PER NON PERDERE IN ABRUZZO, MELONI E SALVINI PROMETTONO PURE LA FETTINA DI CULO PANATO
È STATA RIFINANZIATA LA FERROVIA ROMA-PESCARA, CANCELLATA MESI FA DAL PNRR… SALVINI PROMETTE UN NUOVO CASELLO AUTOSTRADALE A MONTORIO AL VOMANO E EVOCA “MILIARDI DI INFRASTRUTTURE” … MINISTRO DELLA SANITÀ SCHILLACI È ANDATO A SIGLARE UN PROTOCOLLO DA 60 MILIONI PER L’OSPEDALE DI CHIETI, IL VICEMINISTRO PAOLO SISTO ASSICURA IL SALVATAGGIO DEI TRIBUNALI A RISCHIO
Lì, dove tutto nacque. Perché nel 2017 fu un risultato storico la vittoria di Marco Marsilio in una Regione che è sempre stata un «latifondo bianco» Insomma, Regione «Sorella d’Italia», strettamente imparentata al partito romano. Un simbolo. Lì non si era mai vista una tale parata di ministri, una dozzina in tutto, a pochi giorni dal voto, sfavillante conferma, che vale più di qualunque sondaggio, di un’ansia elettorale crescente. Una roba a metà tra una televendita di Giorgio Mastrota e il recupero della tradizione di zio Remo (Gaspari), paradigma di un clientelismo meno truculento rispetto ad Antonio Gava, ma altrettanto impattante sulle casse dello Stato.
Con un timing perfetto e sospetto rispetto alla data del voto, è stata rifinanziata anche la famosa ferrovia Roma-Pescara, cancellata mesi fa dal Pnrr con un tratto di penna, anche se c’è il trucco: il raddoppio del binario è fermo al piano di fattibilità e la tranche di denari arriverà da progetti che il governo ha dimenticato di indicare. Pure un nuovo casello autostradale a Montorio al Vomano ha annunciato ieri Matteo Salvini, pressoché trasferitosi in Abruzzo.
Ovunque promette “miliardi di infrastrutture”, perché sa che si gioca la ghirba e, se non prende almeno il 6 per cento, la fa giocare a tutta l’allegra compagnia. Il ministro della Sanità Orazio Schillaci è andato a siglare un protocollo da 60 milioni per l’ospedale di Chieti, il viceministro Paolo Sisto ad assicurare il salvataggio dei tribunali a rischio, Daniela Santanchè, ca va san dire, il turismo delle meraviglie. E così via, venghino signori venghino
E’ evidente quale sia la posta in gioco, se hai governato per cinque anni e devi ricorrere a questi mezzi perché non sei nelle condizioni di dire «proseguiremo nel lavoro svolto», in quanto su quello ti bocciano. La sconfitta in Sardegna è stata un errore «soggettivo», legato a una sindrome di onnipotenza e alla scelta (sbagliata) di un candidato. La sconfitta in Abruzzo rappresenterebbe una bocciatura «oggettiva» del melonismo praticato a livello regionale.
Che sul melonismo nazionale, dopo la Sardegna, darebbe l’idea di una «china» intrapresa, destinata ad amplificare la fine del momento magico e a squadernare il tema della classe dirigente, sempre scelta con i criteri di fedeltà più che di competenza. Insomma, lei ha tutto da perdere e stavolta non le basta vincere, ma deve anche convincere: la vittoria la metterebbe a riparo dal processo, ma se è di misura non la mette a riparo da dubbi e scricchiolii nella sua coalizione. Gli altri, invece, hanno tutto da guadagnare. Chi l’avrebbe mai detto. Lì dove tutto è iniziato.
(da la Stampa)
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