NEL M5S GUERRA PER BANDE SUL PORTAVOCE: IL DIRETTORIO TEME UNA RAGGI TROPPO AUTONOMA
A RISCHIO L’UOMO CHE HA GESTITO LA CAMPAGNA DI VIRGINIA, CONSIDERATO TROPPO INDIPENDENTE DALLO STAFF
Di solito, per consuetudine e anche per logica, il sindaco di Roma fa due nomine quasi sempre contestualmente: il capo di gabinetto e il portavoce.
Sono due ruoli fortemente politici, due veri bracci destri del sindaco, un po’ come nei giornali il vicedirettore e il caporedattore centrale.
Invece ieri l’altro Virginia Raggi ha nominato soltanto il capo di gabinetto, Daniele Frongia. Come mai, cosa sta succedendo?
La Stampa può raccontarlo con precisione: si è aperta una feroce guerra interna sulla nomina del portavoce.
Una guerra la cui posta in gioco va molto oltre una persona, e riguarda il timore di fondo del direttorio M5S: non è che Virginia Raggi finisce per diventare troppo autonoma dal gruppo-Di Maio?
Intelligente, dotata di abilità di mediazione e anche, oggettivamente, di relazioni notevoli, sarebbe un alter ego sempre più scomodo per l’aspirante candidato premier.
Raggi ha già puntato i piedi su Daniele Frongia, che era vissuto dagli avversari interni del sindaco – l’asse che da Roberta Lombardi porta dritto a Luigi Di Maio – come personaggio troppo autonomo, e troppo in sintonia con Virginia.
Se Virginia portasse a casa adesso anche un portavoce estraneo alla cordata Lombardi-direttorio, dotato di capacità e indipendenza, la sua autonomia ne risulterebbe raddoppiata.
Morale: la cordata centrale che da Di Maio scende fino a Roberta Lombardi sta riuscendo a far fuori il candidato naturale a portavoce della Raggi.
Intanto raccontiamo chi è; e poi diremo come vogliono silurarlo.
Si chiama Augusto Rubei, è un giovane romano di borgata, nato a San Basilio da genitori che vendevano il formaggio, e neanche avevano pensato di farlo studiare.
Rubei ha studiato da solo, si è laureato in scienze della comunicazione – tra i suoi professori di master c’è stato anche Gianfranco Astori, oggi consigliere di Sergio Mattarella – ha lavorato per diverse agenzie di stampa, e poi come ghostwriter politico, prima di essere assunto nell’ufficio comunicazione del Movimento alla Camera, in una stagione ormai remota in tutti i sensi.
Rubei è un tipo fumantino, come molti di quelli venuti su da soli. La grande costruzione mediatica della Raggi in questa campagna elettorale si deve a lui, come si deve a lui la scelta di incassare in silenzio nei momenti più sfavorevoli alla Raggi (per esempio la vicenda dello studio Previti, o le consulenze che riconducevano al giro Panzironi), per affermare poi un volto spigliato, fresco, e non contaminato da scivolate.
Obiettivamente, la strategia ha funzionato.
Come tentano, i suoi avversari, di farlo fuori, e chi sono?
Il braccio dell’operazione è Rocco Casalino, l’ex del Grande Fratello, finito poi a guidare la comunicazione del M5S.
La modalità è stata semplice: è stata fatta ripetutamente pervenire, al team degli amici fidati della Raggi (non sono tantissimi) la frase (testuale) «Rubei non lavora per Virginia, lavora per altri, è un uomo di Loquenzi-Lombardi».
Una cosa non vera anche solo logicamente, perchè Ilaria Loquenzi (la sempre vacillante capa della comunicazione cinque stelle alla Camera) non è stata mai amata neanche dai deputati M5S – che volevano sfiduciarla – figurarsi se può guidare una persona come Rubei, o fare da tramite tra lui e l’asse Lombardi-direttorio.
Poi sono state molto enfatizzate – e raccontate a ondate – un paio di occasioni in cui Rubei ha detto pubblicamente alla Raggi che non era d’accordo con alcune scelte.
Insomma, si è costruita addosso a Rubei un’immagine non veritiera. Raggi tuttora lo stima molto; sa che il tandem ha funzionato, e aveva pensato di nominarlo, magari come capo ufficio stampa, un ruolo non politico, rispetto al portavoce.
Ma certo, come diceva uno che se ne intendeva, ripeti un bugia dieci, cento, o più volte, e diventerà verità . O almeno ha insinuato un tarlo in Virginia.
La cordata da Lombardi a Di Maio chi vorrebbe al posto di Rubei?
L’ideale sarebbe uno dei «Rocco boys», personaggi selezionati da Casalino – e ora nello staff comunicazione del Senato, dove non manca financo un disegnatore di costumi da uomo – che darebbero agli avversari della Raggi la certezza di controllarne ogni mossa, riferirla in tempo reale agli altri, e insomma: più che un portavoce, un agente del nemico. La partita è indirizzata, ma non chiusa.
Sarà interessante vedere come andrà a finire perchè ne dipende un pezzo dell’autonomia di Virginia da chi vorrebbe commissariarla.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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