“NON VOTERO NE’ MELONI, NE’ BERTOLASO”: INTERVISTA AL PROF. AIUTI
L’IMMMUNOLOGO: “QUATTRO CANDIDATI? QUESTI SONO PAZZI”…”MARCHINI E’ L’UNICO EFFICIENTE”
«Adesso diranno che sputo nel piatto in cui ho mangiato…».
Con la diaria da consigliere comunale?
«Appunto, ironizzavo: erano 1.326 euro al mese… Il punto è che il centrodestra a Roma non smette mai di stupire. Quanto è emerso con Mafia Capitale era inimmaginabile: Gramazio era il mio capogruppo, io mi fidavo. Certo, una volta cercò di fregarmi… E adesso? Una follia: quattro candidati, per essere si-cu-ri, ma proprio stra-si-cu-ri di perdere!»
Quel bacio.
Il professor Fernando Aiuti, nella sua lunga carriera, ha avuto due momenti di forte visibilità : il primo quando, negli anni ’90, già immunologo di fama internazionale, si fece fotografare mentre baciava una giovane sieropositiva, per dimostrare che l’Aids non si trasmette con la saliva; l’altro nel 2010, quando si imbavagliò nell’aula Giulio Cesare contro la maggioranza di Alemanno in cui egli stesso militava, per protestare contro la stangata sulle tariffe taxi.
La chiamata in politica di Aiuti, nel 2008, fu uno dei non molti tentativi del centrodestra di aggregare personalità di alto profilo.
Il professore venne eletto in Campidoglio come capolista Pdl ma, nei successivi 5 anni, il suo contributo è stato ignorato.
Adesso, «definitivamente fuori dalla politica, per carità », l’immunologo va a ruota libera. E si toglie parecchi sassolini («fastidiosi, mi creda») dalle scarpe.
Professore, lei è ancora di centrodestra?
«Certo, perchè?»
Ha visto che sconquasso a Roma? Come pensa di regolarsi al momento del voto?
«Sono basito, è una follia. Oppure una scelta deliberata di farsi male, come dice qualcuno, perchè Berlusconi vuol favorire Renzi per avere qualcosa in cambio. In ogni caso è da irresponsabili: presentare quattro candidati non vuol dire affossare il centrodestra solo a Roma, ma su scala nazionale. Così abbiamo la certezza assoluta di non andare neanche al ballottaggio, quando invece sarebbe tanto facile uscire dall’impasse».
Come?
«Basta che tutti e quattro facciano un passo indietro. Si organizzano le primarie, in 15 giorni, e chi vince lo si vota. Ogni problema sarebbe risolto».
Se invece il quadro restasse questo, lei chi sceglierebbe tra Bertolaso, Meloni, Storace e Marchini?
«Essendo fuori dalla politica voterò il programma migliore per la città , un manager, qualcuno capace di far funzionare i servizi. Guardi, ieri ero a Catania, e le assicuro che è molto più pulita di Roma. Ci vorrebbe un tecnico di spessore…».
Ci sta girando attorno per arrivare a Bertolaso?
«Ma no, lui non lo voterei mai! Per due motivi: ha delle pendenze giudiziarie, e francamente votare uno che poi a settembre si ritrova con una condanna di primo grado non mi pare il caso. Qui è diverso dal caso di De Luca, in Campania: un conto è essere indagato per abuso d’ufficio, un altro, ben più grave, per questioni di appalti».
Non le sta simpatico, l’uomo del fare…
«Il problema è che lui è l’uomo del fare tutto, troppo. Anche a costo di non essere all’altezza. Dal terremoto ai rifiuti, dall’Aids alla sicurezza negli aeroporti. Si sente un superman. Lo conosco da molti anni, da quando veniva con la sua aria da tuttologo in commissione, al Consiglio superiore della sanità , e pretendeva di spiegare cosa si doveva fare per combattere l’Aids. Poi è arrivata la Sars, e anche lì sapeva tutto lui. Non funziona cosi. L’uomo del fare va bene, i presuntuosi sono un’altra cosa».
Bene, Aiuti. Ora passiamo a sistemare la Meloni..
