla seconda tornata una probabile sfida Silvestri/Macina. Piani saltati, ma soprattutto un’indicazione politica di grande insofferenza.
“Il voto è indicativo della volontà di cambiare”, spiega ad Huffpost Angela Ianaro, in ticket con Trano. ”È l’occasione di uno spazio nuovo all’interno del Movimento”, aggiunge il candidato capogruppo. Che mette le mani avanti: “Sempre però seguendo i principi del Movimento e in sintonia con il capo politico”.
I critici tuttavia faticano ad organizzarsi tutti insieme intorno a precise idee alternative, non trovano un vero leader. Così i malumori, i veleni e gli spifferi si rincorrono senza soluzione di continuità , e senza un filo conduttore, appestando l’aria. “Ci sono due dei nostri che stanno per passare alla Lega”, è convinto uno. “No scissioni, ma non escludo che qualcun altro ce lo perderemo per strada”, spiega un altro. Qualcuno è già perso. Non per il gruppo parlamentare, forse, ma per Italia 5 stelle sicuro.
Nella più consolidata delle dinamiche morettiane del “mi si nota di più se vengo o non vengo?” due ex ministre, Giulia Grillo e Barbara Lezzi, hanno annunciato i loro forfait, che si vanno ad aggiungere a quelli di Gianluigi Paragone e Mario Giarrusso.
“Finchè Luigi è capo politico io non partecipo più”, va dicendo in giro quest’ultimo. Una deputata napoletana utilizza il corollario del “mi si nota di più se vengo e resto in disparte?” e confida: “È la mia città , sarò da quelle parti, ma è già tanto se ci passerò”. Al caos si salda l’incertezza su Beppe Grillo. I vertici sono sicuri: “Ci sarà ”. Ma si tengono un margine di incertezza, legato ad alcuni problemi familiari del fondatore (motivo analogo terrà lontano da Napoli Alessandro Di Battista). “Alla fine lui deciderà all’ultimo — spiegano — d’altronde ha sempre fatto così”.
Il capo politico sta a guardare. È convinto che molte delle fibrillazioni siano legate alle scaramucce di brevissimo respiro che ruotano intorno alla partita per l’elezione dei nuovi capigruppo, cha al Senato vede una partita ingarbugliata fra Danilo Toninelli, considerato sia vicino al leader che possibile collettore degli scontenti e Gianluca Perilli, vicepresidente uscente anch’egli accreditato di un filo diretto con la leadership Di Maio è forte del successo sul taglio dei parlamentari, che non a torto si è intestato in prima persona. E si muove con prudenza, volendo evitare che la kermesse nella città partenopea venga flagellata da venti di protesta.
“D’altronde Luigi si è sfilato da quella partita — spiega un suo colonnello — Ha lasciato completa libertà a senatori e deputati, ora cosa vogliono?”. La risposta la dà proprio uno dei suoi, quasi sconsolato su un divanetto della Camera: “Se andiamo a cena? Certo che andiamo a cena. Appena dici qualcosa di controcorrente in assemblea sei guardato come un reprobo. Le cene ci sono tutte le sere, almeno lì ci si può confrontare”.
“Le scissioni e le fronde sono smentite dai fatti”, spiega ad Huffpost una fonte qualificata vicino al leader. “I drammi e il caos — prosegue — sono generati da media che vogliono screditarci. Ieri abbiamo visto che i nostri hanno votato compatti. Se c’è discussione, se ci sono sfumature, è la ricchezza del Movimento”.
Il leader, racconta chi ci ha parlato, è stato chiaro. Se c’è qualcuno che vuole criticare apertamente uscisse allo scoperto e votasse contro i provvedimenti di questo governo. Un ragionamento dato dalla serenità di sapere che la fase politica è cambiata, e se ai tempi gialloverdi ogni defezione o eventuale espulsione poteva costare carissimo, oggi non è più così.
A metà pomeriggio si materializza Virginia Saba, la compagna di Di Maio, in Transatlantico, insieme alla deputata Emanuela Corda di cui è collaboratrice. Poco più in là il renziano Ettore Rosato abbraccia la ministra pentastellata Fabiola Dadone. Ancora sono vivi gli echi del parapiglia di ieri, che ha coinvolto parlamentari di un po’ tutti i partiti all’annuncio del passaggio dell’ex M5s Davide Galantino in Fratelli d’Italia: “Ma hai visto che roba? – commenta un 5 stelle riferendosi ai suoi colleghi di partito – Ma che sono deputati questi?”. “Le corride vanno bene per gli uomini che non son molto coraggiosi e vorrebbero esserlo”, avrebbe probabilmente scosso la testa uno sconsolato Steinbeck.
(da “Huffingtonpost”)
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