RENZI CI HA PROVATO: “IL SALVA-BERLUSCONI L’HO FATTO IO, MA ORA LO BLOCCO”
MA I SUOI ACCUSANO IL VICEMINISTRO DEL TESORO: IL REGALO A SILVIO SCARICATO SU CASERO… FORZA ITALIA CI RESTA MALE
Si cambia verso: “Ci fermiamo”.
Matteo Renzi torna sui suoi passi e blocca l’incredibile norma che avrebbe riabilitato Silvio Berlusconi.
Un cavillo infilato nel decreto di Natale (e bocciato dal Tesoro), rivelato dal Fatto : quello che cancella i reati di evasione e frode fiscale se le tasse sottratte al fisco sono inferiori al 3 per cento del reddito dichiarato.
Come primo effetto l’ex Cavaliere avrebbe potuto chiedere la revoca della sentenza di condanna per frode fiscale nel processo Mediaset, quella che lo ha fatto decadere da senatore per la legge Severino, cancellando così anche la pena accessoria e l’interdizione che gli avrebbe impedito la ricandidatura fino al 2018.
Andiamo con ordine.
Dopo una mattinata di polemiche feroci, il premier decide di non trasmettere alle Camere il testo (attuativo della delega fiscale) approvato il 24 dicembre scorso, e modificato all’ultimo da Palazzo Chigi.
“Se è così (se salva Berlusconi, ndr) ci fermiamo. Non facciamo norme ad personam”, spiega al Tg5: “Non c’è inciucio. Ne riparleremo dopo l’elezione del Quirinale, quando Berlusconi avrà completato i servi sociali”.
Tutto per fugare i dubbi sulla curiosa tempistica (a poche settimane dal voto su Colle e Italicum) di una norma che non compariva nel testo elaborato dal Tesoro, e rimasto tale fino all’ultimo giro di boa, quello che precede il Consiglio dei ministri.
Le polemiche sono scattate subito. “Mi tirano sempre in mezzo”, confessa Berlusconi ai suoi. Il Movimento 5 Stelle, però, ci va giù duro: “È il regalo di Natale a Berlusconi, una delle cambiali del Nazareno”, spiega il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, membro del direttorio M5S.
“Il decreto si è scritto da solo”, ironizza Pippo Civati, voce della minoranza dem, che si fa sentire anche con Stefano Fassina: “Di — ca chi ha voluto la norma”.
Ed ecco il punto. Di chi è la manina che l’ha infilata?
Per tutta la giornata le veline di Palazzo Chigi fanno filtrare un nome: Luigi Casero, viceministro al Tesoro in quota Ncd.
“Uno che Renzi ascolta come pochi altri e che spesso fa anche partecipare al Cdm”, fanno sapere ambienti della Presidenza.
Uno che, di fatto, permette di scaricare la colpa sul ministero. Lui, Casero, non commenta — è in vacanza dal 19 dicembre (prima dell’approvazione del testo) — ma al momento opportuno si immolerà per evitare imbarazzi.
Ma c’è un però: la confessione dello stesso premier.
“La norma l’ho fatta inserire io, ma avevo ricevuto rassicurazioni tecniche da avvocati e magistrati”, confida Renzi al Fatto .
Tra i consulenti interpellati, però, c’è chi dice di non averla vista. Non sono i soli.
Dal Tesoro filtra il nervosismo per un pasticcio combinato all’insaputa degli uomini del ministro Pier Carlo Padoan.
Roberto Garofoli, lettiano capo di gabinetto del ministero, per dire, è furibondo. Preoccupazione anche ai vertici dell’Agenzia delle Entrate.
Sbalordito è invece il presidente emerito della Consulta Franco Gallo, a capo della commissione del Tesoro che ha elaborato il testo, quello senza modifica.
A colpire, però, è soprattutto la tempistica. La norma del 3%,infatti, non è spuntata nel pre-consiglio, la riunione che di norma prepara e vaglia i testi che passano al Consiglio dei ministri, e a cui avrebbero partecipato —come da prassi —anche uomini del Tesoro.
La modifica è stata invece inserita nel lasso di tempo che ha preceduto il cdm, con l’avallo del dipartimento affari giuridici della Presidenza, guidato dalla renziana Antonella Manzione, ex capo dei vigili urbani di Firenze.
Il vertice legislativo di Palazzo Chigi risponde solo a due personeil premier e il suo uomo ombra, il sottosegretario Luca Lotti. In conferenza stampa, poi, il siparietto: il premier chiede di distribuire il testo ai giornalisti ma gli dicono che non c’è.
“Ma la so a memoria, abbiamo letto gli articoli uno per uno”, assicura.
Tempistica si diceva. Ecco il secondo punto.
Il 7 gennaio l’Italicum arriverà in aula al Senato. Non è un mistero che Renzi prema per un’approvazione prima del round sul Colle, che inizierà a fine del mese.
Ma la campana di vetro che protegge il passo di marcia delle riforme, il patto del Nazareno, scricchiola.
Berlusconi è in affanno, la fronda interna di Raffaele Fitto vuole far saltare tutto. La norma, così, risolve diversi problemi.
È il “segnale” promesso nei giorni scorsi da Denis Verdini — il garante per Arcore del patto — all’ex Cavaliere: la tanto evocata “agibilità politica”.
Messaggio ricevuto. Se va male, pazienza.
Così è stato. “Ogni alibi è buono per attaccare il patto”, ha tuonato ieri la berlusconiana Daniela Santanchè.
Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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