CHI HA IMPALLINATO PIETRO PAROLIN? L’EMINENZA GRIGIA DEL PONTIFICATO DI FRANCESCO E’ IL GRANDE SCONFITTO. NON PER MANCANZA DI VOTI, MA PER UN COLPO BASSO ARRIVATO DA CHI RITENEVA ALLEATO, UNA MANOVRA TRA ALCUNI CARDINALI CURIALI LEGATI ALLA CEI E UN GRUPPO LATINOAMERICANO, GUIDATO DA UN PORPORATO BRASILIANO
PAROLIN CREDEVA DI AVERE IN MANO I SUDAMERICANI MODERATI, MA SI È TROVATO SPIAZZATO DA UN PATTO TRASVERSALE (E INSOSPETTABILE) CHE HA PUNTATO SU UN NOME PIÙ GIOVANE E PIÙ “PASTORALE”
Il Conclave si è chiuso con un nome a sorpresa, ma il vero terremoto è esploso lontano dalle telecamere. A tremare non è stata solo la Cappella Sistina, ma il sistema di potere che per anni ha ruotato attorno al cardinale Pietro Parolin.
Uomo forte della Segreteria di Stato, eminenza grigia del pontificato di Francesco, Parolin si ritrova oggi ad essere il grande sconfitto. E non per mancanza di voti, ma per un colpo basso arrivato da chi riteneva alleato.
Fino alla vigilia del Conclave, Parolin si sentiva quasi al sicuro. Non era il favorito esplicito, ma il suo nome circolava come “soluzione di equilibrio”. Un profilo alto ma rassicurante. Conosceva le dinamiche vaticane come pochi, e soprattutto vantava una rete consolidata di consensi tra i cardinali italiani, i diplomatici e una parte consistente dell’episcopato europeo.
Ma è proprio tra le fila degli “amici” che è maturata la vendetta. Il gruppo dei cardinali curiali – quelli che Parolin aveva promosso, protetto o cooptato nel corso degli anni – ha fatto dietrofront nel momento decisivo.
Nelle prime votazioni, mentre Parolin contava di consolidare una base solida attorno ai 25-30 voti, si è ritrovato a malapena sopra i 15. I voti promessi non sono arrivati. Alcuni cardinali italiani, che gli avevano garantito sostegno “fino alla fine”, hanno voltato le spalle. Uno di loro, secondo voci autorevoli, avrebbe addirittura fatto campagna attiva per un altro candidato nella notte tra la seconda e la terza votazione.
Ma il colpo di grazia sarebbe arrivato da un asse insospettabile: una manovra tra alcuni cardinali curiali legati alla CEI e un gruppo latinoamericano, guidato da un porporato brasiliano. Parolin credeva di avere in mano i sudamericani moderati, ma si è trovato spiazzato da un patto trasversale che ha puntato su un nome più giovane, più carismatico, più “pastorale”.
A nulla è servito il tentativo del cardinale veneziano di rientrare nei giochi cercando l’appoggio di un influente cardinale africano, che però aveva già stretto un accordo con gli americani conservatori.
Secondo indiscrezioni affidabili, nei giorni precedenti al Conclave sarebbe circolato un “memo riservato”, redatto in latino e fatto pervenire a diversi cardinali. Il documento – un vero e proprio dossier – elencava le “ambiguità” di Parolin durante il pontificato di Francesco: le sue posizioni tiepide sulla Cina, i silenzi sulle guerre africane, l’atteggiamento freddo con cui avrebbe accolto alcune nomine pontificie. Un’operazione chirurgica per delegittimarlo sul piano morale e geopolitico.
Nessuno ha firmato il testo, ma in molti hanno riconosciuto lo stile e il lessico di un monsignore molto vicino al nuovo papa. E da sabato scorso, quando questo giornale per primo in Italia segnalò il nome di Prevost come possibile Papa alla quarta votazione se il nome di Parolin fosse stato “bruciato”, tutto è cambiato.
E ora? Il dopo-Conclave per Parolin si annuncia come una lunga discesa…
(da agenzie)
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