PERCHE’ I SONDAGGI ATTUALI POTREBBERO ESSERE STRAVOLTI ALLE URNE
PER VINCERE OCCORRE SFRUTTARE AL MEGLIO LA LEGGE ELETTORALE
Una nuova elettorale richiede e mette in opera processi di apprendimento e di adattamento. L’attuale legge elettorale è appena alla sua seconda utilizzazione ed è pertanto un infante.
Non meraviglia perciò che non sia stata ancora ben compresa dagli elettori e quel che è più grave dai leader e dai dirigenti politici al fine di essere sfruttata al meglio. Le caratteristiche salienti della legge elettorale sono la sua natura mista maggioritaria-proporzionale e l’inscindibilità che esiste nel doppio voto.
I tre quinti dei seggi vengono assegnati nel collegio uninominale, ovvero la parte maggioritaria, al candidato che prende anche un solo voto in più rispetto agli avversari.
I cinque ottavi sono assegnati in collegi plurinominali in modo proporzionale.
Il vincolo tra le due parti che abbiamo indicato è certamente la parte più caratteristica della legge ai fini di una riflessione di carattere generale sulle candidature.
Pone un dilemma non da poco all’elettore, ovvero come approcciarsi alla scheda: guardando al collegio uninominale oppure al listino bloccato di partito della parte proporzionale? È un dilemma strettamente personale che ognuno scioglie a proprio modo facendo prevalere una valutazione o l’altra (è importante aggiungere: spesso potenzialmente contraddittorie), ma una volta decisa la priorità ne deriva fatalmente – pena nullità del voto – la necessità di esprimere un voto coerente con il primo.
Si tratta di una virtualità che può scompaginare anche appartenenze consolidate e facili convinzioni.
Da questa premessa derivano tre considerazioni.
La prima è che manca ancora un’esperienza consolidata su come si orientino gli elettori, a differenza di esempio che in Germania dove pure esiste un sistema misto (e, sia detto per inciso, gli elettori interpretano in modo sistematicamente erroneo il reale funzionamento del sistema, a riprova di quanto siano complicati i processi di apprendimento e quanto contino i bias cognitivi). In altre parole, i risultati elettorali sono sottoposti a una grande alea che poco c’entra con i sondaggi che leggiamo.
Ciò porta la seconda considerazione. Le rilevazioni note sono formulate sulle preferenze di partito e dunque sulla sola parte proporzionale. Forse solo in questi giorni vi sono (pochi) studi sui collegi con candidati potenziali. Ebbene, come si è detto non vi è affatto certezza che l’elettore si approccerà alla scheda dando rilievo preminente alla parte proporzionale.
Certamente ciò è avvenuto nel 2018, quando però un enorme voto di protesta rese del tutto irrilevanti i nomi dei candidati nei collegi uninominali, facendo prevalere sconosciuti e perfino candidato che non fecero campagna elettorale. Ma oggi? Esiste davvero la polarizzazione com quattro poli? E quanto peserà?
Con ciò si viene alla terza considerazione. Chi vuole sfruttare al meglio l’attuale sistema elettorale deve avere grande cura delle personalità che presenta nei collegi, proprio perché c’è una grandissima alea sul modo in cui l’elettore si approccerà alla scheda, ed in particolare non è noto quanto l’attrattività dei candidati possa pesare nella sua scelta di voto.
Va da sé che nella parte proporzionale i partiti debbano mettere cura nei programmi e nell’identità dell’offerta politica. Ma tale identità e la credibilità dei programmi passa anche attraverso la forza dei candidati impegnati nel collegio uninominale, i quali anzi sono per definizione un valore aggiunto (potenziale): offrono all’elettore una indicazione in più, possono spostare voto che altrimenti sarebbero espresso in altro modo.
Se così fosse, per concludere, i sondaggi attuali potrebbero uscire letteralmente stravolti a vantaggio della migliore offerta politica nell’uninominale. Ma in ogni caso i partiti dovrebbero comportarsi modo molto diverso da come stanno facendo nella composizione delle liste.
I grandi partiti, che hanno molti uscenti o ampi gruppi dirigenti, si stanno orientando nel senso della non ripetizione dei nomi tra la parte proporzionale e parte maggioritaria. Ma si tratta di un grave errore, che può costare molto seggi.
Questo sistema elettorale richiede che i partiti scelgano la classe dirigente che si intende eleggere piuttosto che dare un contentino a tutti peggiorando il risultato finale. Come? Nei collegi uninominali andrebbero candidate persone molto attrattive per i territori o comunque note e stimate dall’opinione pubblica.
Se poi ci fosse la volontà da parte del partito di una loro elezione il nome andrebbe riproposto anche nella parte proporzionale in una posiziobe tale da garantirne ragionevolmente in ogni caso l’elezione. Tra l’altro se queste personalità vincessero il collegio entrerebbero, per previsione di legge con questo canale in parlamento, e non con la proporzionale, dove si realizzerebbe uno scorrimento al nome successivo.
Da qui il doppio vantaggio di fare accurate scelte per i collegi. Pertanto meno nomi, altamente credibili (nei collegi) e un miglior coordinamento tra parte proporzionale e maggioritaria sembra il miglior modo per sfruttare le virtualità dell’attuale legge elettorale.
Ecco perché il dibattito sulle candidature “di servizio” che impazza sui social e sui giornali è, almeno per qualche aspetto, fuori fuoco. Per non dire delle esercitazioni con cui i sondaggisti hanno ribaltato i “sentiment” attuali della parte proporzionale sui collegi senza conoscere i nomi in competizione
(da Huffingtonpost)
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