“REGOLARIZZARE A TEMPO I MIGRANTI E’ COME TRATTARLI DA SCHIAVI”: LA RABBIA DI SAN FERDINANDO
IL SINDACO: “E’ INUTILE CHE A ROMA RIVESTANO A QUESTI PROVVEDIMENTI I PANNI DI NOBILTA’, E’ COME DIRE CHE SERVITE PER IL RACCOLTO MA POI TOGLIETE IL DISTURBO”
“Le condizioni di vita dei migranti, costretti a vivere nella marginalità , sono una bestemmia nei confronti dell’uomo”.
Andrea Tripodi, il sindaco di San Ferdinando, in Calabria, è molto amareggiato per le notizie che arrivano da Roma, dove si sta negoziando dentro il Governo sul tema della regolarizzazione dei migranti.
Il compromesso fra Italia Viva che propone e M5S che frena è la regolarizzazione temporanea dei migranti, che secondo il sindaco è solo un modo di alimentare lo sfruttamento dei migranti, un compromesso che non serve a niente.
“È inutile che loro rivestano a questi provvedimenti i panni della nobiltà – dice Tripodi all’Huffpost – Lo capisce chiunque che nasce soltanto dalle esigenze di affrontare un momento di emergenza per non lasciare i prodotti per terra. Ma subito dopo devono andarsene e togliere il disturbo: è questo il concetto”.
L’ennesima non soluzione, specialmente se non verrà previsto nessun rinnovo dei permessi.
La tendopoli della sua città è ormai tristemente nota. E, nonostante tutto, è un presidio più sicuro rispetto agli insediamenti informali al di fuori: c’è l’acqua calda, associazioni e sindacati assicurano le visite mediche, l’aiuto per le pratiche burocratiche e il rifornimento di materiale sanitario.
“Dalla rivolta del 2010 quando i lavoratori africani, impiegati nelle terre della Piana di Gioia Tauro, scesero in piazza contro lo sfruttamento e la negazione dei diritti, le uniche forme di accoglienza esistenti per questi lavoratori, soluzioni temporanee che sarebbero dovute servire solo a tamponare l’emergenza subito dopo la rivolta, sono, ancora oggi, il campo container nel comune di Rosarno, (circa 200 lavoratori), con gravi carenze strutturali e senza alcuna gestione, e la nuova tendopoli situata nella seconda zona industriale di San Ferdinando”.
Spiega ad HuffPost Celeste Logiacco, Segretario Generale della Cgil nella Piana di Gioia Tauro con delega all’immigrazione a livello regionale, che lavora spesso all’interno della tendopoli per fornire assistenza ai residenti: “Già a partire dal 2015, oltre ad occupare la tendopoli e il campo container, continuano ad essere occupati da centinaia di lavoratori, maggiormente vulnerabili, spesso invisibili e ricattabili perchè privi del permesso di soggiorno, baracche, case fatiscenti e i numerosi casolari dismessi e diroccati senza luce, senza servizi igienici, senza riscaldamento, senza acqua, presenti nelle campagne del territorio (Rosarno, Rizziconi, Taurianova, San Ferdinando)”.
A marzo 2019, un secondo abbattimento della baraccopoli ha contribuito a rimodulare le presenze nella tendopoli: “Molti sono andati via per riuscire a trovarsi altri lavori, altri si sono integrati nei paesi vicini. Sono rimasti quelli più deprivati, che magari hanno dei profili professionali bassi, che non sanno riciclarsi in ambienti diversi da quelli agricoli”, continua il sindaco.
Secondo Tripodi, “sono da regolarizzare questi all’interno più gli altri delle contrade, negli insediamenti informali. Dovrebbero essere 600-700, più un numero imprecisato che riguarda Rosarno, cioè 1.500 circa. È una popolazione anche fluttuante, è difficile oggettivamente dare numeri precisi”. Infatti, stima Celeste Logiacco, “durante i mesi invernali della raccolta agrumicola e olivicola ruotano circa 3000 – 3500 lavoratori africani. Regolarizzare vuol dire migliorare le condizioni di tutti i lavoratori. Chi oggi è senza permesso è ricattabile e costretto a lavorare per pochi euro l’ora in condizioni disumane. Avere un documento vuol dire rivendicare un contratto di lavoro e un salario contrattuale”.
“Vogliono regolarizzarli per un mese per poi togliere il disturbo. Ma anche la stessa Bellanova che non sostiene con forza una regolarizzazione tout court non deve cedere alle pretese di costoro”, ci spiega il sindaco.
In particolare, si scaglia contro il Movimento 5 Stelle, che hanno proposto la regolarizzazione per un mese: “ Tutto questo sembra che sia un discorso lontano, distante dagli interessi di quelli che si muovono seguendo i sondaggi. Gran parte dei 5stelle sono contrari perchè quello non è un partito, è un insieme di cascami di rappresentazioni della società . Seguono le tendenze per non essere sorpassati chi a destra e chi a sinistra”
In tutto questo, ci sta l’emergenza coronavirus, che ha solo sfiorato la comunità . “Siamo stati fortunati che non ci sono stati casi positivi. Non perchè si sia potuto fare niente di più se non una attenzione diversa per quanto riguarda l’igiene, abbiamo fatto interventi di igienizzazione, sanificazione e distribuzione dell’igienizzante”. Della stessa linea è la Logiacco: “I tanti ghetti e accampamenti di fortuna sorti nel nostro Paese rischiano di diventare enormi focolai”
La mancanza di lavoro, dovuta alle misure di lockdown, “ha creato una paralisi produttiva, i ragazzi non lavorano, molti di loro sono ridotti alla fame”. E tutto ciò non fa che inasprire ancora di più le condizioni e l’umore di chi vive in questi insediamenti. Lo scorso 1 aprile la notizia falsa di una possibile redistribuzione agli abitanti della tendopoli di un milione di euro — che erano stati destinati per la gestione dell’emergenza — ha creato delle tensioni. A contrada Russo, un ghetto di Taurianova, un ragazzo maliano, Amadou, è morto, “aggredito da un altro abitante del ghetto. Questo l’ennesimo dramma, l’ennesima vita spezzata, vittima dalla violenza scaturita da una quotidianità impossibile”, ci racconta Logiacco.
Tripodi non si sorprende degli episodi di violenza: “Sembra che nessuno abbia imparato nulla, anche i partiti, che dovrebbero razionalizzare i fatti che avvengono all’interno delle nostre comunità . Si continua a mantenere questi ragazzi nelle tende, dove la mancanza di prospettive non fa altro che aumentare la frustrazione. Qui dovrebbe intervenire l’intelligenza della politica, utilizzare questo patrimonio di umanità e abilità , anche professionali, per metterli al servizio della crescita”.
Nemmeno la nostra storia, in fondo, ci ha insegnato niente: “terra di Xenia, è una storia plurale. I nostri cognomi sono di origine greca, araba, ebraica… Noi per primi abbiamo respirato questa necessità ”. Una regolarizzazione vera, permanente, che porti all’integrazione “è il minimo che un paese civile deve a questi ragazzi”.
(da “Huffingtonpost”)
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