«Ma no, è giovane, sveglia. Politicamente a lei mi sentirei anche vicino…»
Però…
«Però, diciamolo, con il suo tira e molla non ha fatto una gran figura. Prima “no, devo fare la mamma”, poi “forse, vedremo”, alla fine sì… Non è autonoma, dipende da qualcuno, nella fattispecie Rampelli, e questo non va bene».
Intende dire, con Berlusconi, che dietro la Meloni sono in agguato i «fascisti»?
«Mmhh… direi i missini vecchio stampo, ecco. Gente che non si è evoluta, non è cresciuta al di fuori della loro ideologia. Rampelli riporta a quel mondo lì, superato, alla gestione pregressa di Alemanno, Fini, eccetera, e la Meloni non ha la forza di sganciarsi».
Il suo ragionamento porta dritti a Storace: uno tosto, muscolare…
«Ma no! Premesso che è una persona onesta, anche lui non si è rinnovato e pratica la vecchia politica, senza dimenticare che ha avuto critiche per la sua gestione da presidente della Regione Lazio. E poi è marginale, isolato».
Stecchito. Resta Marchini, l’imprenditore rosso.
«Esatto. D’altronde io sono uomo di centrodestra anomalo, autonomo. Marchini mi pare un imprenditore efficiente, un manager non legato alla vecchia politica, che ha saputo costruire qualcosa, far lavorare la gente. Se sarà in grado di allestire una squadra di tecnici bravi e onesti, la politica avrà fatto un passo indietro e la capitale non potrà che beneficiarne».
Professore, quel sassolino?
«Riguarda le note vicende. Era verso la fine della consigliatura, una seduta pomeridiana.. Io ero dovuto andare a un convegno in una Asl, per sostituire il vicesindaco, e Gramazio prese il mio badge e votò al posto mio, su una questione edilizia, questo lo ricordo bene. Tornato in Campidoglio mi arrabbiai molto e denunciai la cosa al presidente dell’assemblea Pomarici e al segretario generale. E’ tutto agli atti: sarebbe interessante vedere che delibera fosse».
Tutti da buttare, i suoi maledetti anni 2008-2013 con Alemanno?
«Ma no, c’è stato anche del buono. Sulle epidemie di influenza in città , i vaccini, gli interventi sulla Tbc a favore degli immigrati abbiamo lavorato, e non ho rimpianti. Certo, ero un don Chisciotte, molto isolato. Nella maggioranza salverei soltanto Sveva Belviso, la vicesindaco, persona onesta, che sul sociale ha lavorato con passione, e Ghera, l’assessore ai Lavori pubblici. Quando passavo sulla Salaria lo chiamavo in diretta, dicendogli “Fabrizio, qui c’è una buca pericolosissima, intervieni!”, e il giorno dopo la trovavo rattoppata. Può sembrare un aneddoto, ma questo fa la differenza di un buon amministratore».
Amici nell’opposizione?
«Sì, due persone meravigliose. Gemma Azuni, la consigliera di Rifondazione, seria e onesta, capace di ascoltare anche fuori dal suo recinto, tanto che a sinistra l’hanno fatta fuori. E Monica Cirinnà , una politica sensibile, acuta, che meriterebbe cariche maggiori».
Veramente carriera l’ha fatta, è senatrice e la legge sulle unioni civili porta la sua firma.
«Certo, lo so. E ho apprezzato la sua battaglia».
Un uomo di centrodestra a favore della stepchild adoption?
«Assolutamente sì, sono innanzitutto un uomo di scienza. Dobbiamo guardare avanti…»
Professore, lo sa cosa rischia che le rinfaccino, adesso, gli ex colleghi di partito? Che lei è un po’ anziano e….
«No, rimbambito non me lo possono dire, stia tranquillo. A ottant’anni vado ancora a sciare sul Gran Sasso, in barca a vela, sul catamarano e, quattro volte a settimana, a nuotare».
Ginnastica dolce, immagino.
«Macchè, settanta vasche in un’ora. La saluto: sto entrando proprio ora in piscina»
Fabrizio Peronaci
(da “il Corriere della Sera”)
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