ORBAN IMPEDISCE LA DICHIARAZIONE DI CONDANNA UE A PECHINO PER LA REPRESSIONE A HONG KONG: AL SOVRANISTA PIACCIONO LE DITTATURE
IL DISASTRO DEL VINCOLO DELL’UNANIMITA’
A Pechino qualcuno starà sorridendo. L’Unione europea è preoccupata, a giusto titolo, per le misure liberticide che il governo cinese continua a adottare e attuare a Hong Kong, oltre che nei confronti della minoranza uigura in Xinjiang.
Per i ministri degli Esteri Ue, riuniti a Bruxelles, l’argomento era inevitabile né deve sorprendere che, dinanzi alla gravità dei recenti sviluppi, dal dibattito sia emersa una condanna pressoché unanime della linea dura imposta dai cinesi.
Oltre che sulle drammatiche violazioni di diritti fondamentali ai danni della comunità uigura, l’attenzione si concentra sulla recente legge di sicurezza nazionale per Hong Kong, che introduce un controllo di Pechino sulla scelta dei candidati alle elezioni della città, limitando fortemente la democrazia e il pluralismo che dovrebbero essere garantiti dalla sua costituzione (basic law). Tra l’altro, la legge ha portata extra-territoriale, consente cioè di perseguire penalmente anche persone fisiche o giuridiche straniere, sul territorio di Stati che abbiano un trattato di estradizione con la Cina, per l’eventuale sostegno da esse offerto a quanti a Hong Kong si oppongono alla repressione realizzata dal regime.
La situazione è indifendibile, anche per chi come la Germania ha solidissimi rapporti economici e commerciali con la Cina e tuttavia non si nasconde quando si tratta di richiamare al rispetto di diritti umani basilari.
Eppure l’Unione europea non è riuscita a pronunciarsi all’unanimità: tutti d’accordo tranne l’Ungheria, sicché si è preso tempo per cercare di superare il veto di Budapest.
Per ora nulla di fatto, se ne riparlerà nei prossimi giorni. Il governo ungherese si era già opposto a sottoscrivere conclusioni del Consiglio Esteri critiche nei confronti della Cina. Pesano le relazioni amichevoli tra i due Paesi, “altamente apprezzate” da Pechino, e l’intensa collaborazione economica e sanitaria. Nei mesi scorsi, ad esempio, l’Ungheria si è precipitata ad acquistare vaccini cinesi anti-Covid, non autorizzati in Europa. Con una certa soddisfazione della Repubblica popolare.
Per carità, ciascuno deve essere libero di perseguire i propri “interessi nazionali”, ma qui si pone un problema di fondo. Se anche per emettere una semplice dichiarazione – non per inviare cannoniere – l’Unione europea resta impigliata nella regola dell’unanimità e quindi nella possibilità di blocco da parte di ogni singolo Paese membro, sarà ancora molto lunga la strada da percorrere perché l’Ue sia considerata un protagonista della politica internazionale.
Esperti autorevoli raccomandano gradualità e prudenza prima di metter mano a eventuali riforme. Certo, le regole vanno ben meditate, come va valutato con cura il quadro fragile in cui ci muoviamo. Però, francamente, qualche dubbio sull’assetto attuale è lecito esprimerlo.
È difficile far funzionare una società se il suo Consiglio di amministrazione è tenuto ad adottare le sue deliberazioni all’unanimità. Altrettanto problematico sarebbe gestire un condominio con quella regola. D’altra parte, se il Consiglio europeo elegge il proprio presidente a maggioranza qualificata (art. 15.5 Tue), è singolare che per una dichiarazione si preveda l’unanimità.
E se al Consiglio europeo di Milano del 1985 ci si fosse adagiati su quel criterio, la storia sarebbe andata in un’altra direzione. Invece, con lungimiranza e coraggio, la presidenza italiana (Craxi, Andreotti) scelse di procedere a maggioranza sul voto per l’apertura della Conferenza per la riforma dei trattati con l’Atto Unico. Si opposero tre Paesi – Danimarca, Grecia e Regno Unito – su dieci, allora eravamo in dieci, ma la decisione fu adottata.
Nel momento in cui si comincia, con tante riserve tra le stesse istituzioni comunitarie, a discutere di futuro dell’Europa, forse potrebbe essere utile riflettere un attimo su come si prendono le decisioni in Europa.
Oggi siamo paralizzati davanti a una mera espressione di solidarietà per chi vede conculcati i propri diritti, domani avremo sul tavolo scelte ancora più pesanti, a impatto diretto. Se penseranno a materie come le risorse per la ripresa o il contrasto all’immigrazione illegale, gli ungheresi (e altri) certamente difenderanno l’unanimità a spada tratta. E’ un dato di fatto. La domanda è se ci si debba fermare qui e continuare a far sorridere i cinesi.
(da Huffingotinpost)
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