TRADITORI O PADRI DELLA PATRIA? ECCO I RESPONSABILI CHE HANNO DISTRUTTO IL SOGNO DI RENZI
DALLA BERLUSCONIANA ROSSI AL SOCIALISTA NENCINI… E ORA PER CONTE E’ PIU’ FACILE ALLARGARE I CONSENSI AL GOVERNO
La vera sorpresa è Forza Italia. Al Senato, come alla Camera, si è visto l’effetto “responsabili”. Un effetto trasversale che ha coinvolto gli azzurri ma anche un ex M5s e soprattutto Riccardo Nencini, che fino alla fine ha lasciato tutti con il fiato sospeso. Talmente sospeso che sia l’ex grillino sia il leader del Psi hanno rischiato di non votare perchè fuori tempo massimo. In Aula scoppia il caos, la presidente Casellati fa visionare i video e vengono riammessi. Il numero dei voti a favore sale a 156. Di fatto i responsabili, che segnano un punto di svolta sono quattro: Maria Rosaria Rossi di Forza Italia, l’azzurro Andrea Causin, l’ex grillino Alfonso Ciampolillo e Riccardo Nencini.
Per Forza Italia a segnare la fine di un’epoca è il Sì di Maria Rosaria Rossi, l’ex “badante” di Silvio Berlusconi, amministratrice del partito nella fase del “Bunga Bunga”, tesoriera che pose fine ai fagiolini pagati 80 euro al chilo nonchè grande amica di Francesca Pascale e animatrice del “cerchio magico” spazzato via dal più sobrio Ronzulli-power.
Già da tempo finita nel cono d’ombra, ha aperto una pizzeria nel Casertano in cui leggenda vuole si gusti la pizza allo champagne. E ha salutato Forza Italia sbattendo la porta.
E con buona pace delle smentite fino a un minuto prima, arriva Andrea Causin. Imprenditore veneto, cattolico ex Acli, tendenza Ppe, aveva aderito al Pd veltroniano per poi candidarsi nel 2013 con Scelta Civica. Già indiziato per l’assenza al voto sulla riforma del Mes (dove Salvini impose la linea dura obbligando Fi alla capriola) era da giorni oggetto di rumors. Vota sì lasciando Forza Italia tra i mugugni dei colleghi: “Andata e ritorno, senza pagare il biglietto…”.
Ecco poi il leader del Psi. Con Renzi sono “fratelli”, oltre che entrambi toscani, ma la politica è un’altra cosa. Anche se, il Sì di Riccardo Nencini è arrivato praticamente fuori tempo massimo evitando spaccature di Italia Viva, che in questo clima è già qualcosa.
Socialista, appassionato di ciclismo, veterano in Parlamento, ex vicepresidente ulivista del consiglio regionale toscano, poi viceministro ai Trasporti con i governi Renzi e Gentiloni, attuale presidente del Psi il cui simbolo ha “prestato” a Renzi per consentire la nascita del suo gruppo. Porta in dote un voto, un’insegna presentata alle elezioni, e una pistola puntata sul leader di Rignano.
Alfonso Ciampolillo, per gli amici Lello, nel 2009 è stato candidato dai 5Stelle sindaco di Bari ottenendo lo 0,4% dei consensi. Nel 2013 sbarca in Senato e viene riconfermato nel 2018. Cade però nella trappola ‘rimborsopoli’, non restituisce parte dello stipendio, è fortemente critico nei confronti di Luigi Di Maio e viene espulso. Oggi il suo voto a favore, in extremis, è stato salutato da un applauso accorato.
A portare a casa il risultato è stato Saverio De Bonis, anche lui ex grillino, che in Senato si muove da “padre della Patria”, come viene definito dai colleghi nei corridoi di Palazzo Madama. Entra in buvette, parla al telefono e con la mano copre la bocca affinchè non si legga il labiale.
Tiene il conto dei senatori che voteranno la fiducia al governo, tratta alla ricerca di nuove reclute a favore del premier Conte. Eppure anche lui era stato espulso, con un post sul Blog delle Stelle, insieme a Gregorio De Falco, per non aver votato il decreto Sicurezza.
A proposito, anche il comandante di fregata, come annunciato, ha votato la fiducia. Si diceva di loro che si sarebbero dovuti dimettere nel rispetto delle regole M5s. De Bonis inoltre, studioso dei fanghi inquinanti, sosteneva che i grillini fossero poco a favore dell’ambiente e veniva bollato come un traditore. Ora è in ballo per un posto nel governo.
