ORA FANNO FINTA DI VOLERSI BENE: BOSSI HA IMPOSTO UNA TREGUA ALLE FAZIONI, MA IN AUTUNNO I LEGHISTI REGOLERANNO I CONTI INTERNI
MARONI: “CON UMBERTO TUTTO A POSTO”…ROSY MAURO: “E’ ANDATA BENISSIMO”… IL CONGRESSO DEL VENETO SARA’ OCCASIONE DELLA CONTA AUTUNNALE, CON I MARONITI IN NETTO VANTAGGIO
“Armatevi e fate la pace».
Se basta una battuta per sintetizzare due ore di tensione e cristallizzare una tregua di facciata, la più riuscita è questa.
Chi la serve – la segreteria politica della Lega si è chiusa da un’ora, l’autore della freddura racconta di avere partecipato come altri a un «incontro bilaterale preventivo» con Bossi non senza un certo «imbarazzo» – non sdrammatizza più di tanto perchè sa benissimo che il braccio di ferro tra le «due Leghe» – colonnelli storici da una parte, Cerchio magico dall’altra – è solo rinviato.
A dopo l’estate.
Doveva essere il giorno della pacificazione ufficiale tra Bossi e Maroni: e così è stato. Con tanto di sigillo maroniano finale: «Con Bossi è tutto a posto» (unica frase in chiaro, unico a parlare, il ministro dell’Interno, oltre all’altrettanto rassicurante vicepresidente del Senato Rosy Mauro).
Il copione era già scritto, il demiurgo, anche oggi, è stato lui, il Senatur.
«Basta casini, dobbiamo andare avanti e stare uniti».
Il Capo lo ha ripetuto come un mantra. A tutti.
Li ha convocati nel suo ufficio, uno per volta, prima che iniziasse la riunione vera e propria durante la quale –così era stato deciso e così è stato–la crisi o crisetta interna al Carroccio è stata tenuta prudentemente fuori.
Bossi se li è presi in disparte uno a uno: Calderoli, Maroni, Cota, Reguzzoni, Bricolo, Mauro, Giorgetti, i veneti Zaia e Gobbo.
Un balsamo per provare faticosamente a tenere insieme – almeno finchè gli riesce – le due anime del Carroccio.
Divise da una crepa sempre più larga che lo stesso Bossi, negli ultimi giorni, aveva divaricato minacciando epurazioni e bacchettando I’«irresponsabile» Maroni e i suoi fedelissimi per le firme raccolte in favore di Giacomo Stucchi al posto di Reguzzoni come capogruppo alla Camera.
«Da oggi tutti sotto a lavorare senza invasioni di campo e senza personalismi», è stato il monito del segretario federale.
II quale, contrariamente a quanto affermato in pubblico, ieri non ha avuto nemmeno bisogno di ribadire ai suoi interlocutori che in Lega «decido io».
Lui e nessun altro: nemmeno Maroni e cioè il delfino che una larga fetta della base vorrebbe «presidente del Consiglio».
Il ministro dell’Interno lasciando via Bellerio si è fermato, è sceso dalla macchina e ai cronisti ha consegnato la frase fatidica: «Con Bossi è tutto a posto».
Ma il Senatur ha fiuto, sa bene che quella appiccicata ieri è solo una toppa provvisoria.
Il problema non sono (tanto) lui e Maroni.
Il problema sono le lame sempre più affilate che volano nella Lega.
«E’ solo tutto rimandato di qualche mese» – riferisce una fonte che ha partecipato all’ufficio politico.
Il cessate il fuoco siglato ieri – nei piani condivisi da entrambe le fazioni interne al movimento – dovrebbe servire a traghettare la balena verde fino ai congressi regionali che i maroniani hanno chiesto e ottenuto entro ottobre al massimo novembre.
«Lì si andrà alla conta e vedremo chi ha i numeri», minaccia un dirigente vicino al titolare del Viminale.
Gli oppositori che vorrebbero ridimensionare il Cerchio magico – del quale fanno parte Rosy Mauro, Reguzzoni, Bricolo e Cota – sono convinti di potere arrivare a una scontro finale. Con successo.
Il primo congresso sarà quello del Veneto.
Da una parte Bricolo, che si candida a segretario, dall’altra il candidato espresso dal blocco Tosi-Zaia.
Poi i delegati voteranno in Lombardia e Piemonte.
Raccontano che allo stato i numeri danno ragione alla corrente che fa capo ai colonnelli.
Con percentuali addirittura schiaccianti.
Ne è stata prova la raccolta di firme per Stucchi capogruppo alla Camera:46 deputati su 59. Una petizione poi sciolta nel pentolone da Bossi. Che ha confermato direttamente Reguzzoni fino a dicembre (poi subentrerà Stucchi).
In vista della riunione di ieri per riportare il sereno nel Carroccio Roberto Calderoli aveva addirittura preparato un documento: è stato accolto nei fatti, ma non c’è stato bisogno di firmarlo perchè la pax è arrivata con un accordo a parole.
«E’ andato tutto benissimo», ha chiosato alla fine Rosy Mauro.
Berizzi Paolo
(da “La Repubblica“)
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