“SPOGLIATA E PERQUISITA IN QUESTURA, HO AVUTO PAURA”: LA DENUNCIA DELL’AMBIENTALISTA IN CUI SI IPOTIZZANO I REATI DI FALSO IDEOLOGICO E ISPEZIONE CORPORALE ARBITRARIA
INDICATI TRE AGENTI DI POLIZIA CHE AVREBBERO AGITO IN MANIERA ILLEGITTIMA
Costretta a spogliarsi e piegarsi all’interno di un «bagno lurido» della Questura di Bologna dopo il blitz ambientalista a Palazzo d’Accursio contro il summit del G7 Scienza e tecnologia che si stava svolgendo al Tecnopolo.
«Ho avuto paura, mi sono resa conto di aver subito un abuso, unica tra tutti i fermati quel giorno». Così Valentina Corona, attivista 33enne di Extinction rebellion (movimento ambientalista internazionale nato nel 2018), ha deciso di sporgere denuncia per il trattamento subito lo scorso 9 luglio e, tramite il legale Ettore Grenci, ha depositato in Procura un esposto in cui si ipotizzano i reati di falso ideologico e perquisizione personale arbitraria.
Nella denuncia si fanno anche almeno tre nomi degli agenti di polizia che gestirono la situazione, tra cui la poliziotta che ha condotto l’ispezione corporale e l’ispettore che l’ha ordinata.
Venerdì 26 luglio in una conferenza stampa Corona e altri attivisti hanno spiegato quanto accaduto e annunciato che otto persone che parteciparono alla protesta hanno ricevuto dei fogli di via da Bologna: «Si tratta di persone che vivono e studiano qui da anni, pagano affitti e tasse».
La denuncia
Tornando alla denuncia di Corona, che è incensurata e lavora in un’istituzione pubblica, lei stessa spiega: «Mi costa molto metterci la faccia ma desidero che quello che è successo a me non succeda ad altri». Nel corso del presidio, una decina di attivisti si erano incatenati all’ingresso del palazzo comunale mentre altri provavano a srotolare uno striscione sulla Torre dell’Orologio.
«Io non ero tra loro — racconta Valentina — ma ho provato a salire in terrazza insieme a un’altra persona». Mentre salivano, «un agente mi ha detto di mettermi al muro e stare ferma», «siamo rimasti un’ora. Ho chiesto se ero in stato di fermo e mi hanno risposto di no».
Dopodiché, in Questura, «sono stata fotosegnalata e mi hanno preso le impronte digitali», «ho insistito di chiamare il mio ragazzo perché avevo paura», avrebbe poi optato per un messaggio sms. Dopo le procedure di identificazione «siamo stati chiamati per la firma dei verbali».
Il verbale
Nel documento «c’era scritto `non mi avvalgo di qualcuno che mi assista´, né che c’erano `note aggiuntive´. Non ho firmato». Per questo nella denuncia si ipotizza il falso ideologico.
Successivamente «sono stata raggiunta dall’ispettore che ha ordinato la perquisizione, mi ha chiesto scusa perché si era andati oltre la normale procedura, era evidente che non avessi droga o armi».
Questa dichiarazione, spiega l’attivista, «è stata videoregistrata e allegata alla mia denuncia». Quel giorno 21 attivisti furono poi denunciati per manifestazione non autorizzata, violenza provata e danneggiamento, dopo essere rimasti circa sette ore in Questura.
«Un trattamento illegittimo per delle semplici identificazioni — concludono — peraltro per una manifestazione pacifica». Il giorno dopo la protesta, la Questura aveva dichiarato in un comunicato che la perquisizione sarebbe avvenuta «nei limiti e nel rispetto delle procedure» e che l’autorità giudiziaria ne era stata informata.
(da Open)
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