SCAJOLA ALZA IL TIRO: “IL PDL E’ LONTANO DALLA GENTE”
ULTIMATUM A BERLUSCONI: SE COSTRETTI, FAREMO GRUPPI PARLAMENTARI AUTONOMI…NELLA GUERRA APERTA CON VERDINI, SONO 35 I PARLAMENTARI DISPOSTI A SEGUIRE L’EX MINISTRO
È quasi un ultimatum quello che Claudio Scajola, all’indomani dell’incontro ad Arcore con il premier, affida a un post sul sito della sua fondazione Cristoforo Colombo.
E, proprio come il navigatore genovese, anche l’ex ministro minaccia di lasciare i lidi del Pdl per creare un gruppo autonomo.
Con lui si sono schierati 35 parlamentari, con nomi anche di peso: Antonio Martino, Mario Baccini, Massimo Maria Berruti, Ignazio Abrignani.
Oltre a decine di peones che ormai – con l’arrivo dei Responsabili e il rientro di molti ex finiani – hanno capito che non saranno ricandidati in posizioni sicure e non hanno più niente da perdere.
«Se abbiamo pensato ai gruppi parlamentari “Azzurri per la Libertà ” – spiega Scajola – è stato solo per manifestare un sentimento troppo spesso inascoltato. Giungeremo a questo solo se, con la condivisione di Berlusconi, non ci sarà altro modo per riuscirci. Se esistono altre strade, naturalmente, siamo ben lieti di seguirle».
Evidente lo scetticismo sull’esistenza di «altre strade» per evitare la scissione.
In ogni caso Berlusconi – in un faccia a faccia definito dallo stesso Scajola «franco» – ha chiesto tempo per risolvere la grana e ci sarà un nuovo incontro tra i due domani pomeriggio.
L’atto d’accusa di Scajola investe Denis Verdini, uno dei tre coordinatori, a cui Berlusconi s’è affidato per la sopravvivenza della sua maggioranza. Senza mai nominarlo direttamente, Scajola critica la gestione verdiniana di via dell’Umiltà e pretende un posto (quello di Bondi) nella plancia di comando del Pdl.
Un partito, attacca, che «non è diventato uno strumento organizzato funzionante. Doveva essere il partito della gente, della nostra gente. Troppo spesso non lo è».
Gli ex Forza Italia sarebbero schiacciati rispetto agli ex An, tutelati invece da La Russa e Gasparri: «La componente che viene da Alleanza Nazionale è rimasta una realtà quasi distinta rispetto a Forza Italia. Sempre leale a Berlusconi, ha saputo mantenere intatta e forte la sua originaria identità . Diverso è stato per noi: il glorioso passato di un partito forte come Forza Italia sembra andare perdendosi».
Critiche a cui Verdini non replica, ma che suscitano piccate precisazioni da parte dei suoi uomini.
Perchè i candidati alle prossime amministrative darebbero una netta prevalenza a Forza Italia su An, ben oltre le quote 70-30 stabilite alla fondazione del Pdl, smentendo quindi le critiche del politico di Imperia.
Inoltre su Scajola, fanno notare con perfidia, pesa ancora la vicenda mai chiarita della casa al Colosseo: «I giudici potranno pure archiviare la sua posizione, ma i nostri elettori non se la dimenticano».
L’ex ministro non compare nella lista dei 22 personaggi su cui i pm di Perugia chiedono il rinvio a giudizio.
E la decisione in merito del Gip è attesa tra una decina di giorni, dopo di che Scajola sarebbe ufficialmente fuori dall’inchiesta.
Sicuro di esserne uscito «pulito», l’ex ministro pretende che gli venga restituito il titolo e l’onore perduto.
In realtà dall’entourage del Cavaliere filtra una grande irritazione per questa ennesima querelle scoppiata nel Pdl.
Berlusconi sarebbe infuriato, ma anche indeciso sul da farsi.
Stava pensando di affidare a Scajola il coordinamento delle candidature alle amministrative, ma questa minaccia di scissione rende tutto più difficile. Oltretutto, fino al voto della Camera sul conflitto d’attribuzione sul caso Ruby, il premier deve tenere tutto fermo per evitare trabocchetti: niente rimpasto e niente ritocchi al partito, quindi.
E non c’è solo il caso Scajola a terremotare la maggioranza.
Anche gli “hare krishna” (così nel Pdl chiamano i seguaci arancioni di Gianfranco Miccichè) ora minacciano la crisi di governo. ««Se il ministro Romani – ha avvertito Miccichè – non modificherà il provvedimento sulle energie rinnovabili, cambiandolo radicalmente, Forza del Sud ritirerà la fiducia al governo».
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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