SOTTO L’OMBRELLONE CON LO SPETTRO DELLA CRISI DI GOVERNO
RENZI TIRA DRITTO MA AD OGGI NON HA LA MAGGIORANZA
Uno spettro si aggira per i Palazzi.
E accompagnerà la torrida estate di Matteo Renzi che sabato, stando all’agenda, andrà in vacanza per tre settimane (con l’eccezione di un incontro all’Expo con Angela Merkel il 18 agosto).
Lo spettro della crisi di governo.
È più di una suggestione se più di un parlamentare che ha parlato col Colle racconta: “Mattarella partirà domenica, ma sta ‘studiando la situazione’.
La sensazione è che Renzi tirerà dritto senza mediare e che i numeri sono sul filo”. Ed è chiaro che andare sotto sulle riforme significherebbe che salta il governo.
Ecco: “Renzi rischia grosso” è la frase scivolata a margine del saluto di “buone vacanze” di qualche senatore del Pd, nello studio del presidente Grasso.
Per la prima volta, nell’era Renzi, nelle stanze che contano si discute dell’eventualità di una crisi. Perchè i numeri sono chiari, anche se il premier ostenta sicurezza: “I numeri — dice – ci sono e non sono mai mancati”.
Attorno al Senato elettivo, che smonta la sua riforma, avanza una maggioranza ampia. In grado di far saltare il tavolo.
Uno dei vietcong della minoranza Pd, Federico Fornaro, dice all’HuffPost: “Renzi, se vuole, ha di fronte a sè un’autostrada a quattro corsie: il Senato elettivo in una architettura costituzionale con la sola Camera che dà la fiducia. Se sceglie scorciatorie o alchimie numeriche rischia di andare a fare a sbattere il Pd e il governo. Scelga lui”.
Già , il governo.
Eccoli, i numeri di una conta che evoca già le più drammatiche del governo Prodi.
Con Luca Lotti nei panni di Arturo Parisi che, da palazzo Chigi, tiene il pallottoliere con l’obiettivo di stare sopra, anche di uno, ma senza mediare.
A favore del Senato elettivo ci sono, oltre ai 28 senatori della minoranza Pd: i 45 di Forza Italia, i 36 del movimento Cinque stelle, i 25 del misto che già in prima lettura votarono contro il ddl Boschi, i 12 della Lega, i dieci del gruppo di Fitto, otto o nove di Gal.
A cui aggiungere la novità : i 12 senatori delle autonomie. Il totale è 176.
Ovvero: governo sotto.
Si capisce allora perchè, anche se Renzi ostenta fiducia sui numeri, è già partito quello che Loredana De Petris, chiacchierando alla buvette, chiama “il mercato”.
È convinzione di Lotti, ad esempio, che i 12 delle autonomie non sono compatti. Fedelissimo a Renzi, Verdini ha già fatto ritirare i suoi emendamenti a Vincenzo D’Anna, che l’anno scorso era uno dei più fieri oppositori della riforma Boschi. Ma ora è uno dei responsabili di Verdini.
La conta, dunque. Numerica.
Perchè il premier, al momento, non ha alcuna intenzione di “aprire”.
Anzi, fa sapere in via riservata che, se salta tutto, si va al voto. La verità è che anche all’interno della war room del premier si è aperta una (minima) discussione.
Col premier che, in un primo momento, aveva fissato un solo paletto: “La cosa che mi interessa è che i senatori non vengano più pagati dal Senato”.
Paletto che consentiva parecchie mediazioni, come il “listino” dei senatori contestuale all’elezione dei consigli regionali. È stata Maria Elena Boschi ad indossare i panni del falco dei falchi: “La riforma non è modificabile”.
Un atteggiamento duro, dietro il quale i più maliziosi hanno visto la prima “sfasatura” col premier, e l’ambizione ad agire un ruolo politico con più autonomia. Chissà .
Per ora il Napalm ha raso al suolo ogni mediazione.
E lo spettro della crisi accompagnerà il premier in vacanza.
(da “Huffingtonpost“)
Leave a Reply