Anche Maurizio Buccarella è stato molto corteggiato. Il suo voto a favore era già stato annunciato come d’altronde ha fatto in questi anni. Proprio lui che, in una conferenza stampa memorabile, in piena campagna elettorale, nel febbraio 2018 venne accusato da Luigi Di Maio di non aver restituito 137mila euro a favore delle piccole e medie imprese. Si difese dicendo che comunque nella precedente legislatura ne aveva versati cento mila. Ormai però le liste erano state depositate e l’allora capo politico non potè fare altro che invitarli a dimettersi una volta eletti. Cosa che, come era prevedibile, non avvenne.
Non solo M5s. Al Senato ha un ruolo da protagonista ‘reposanbile’ anche Sandra Lonardo, eletta con Forza Italia, infanzia americana e radici a Ceppaloni, è da quarantacinque anni la metà di Clemente Mastella, con cui condivide (anche) gioie e dolori della politica. Con l’Udeur fu eletta presidente del consiglio regionale, ma quando nel 2008 finì ai domiciliari con l’accusa di concussione (assolta molti anni dopo), suo marito si dimise da Guardasigilli aprendo la crisi che portò alla caduta del governo Prodi.
Tornando ai 5Stelle, anche alla Camera c’è una nutrita pattuglia di ex grillini, coinvolti in rimborsopoli, che ieri ha votato per il governo.
Intanto ben sei ex M5s si trovano nel gruppo Centro democratico di Bruno Tabacci, che già fa parte della compagine di governo.
Tra questi spicca Marco Rizzone, molto attivo al fianco del leader nel rilasciare interviste. Nel settembre scorso è stato espulso dal Movimento per aver chiesto i 600 euro di bonus destinati alle partite Iva. Proprio lui che uno stipendio fisso da parlamentare lo ha.
Tra i voti a favore, premesso che anche lui ha votato quasi sempre con il governo, c’è quello di Andrea Cecconi, espulso per non aver restituito 28mila euro.
Tra i ‘Responsabili’ veri e propri arrivati ieri in soccorso a Montecitorio ecco Silvia Benedetti, che aveva un ammanco di circa 23mila euro.
C’è anche Piera Aiello che nel settembre scorso aveva lasciato il Movimento per ben altre ragioni. Lei, siciliana, testimone di giustizia, aveva espresso tutta la sua “amarezza” poichè “il lavoro svolto è stato vanificato da persone che non si sono mai occupate di antimafia con la formazione adeguata. Di quanto fatto non rimane nulla, è sempre il ministro a decidere tutto, sicuramente non in autonomia”.
Di “deriva autoritaria” ha parlato Nadia Aprile, deputata in ritardo con la rendicontazione, mentre Alessandra Ermellina diceva che M5s ha “tradito le speranze di 11 milioni di italiani”.
Si arriva poi a Lorenzo Fioramonti, il ministro dell’Istruzione che ha lasciato l’incarico in rotta con il governo per non aver ottenuto i 3 miliardi di investimenti richiesti su scuola e università .
La pattuglia dei Responsabili non finisce qui.
Il colpo di teatro lo ha offerto Renata Polverini. Romana de Roma, viene dall’ambiente della destra sociale: ex segretaria dell’Ugl, riuscì a costruire buoni rapporti sia con Fini che con Berlusconi. Nel 2010 fu eletta governatrice del Lazio in quota Pdl salvo dimettersi due anni dopo per lo scandalo di “Batman Fiorito” (che non la toccò di persona).
Deputata azzurra nelle ultime due legislature, ha covato un malessere — spesso sfogandosi con l’amico Renato Brunetta — dovuto alla “prepotenza salviniana” nell’attuale coalizione di centrodestra. Definita da Renzi “soccorso nero” a Conte, tra gli abiti predilige le giacche e le sciarpe rosse.
L’abbandono nell’abbandono è di Michela Rostan, avvocata salernitana, vicepresidente della commissione Affari Sociali di Montecitorio, eletta con Leu ma ex Pd, è passata a Italia Viva quasi un anno fa. Impegnata sui temi della salute, in particolare, nella terra dei fuochi. Tra i motivi del suo attuale sostegno a Conte: “Le centinaia di messaggi di disappunto ricevuti dai cittadini”.
Trasformista per eccellenza è Carmelo Lo Monte, avvocato siciliano, ha attraversato quattro legislature senza lasciare ricordi indelebili nei colleghi del Parlamento, ma neppure nemici. Cattolico, un passato all’Ars di cui è diventato anche vicepresidente, ha girovagato per i piccoli partiti di cerniera tra destra e sinistra: Mpa di Lombardo, IdV di Di Pietro, Dc, Cd, Psi, fino alla Lega di Salvini che lo elegge nel 2018. Sembrava colpo di fulmine, invece pochi mesi dopo eccolo nel Misto.
E da bravo ‘responsabile’, come i suoi colleghi, eccolo votare Conte.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply