SE IL PARTITO DI BERLUSCONI SI SCINDE, UNA PARTE FINIRÀ DRITTA TRA LE FAUCI DI RENZI, E LA MAGGIORANZA FINIREBBE AZZOPPATA
CON IL RISCHIO DI (RI)APRIRE LE PORTE A UN GOVERNO TECNICO, CHE NON È DETTO CHE SIA UN PROBLEMA PER IL CAV E PER LE SUE AZIENDE
Forza Italia è ormai una polveriera. E se esplode le conseguenze della deflagrazione colpiranno in primo luogo Giorgia Meloni. Il suo governo e la speranza di vararlo in tempi brevi. Facendo rimaterializzare uno spettro che sembrava svanito. E che ora, invece, sta tornando nelle analisi allarmate della destra italiana: l’esecutivo “tecnico” o comunque “non politico”.
Ecco la vera posta in palio nello scontro tra la “premier in pectore” e Silvio Berlusconi. Non si tratta solo di una guerra dettata da ragioni personali.
Nel piatto, adesso, c’è finito qualcosa di ben più consistente: la possibilità che il nuovo esecutivo nasca nei tempi prestabiliti e con uno orizzonte sufficientemente ampio. Senza la paura che un “novello Draghi” si affacci nel panorama dei partiti.
Il terrore che sta facendo largo in Via della Scrofa (la sede di Fratelli d’Italia e un tempo dell’Msi) è allora che se Forza Italia perdesse una quota di suoi parlamentari, una parte non potrebbe che finire tra le file di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Risultato: la maggioranza di Meloni sarebbe come minimo numericamente più debole.
Basterebbero cinque senatori per far precipitare le azioni meloniane. E soprattutto si irrobustirebbe il “partito” di chi vorrebbe riportare un “tecnico” a Palazzo Chigi. È questa la prima preoccupazione della presidente di Fratelli d’Italia. Che deve correre ai ripari sapendo che questi rischi non sono eventuali, ma concreti.
Le scosse tra i tre partiti hanno già archiviato l’idea di nominare nei posti- chiave “esterni” di grandissimo valore come Fabio Panetta, l’attuale membro del board della Bce. Ma una falsa partenza farebbe cadere ogni speranza. Quale “alto profilo” accetterebbe di far parte di una compagine già ammaccata da una catena di produzione inceppata
Certo anche Berlusconi ha bisogno di uscire dal cul de sac. Ma paradossalmente la sua esigenza è inferiore. A lui serve soprattutto che gli venga restituito il ruolo di “padre nobile” del centrodestra. Ha meno da perdere. Anche in termini aziendali.
Anzi, tra gli “amici di sempre” c’è anche chi gli suggerisce di spingere sull’acceleratore. Perché un governo più rispettato all’estero – come è stato quello di Draghi – rappresenta un ombrello protettivo più ampio rispetto a Mediaset. E rispetto alle scalate che Oltralpe vengono preparate contro il Biscione. Il sentiero della pace è ancora tortuoso. Nessuno, per ora, scommette su una immediata fumata bianca.
(da La Repubblica)
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