“SI APRE UN SOMMOVIMENTO GEOLOGICO DELLE IDEOLOGIE”: UN MANIFESTO PER L’ITALIA DI DOMANI
FUTURO E LIBERTA’ PREPARA IL “MANIFESTO” PER L’APPUNTAMENTO NAZIONALE DEL 6 NOVEMBRE A PERUGIA CHE DARA’ INIZIO ALLA SVOLTA… PUBBLICHIAMO UN CONTRIBUTO DELL’AMICO PEPPE NANNI: “UN PROGETTO INCLUSIVO AL DIVENIRE DELLA SOCIETA’, UN SALTO PER SOTTRARSI ALLA DIALETTICA DEL RANCORE: LA NECESSITA’ DI RAPPRESENTARE GLI INVISIBILI”
Il varco aperto con Futuro e Libertà è sicuramente – guardando oltre gli schemi del politichese – soprattutto un atto di politica generativa, una decisione perchè qualcosa avvenga.
Non c’è infatti politica senza un pensiero che anticipa e accompagna l’azione trasformatrice, non c’è politica senza un pensiero di rottura e slegamento dalle consuetudini.
È stato questo il lievito dell’incontro in cui trenta tra operatori culturali, docenti universitari e giornalisti hanno lavorato all’elaborazione di quello che provvisoriamente definiamo il “manifesto di ottobre”.
Siamo infatti convinti che nella fase in corso di “crisi” del quadro politico e ideologico si apre un varco per una svolta costituente per l’intero quadro. Contro il ricatto paralizzante di passate appartenenze, la vera politica – da sempre – si svolge infatti nel punto in cui si incontrano immaginazioni diverse che congiurano per un futuro preciso e anche esaltante.
Ottobre 2010: questo potrebbe diventare il tempo in cui uomini di diversa provenienza si sono sentiti chiamati a sottoscrivere un patto politico.
Non una retorica litania di valori ma un progetto per l’Italia contemporanea, una concreta costruzione fatta di rigore calcolante e impegno attivo: un’esatta passione, mobilitazione di energie intellettuali ed edificazione materiale di un nuovo paesaggio nazionale.
Il progetto politico, a differenza delle piccole ideologie strumentalmente destinate a difendere interessi asfittici, è sempre inclusivo, mobile, attento al divenire della società : si offre all’intero corpo dei cittadini, stimola l’attivismo, rifugge dall’esclusività dell’appartenenza, allarga sistematicamente il perimetro della partecipazione alle procedure di formazione della res publica.
Si apre davvero, in questa fase, un sommovimento geologico delle categorie: e se si riesce ad approfittare di questa accelerazione, della costruzione di una nuova linea di lettura che considera usurate le vecchie categorie, a partire da quelle ormai logore di destra e sinistra (e ovviamente di centro).
La difficoltà del passaggio è che, contemporaneamente, occorre un salto per sottrarsi alla dialettica del rancore, al ricatto delle precedenti contese, che sono tutte guerre civili, reducismo, faide, rendite di posizione.
Ma nel processo storico-politico i residui di identità cadaveriche mutano soltanto di segno e diventano elementi di mummificazione sistemica.
Se politica è non solo rappresentazione ma presentazione dei “senza parte” – come noi riteniamo – quindi dei molti che attualmente sono esclusi dalla sfera pubblica, non si tratta di avere soltanto il consenso di un elettorato già esistente, fissato una volta per tutte nella sua configurazione, ma di convocare e dare voce a uno strato di cittadinanza attiva che già esiste ed è disperso in forma molecolare ma che deve oggi raccogliersi e darsi forma.
Nel continuum plumbeo di una commedia a regia qualunquista, tesa di fatto a negare la politica, nella conseguente irrilevanza culturale e inefficienza politica di un bipartitismo malato, si apre un varco, per tutti i cittadini liberi, e per tutti gli individui pensanti, non vincolati da antiche appartenenze.
E prima che il ghiaccio si richiuda si può condensare una politica lunga e rendere di fatto “irreversibile” la formazione di un nuovo soggetto politico.
E prima che sui programmi, la rottura è comunque sul modello antropologico: la linea di frattura descrive un nuovo soggetto politico che, per il bene comune, fa partito perchè responsabilmente si fa parte distinguendosi per stile culturale e per etica pubblica.
E, paradossalmente solo attraverso il pensiero e l’immaginazione, le idee e il progetto, la politica può ritrovare il senso della realtà , ovvero raggiungere di nuovo una moltitudine afflitta da tempo da rassegnazione esistenziale e da un’epidemica depressione del “sentimento pubblico”.
Fondamentalismi e chiusure sempre più presenti o evocato nella drammatizzazione della politica sono in realtà prodotti della paura del nuovo, culture regressive che impediscono a una società complessa e multiculturale di attrezzarsi con regole che consentano sviluppo e coesione.
E con la paura non si fa grande politica, ci si rannicchia in un atteggiamento difensivo, incapace di governare le sfide del tempo.
Occcorre invece rappresentare gli “invisibili”, cioè riconoscere e rappresentare tutti i soggetti potenzialmente attivi e oggi confusi nella massa grigia dei non-votanti, così quanti non sono sensibili ai rilevamenti statistici: precari, giovani, immigrati, tutti i renitenti alla socialità politica.
E tra i ceti meno rappresentati ci sono anche le fasce pensanti della popolazione, in particolare quanti sono stati finora refrattari alla politica perchè politicamente più esigenti e quindi non corrisposti dalle logiche che in questi anni hanno monopolizzato la sfera pubblica.
Ritorno a una cittadinanza consapevole, nuovo patriottismo repubblicano, legalità , diritti civili e libertà politica: su questi e altri versanti lanciamo la sfida con il nostro “manifesto”.
Riteniamo che il momento sia quello giusto.
Peppe Nanni
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