PER INCLUDERE I REAZIONARI, URSULA PERDE PEZZI, I 370 VOTI RICEVUTI SONO UN RECORD STORICO NEGATIVO: L’APERTURA DELLA MAGGIORANZA AI CONSERVATORI DI GIORGIA MELONI HANNO AVUTO COME RISULTATO UN SALDO NEGATIVO DI 74 OPPOSITORI
IN TUTTO L’URSULA BIS HA PERSO 111 VOTI DALLA SUA MAGGIORANZA EUROPEISTA TRADIZIONALE, GUADAGNANDONE A DESTRA SOLO 37
La seconda Commissione von der Leyen ha incassato la fiducia del Parlamento europeo. Ma parte azzoppata. I 370 voti ricevuti, pur essendo la maggioranza, costituiscono un record storico negativo. Mai l’esecutivo europeo era sceso ad una quota così bassa di consensi.
Cinque anni fa, ad esempio, il suo primo collegio aveva ricevuto 461 sì. E lei stessa a luglio era stata eletta con 401 favorevoli. L’apertura alla destra dell’Ecr, dunque, porta un saldo pesantemente negativo di 74 “oppositori” rispetto alla quota potenziale. Va tenuto presente che lo scrutinio era palese e che non esisteva quorum. E anche i contrari, 282, non sono mai stati così tanti nella “fiducia” all’esecutivo europeo.
Una partenza ad handicap di cui dovrà tenere conto nel futuro. In primo luogo perché tutti i gruppi principali sono stati attraversati da spaccature importanti: dai socialisti ai liberali, dai Verdi fino ai Popolari. E persino i Conservatori dell’Ecr, con il consenso di Fdi, si sono strappati in due.
Sostanzialmente l’“Ursula bis” ha perso 111 voti dalla sua maggioranza europeista tradizionale guadagnandone a destra solo 37 dai Conservatori. Un quadro che rischia di paralizzare l’attività del Parlamento europeo e l’iniziativa legislativa della Commissione.
L’inquilina di Palazzo Berlaymont non se l’aspettava e pensava di poter contare su un consenso più ampio che le avrebbe permesso una libertà di manovra sostanziosa anche ricorrendo al cosiddetto “doppio forno” con la destra. Del resto non è un caso che nel suo discorso di ieri mattina von der Leyen non abbia citato un solo gruppo parlamentare o un partito limitandosi a fare riferimento alle formazioni «democratiche pro-europee» e avvertendo che comunque partirà «dal centro».
L’idea di creare di volta in volta maggioranze “à la carte” è un po’ meno praticabile. Basta fare un po’ di conti: nel gruppo socialista di S&D ha perso 43 voti dei 136 disponibili (25 no, molti i francesi, e 18 astenuti). I Verdi si sono spaccati in due con 20 no (tra cui gli italiani) e sei astenuti. I Liberali vedono sei astensioni e persino il Ppe ha dovuto accettare la protesta spagnola con 27 no e due astenuti.
Un risultato che fa ricadere critiche sul capogruppo, Manfred Weber. I Conservatori si sono divisi e ben 39 hanno confermato il no, 33 sono stati i sì (quasi tutti di Fdi) e quattro astenuti. Soprattutto Ecr non è stato determinante. La destra dei Patrioti, di cui fa parte la Lega, e i neonazisti di Afd hanno ribadito la loro contrarietà. Come anche la Sinistra di cui fanno parte M5S e Avs.
Von der Leyen aveva puntato su una linea da “grande coalizione”, dai Verdi all’Ecr, anche nell’intervento che ha aperto la seduta in cui ha illustrato un programma senza un colore definito: «L’Europa che amo è quella che si batte per la libertà ». Per poi aggiungere che «il compromesso è il messaggio del nostro lavoro».
Il risultato finale, però, non è stato quello sperato. E soprattutto i socialisti sono passati al contrattacco: «Weber voleva allargare la maggioranza – ha notato Nicola Zingaretti – e la maggioranza si è ristretta. Quindi io mi auguro che dentro il Partito popolare europeo si prenda coscienza che quel tentativo di sottoscrivere accordi, anche qualche giorno fa è stato ribadito, e poi con disinvoltura non rispettarli».
(da agenzie)
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