RAFFAELE CUTOLO DAL CARCERE: “SE ESCO E PARLO, CROLLA IL PARLAMENTO”
DON RAFFAE’ RINCHIUSO A PARMA: “IO, SEPOLTO VIVO IN CELLA”
“Io, sepolto vivo in cella. Se esco e parlo, crolla il Parlamento”.
A parlare è “don Raffaè” oppure “o professore”, al secolo Raffaele Cutolo, 74 anni, ex potentissimo numero uno della Camorra, detenuto in base al 41bis a Parma, tredicesimo carcere della sua vita, tredici come gli ergastoli che deve scontare.
“Se parlo ballano le scrivanie di mezzo Parlamento” afferma Cutolo, secondo quanto riporta oggi la Repubblica, spiegando che “molti di quelli che stanno adesso ce li hanno messi quelli di allora venivano a pregarmi”.
Cutolo è uno dei criminali più efferati della storia della Repubblica.
Ormai una sorta di fantasma, a poterlo vedere in carcere sono solo la moglie Immacolata Iacone, la figlia Denise e l’avvocato Gaetano Aufiero.
“Non vedo nessuno e nessuno mi vede. Soltanto mia moglie e mia figlia, un’ora ogni due mesi”.
La figlia,7 anni, è nata con l’inseminazione artificiale, “l’unica concessione che ho avuto dallo Stato”.
Sono loro a far trapelare le sue parole. “Al mio difensore ho chiesto di non venire più. Non ho più carichi pendenti, il mio saldo con la giustizia è in pari. E il 41 bis ho smesso di impugnarlo, tanto è inutile” spiega il camorrista.
“Mi hanno usato e gonfiato il petto, da Cirillo a Moro che, a differenza del primo, hanno voluto morto e infatti mi ordinano di non intervenire. Poi mi hanno tumulato vivo. Sanno che se parlo cade lo Stato” prosegue Cutolo dal supercarcere che ospita anche Totò Riina, Leoluca Bagarella, il “Nero” Massimo Carminati.
“Ma anche un albero che non dà più frutti serve sempre. Lo lasci lì l’albero secco, può fare legna”.
Se lo contendevano negli anni d’oro Cutolo, quando sempre dal carcere, a cavallo tra 70 e 80 guidava il suo esercito di 7 mila affiliati nella guerra sanguinaria (persa) contro la Nuova Famiglia.
E anche dopo, nell’81. Mezza Dc gli chiede di far liberare l’assessore regionale napoletano all’edilizia Ciro Cirillo, uomo di Antonio Gava sequestrato dalle Br.
Sulla trattativa tra servizi segreti, Cutolo e brigatisti – accertata nel ’93 da un’ordinanza del giudice istruttore Carlo Alemi – l’ex boss ha detto e non detto. “È stata la prima trattativa Stato-mafia. Forse anche la mia vera condanna”.
Ricorda i politici del passato. “Ho ammirato Andreotti. Testimoniai per lui al processo Pecorelli. Nemmeno un grazie”.
E Silvio Berlusconi, “l’ultimo che ho stimato”. Ma per il resto i politici sono “tutti parolai”.
Racconta il carcere duro. “Salto anche l’ora d’aria. Se per respirare un’ora devo farmi perquisire e sottopormi a controlli umilianti, preferisco stare in cella. Allo Stato servo così. Pensano sia ancora legato alla Camorra. Ma quale Camorra?”.
In cella ha le foto di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, quella di sua madre e una con moglie e figlia. “Ho una telecamera puntata sul gabinetto. Non posso avere in cella più di tre paia di calzini e mutande. Vorrei mi spiegassero il senso”.
Ed infine dice: “Mi sono pentito davanti a Dio, ma non davanti agli uomini. Cutolo è morto, resuscita per un’ora quando viene sua figlia e gli dà una carezza”.
(da “Huffingtonpost”)
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