RENZI, IL RAGAZZACCIO CHE PIACE A PRODI E AL POPOLO DELLE FESTE
IL SINDACO DI FIRENZE E’ RIUSCITO A FAR BRECCIA NEI CUORI DEI MILITANTI DEL PD NELLE ROCCAFORTI EMILIANE… MA IL 13 A VERONA L’ASPETTA LA PROVA DEL FUOCO
Al ragazzaccio, come lo chiama lo storico Franco Cardini, non garbano i consigli: fai questo, fai quello.
Matteo Renzi fa sempre di testa sua.
Per questo motivo al sindaco di Firenze deve esser costato un po’, ai primi di luglio, telefonare a Romano Prodi e chiedergli: «Professore, ci vediamo? Vorrei chiederti…».
Di quella chiacchierata, consumata nella casa di Romano e Flavia Prodi al 7 di via Gerusalemme, nulla si è saputo.
Ma Prodi racconta di essere rimasto ben impressionato dall’«intelligenza» del sindaco di Firenze, dalla «qualità delle sue domande», dalla sua velocità di ragionamento, dal suo coraggio, dal suo profilo da outsider.
E anche se Prodi resterà neutralissimo nella campagna delle Primarie (anche perchè «a Bersani voglio bene»), quell’incontro bolognese di metà estate ha lasciato il segno: ogni tanto Renzi si fa vivo, chiede consigli e il Professore non si tira indietro.
Pensare che, otto anni fa, la prima volta che lo vide, Prodi disse a Renzi: «Ma sei proprio un bambino!».
Un rapporto di simpatia, quello col Professore, che a sei giorni dalla partenza da Verona del camper di Renzi, va al cuore di una dei due grandi enigmi irrisolti che circondano l’inizio della sfida: il sindaco ha lo spessore e il “pensatoio” adeguati per candidarsi alla guida del Paese?
Lo standing, ecco il rovello incoffessabile di Renzi.
Due mesi fa il fondatore di “Repubblica” Eugenio Scalfari, commentando un successo internazionale di Mario Monti, velenosamente scrisse: «Forse le cose sarebbero andate ancora meglio se a Bruxelles fosse andato Matteo Renzi».
Raccontano che lui se la prese e restò due giorni di cattivo umore.
E d’altra parte una certa idiosincrasia a circondarsi di teste pensanti è sempre stato un suo problema.
Ogni tanto litiga e rompe con personaggi dotati di personalità : è accaduto con l’economista Luigi Zingales (che un anno fa era alla “Leopolda”), con l’ex magistrato Pier Luigi Vigna, con diversi assessori della sua giunta, ma anche con l’ex manager Mediaset Giorgio Gori, che da possibile “numero due” è stato ridimensionato a responsabile della Comunicazione e degli eventi.
Dice il deputato pd Mario Adinolfi, che conosce Renzi da anni: «Matteo può vincere le Primarie, ma la ritrosia a circondarsi di consiglieri importanti è un limite, speriamo che lo superi». Per ora le teste d’uovo che lo circondano sono due, l’ex enfant prodige Giuliano Da Empoli, assessore (alla Cultura) della giunta Renzi e Francesco Clementi, costituzionalista dell’Università di Perugia.
Basteranno per aiutare il sindaco nell’accedere al carattere complesso della realtà ?
La prima risposta giovedì 13: nel discorso di Verona, Renzi è chiamato a spiegare l’Italia di Renzi, piuttosto che continuare nella campagna anti-casta.
E soprattutto: lancerà alcune idee-forza fuori dai meanstram conosciuti?
Il sindaco conosce a memoria le regole auree della comunicazione e dunque non fa anticipazioni sul discorso di Verona.
Ma si avvicina al trampolino di lancio – e qui affiora la sorpresa – da un’altezza più alta del previsto: l’accoglienza ricevuta alle Feste Pd delle regioni rosse, è stata superiore ad ogni attesa. Un autentico sfondamento.
Applausi caldi e posti in piedi alla Festa nazionale di Reggio Emilia e in città rossissime come Livorno e Ravenna; vittorie fuori casa come a Ferrara, nel dibattito con l’”enfant du pays” Dario Franceschini; e anche autentici eventi, come a Forlì, dove sotto una pioggia scrosciante, «tanta gente non si vedeva da 10 anni», ammettono al partito.
Certo, quando Renzi gira e va nelle cucine, puntualmente spuntano le battute: «Hai sbagliato ad andare ad Arcore».
Ma chi per scelta, appalude e dalle parti di Bersani cominciano a preoccuparsi, come confida uno degli uomini più vicini al segretario: «Nella seconda fascia dei quadri di partito e degli amministratori, c’è tantissima gente che non aspetta altro che potersi contare localmente. Renzi non li ha neppure cercati e loro sono già pronti».
Ora, per provare a sfondare, il sindaco proporrà la diversità che meglio di altri ha capito Sergio Staino, e spiegato a David Allegranti nel libro “Matteo Renzi”: «I dirigenti di sinistra sono fumosi., mai mai prendersi una responsabilità », quel che piace in Renzi è sapersi mettere in gioco.
Fabio Martini
(da “La Stampa“)
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