PRIMA CONDANNA PER LA STRAGE DI CUTRO, LA SORELLA DI UNA VITTIMA: “PAGHI ANCHE CHI NON HA SOCCORSO”
“HANNO PROMESSO RICONGIUNGIMENTI FAMILIARI, IL GOVERNO CI HA PRESO IN GIRO”… “NON CI SONO CANALI LEGALI E SICURI”
“Se lui è uno di quelli che ha fatto salire 200 persone su una barca su cui potevano starcene settanta, allora la condanna è giusta. Ma i corpi dei nostri cari non potranno riposare in pace finché a rispondere non saranno anche i responsabili dei mancati soccorsi”. Afghana, per anni fuggita in Iran dalla furia dei talebani prima di riuscire a riparare in Europa, Zahra Barati parla dalla Finlandia, ma una parte di lei non è mai andata via dalla spiaggia di Steccato di Cutro, dove il corpo del fratello Sajad– 23 anni appena – si è arenato quasi due settimane dopo il naufragio. “Se non fossi stata lì ogni giorno a chiedere di continuare le ricerche non so se sarebbe mai stato trovato”.
Due giorni fa, per quel caicco che si è spezzato a pochi metri dalla riva, portando con sé quasi 200 persone, di cui solo 81 sono sopravvissute, è arrivata la prima condanna. Gun Ufuk, meccanico dell’equipaggio, perseguitato politico in Turchia che – ha raccontato in aula – con quell’impiego si sarebbe pagato la traversata, a dispetto del rito abbreviato che assicura lo sconto di un terzo della pena è stato punito con vent’anni di carcere. Ma per Zahra “non ci sarà giustizia piena finché non verranno giudicati anche coloro che potevano soccorrere tutte quelle persone e non sono mai intervenuti”.
È dolore, interrogativo, cruccio che la scava dentro da quasi un anno. “L’Italia si definisce un Paese civile, che rispetta i diritti umani. E allora perché quelle persone sono state lasciate sole? Sapevano che erano lì. È stata la mancanza di soccorsi a ucciderli”, chiede da lontano, con il video che rimanda l’immagine di un viso tondo, invecchiato prima del tempo “ da un’angoscia che non va mai via”. Chi parte, spiega, sa che il viaggio è pericoloso, ma non ha alternativa. “L’Italia, i Paesi europei sanno perfettamente cosa succeda in Afghanistan o in Iran. Dovrebbero facilitare vie legali d’accesso, i ricongiungimenti familiari”. Molti ne avrebbero avuto pieno diritto, ma a un uomo che ha perso la moglie è stato negato più volte prima che lei salisse su quella carretta diventata una bara. E anche Zahra, sulla sua pelle ha sperimentato quanto sia difficile: ha atteso sei anni prima di poter raggiungere il marito in Finlandia. “Se lo facessero queste tragedie non ci sarebbero più. Sono loro a obbligarci a salire su quelle barche”.
Dopo il naufragio, nell’incontro organizzato a Roma con i familiari ignorati durante la visita a Cutro – che la premier e tutto il suo governo hanno raggiunto per un consiglio dei ministri straordinario e lasciato senza neanche omaggiare le salme allineate al Palamilone, come fatto invece dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella -Giorgia Meloni “ci ha fatto intendere che l’Europa non vuole migranti, allora loro sono obbligati a scoraggiare gli arrivi”. La politica della deterrenza al prezzo di migliaia di vite.
In quell’incontro, “una truffa, un gioco politico” dice Zahra, Meloni ha promesso. “Ma ci hanno preso in giro”.Ai familiari a lutto, il governo aveva assicurato “supporto per i ricongiungimenti familiari, che ci avrebbero aiutato a portare in Italia e in Europa i nostri cari rimasti indietro. Hanno voluto sapere i nomi, poi non ci hanno più neanche contattato”. È ulteriore motivo di angoscia e dolore per lei, che in Iran ha genitori anziani e due sorelle piccole. Il fratello era partito per provare ad aiutarli, lavorare e studiare perché potessero finalmente lasciare il Paese.
Scajad oltivava un sogno comune a ragazzi di Paesi e generazioni diverse, quel pallone che aveva dovuto lasciare perché un afghano che gioca a calcio nella terra dei pasdaran non è ben visto. “Il suo allenatore mi diceva: ‘E’ un campione’”. Lui sognava la Spagna e le squadre di lì, ma qualsiasi Paese gli sarebbe andato bene pur di avere la possibilità di ricominciare”.Sogni finiti sul fondo del mare, mentre la famiglia affronta un quotidiano naufragio in Iran.
“Faccio un appello a tutti perché mi aiutino a portarli via da lì. Come me aspettano i sopravvissuti al naufragio e i familiari delle altre vittime. Com’è possibile che una premier prometta una cosa del genere e non la mantenga?”. Non ha intenzione di arrendersi Zahra. “Combatterò”. Per i suoi, per tutti gli altri. “La mia voce è la loro, anche per questo sarò a Cutro”. Anche se quella spiaggia, con il mare che sputava vestiti e corpi e i familiari in processione come in un sacrario, è incubo ricorrente. Anche se il momento in cui ha dovuto riconoscere il corpo del fratello è shock che non si cancella. “Sarò lì – promette – per non permettere a nessuno di non ricordare”. Governo incluso.
(da Fanpage)
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