PADRI SCIENZIATI USANO I PROPRI FIGLI COME CAVIE
DAGLI STATI UNITI L’ULTIMA FOLLIA: IL NEUROLOGO CHE CONCEPISCE IL FIGLIO PER STUDIARLO… ALTRI CHE SOTTOPONGONO I PICCOLI A STIMOLI PER REGISTRARNE LE REAZIONI. …PICCOLE CAVIE PER IL DELIRIO DELLA SCIENZA
E’ il sogno di ogni scienziato: avere a disposizione una cavia docile, 24 ore su 24, soprattutto alla luce del calo dei fondi a disposizione per la ricerca.
Più di ricercatore americano ha deciso così di compiere esperimenti su un figlio cavia, anche se con tutte le cautele del caso (almeno si spera), suscitando grande preoccupazione tra gli esperti di etica. Pochi giorni fa il New York Times riportava la notizia che un neuroscienziato del Massachusetts Institute of technology, tale Pawan Sinha, avrebbe sconvolto le coppie presenti al corso prenatale del figlio annunciando: “Non vedo l’ora che nasca per poterlo studiare”, il piccolo Darius sarebbe così diventato il manifesto vivente della ricerca padre-bambino.
Ma non si tratta di un caso raro. La dottoressa Linebarger, direttrice del Dipartimento di sviluppo psicologico dei bambini presso l’Università della Pennsylvania, sta registrando ciò che succede ai suoi quattro figli.
E dichiara che non tutti collaborano: ” Mia figlia Callie aveva solo 18 mesi quando ha cominciato ad opporsi. Era diventata molto perspicace nel distinguere ciò che le chiedevo come mamma da ciò che chiedevo come ricercatrice. Un giorno, dopo che aveva deciso di non voler più collaborare, mentre si era in pizzeria, le ho fatto una domanda professionale e lei mi ha fatto una smorfia di risposta. Mi ero illusa che il nostro rapporto fosse splendido, ma da allora ho delegato la ricerca ai miei collaboratori”.
Sorgono domande a livello etico sull’uso dei figli cavia da parte di molti genitori scienziati: Robert Nelson, direttore del Centro di Ricerca sull’integrità a Philadelphia, osserva: ” Il ruolo del genitore è di proteggere il proprio bambino, una madre o un padre ricercatori creano un conflitto di interesse che distorce il rapporto genitori-figli.
Arthur Toga, neurologo dell’Università della California, ha sottoposto i propri tre figli a un ciclo di risonanze magnetiche per studiare il funzionamento del cervello. Molti colleghi gli hanno detto che avrebbe dovuto vergognarsi per il rischio fatto correre ai bambini, ma per lui è una cosa normalissima.
Il figlio del prof Deb Roy invece, anche lui del Mit di Boston, è stato spiato per tre anni all’interno di una ricerca che mirava a capire i diversi stadi di apprendimento nel camminare e nel parlare.
Per ottenere il risultato sperato ha disseminato la casa di 11 videocamere e 14 microfoni, collezionando 250mila ore di registrazione.
In passato figli di ricercatori sono stati sottoposti ad esperimenti che oggi verrebbero definiti contro l’etica professionale.
All’inizio degli anni ’50, ad es., Jonas Salk iniettò ai propri figli il siero sperimentale del vaccino contro la polio.
Ci si chiede: a fronte di pochi ricercatori che rendono pubbliche le loro indagini sui figli, quanti sono coloro che lo fanno di nascosto, al fine di evitare richiami a codici etici comportamentali? Quanti saranno realmente i bimbi in tenera età che devono subire le attenzioni scientifiche di genitori la cui ambizione e megalomania li porta a dimenticare l’amore per i propri figli?
Fino a che punto è lecito che la scienza si spinga a queste “aberrazioni etiche”?
Siamo di fronte forse all’ultima follia, ma fa pensare che il fenomeno sia sempre meno un’eccezione sul fronte alla ricerca.
Si cerca qualcosa di sempre più ambizioso per il proprio ego e si perde sempre più di vista il significato e il rispetto della vita umana e il ruolo del genitore.
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