TREMILA AZIENDE SOSPETTATE DI FRODE PER AVER RICHIESTO AIUTI COVID TRUFFANDO LO STATO
SICILIA IN TESTA ALLA CLASSIFICA CON 465 AZIENDE, SEGUONO NAPOLI, LAZIO, LOMBARDIA, EMILIA ROMAGNA…FACEVANO FIGURARE COME DIPENDENTI PARENTI E AMICI PER INCASSARE LA CASSA INTEGRAZIONE
Qualcuno ha pensato di tirare dentro un cugino o comunque un parente, insomma qualcuno di fidato da far figurare come dipendente.
Qualcun altro ha pensato all’amico, altrettanto fidato. Tutti sono stati attenti alla stessa cosa: indicare una data precisa nella comunicazione inviata all’Inps per la nuova assunzione. Entro e non oltre il 17 marzo.
Perchè il 17 marzo è stato approvato il Cura Italia, il decreto del Governo che ha messo in moto la macchina della cassa integrazione per fronteggiare l’emergenza Covid.
I parenti e gli amici sono risultati così lavoratori anche se in quell’azienda non ci hanno messo mai piede. E l’azienda ha potuto chiedere per loro i soldi della cassa. I soldi dello Stato, quindi degli italiani.
E potrebbero averlo fatto migliaia di aziende. La Direzione antifrode e gli ispettori dell’Inps ne hanno bloccate 3.075. Tutte a rischio frode.
Ma quella delle assunzioni retrodatate non è il solo escamotage che queste aziende furbette hanno messo in campo per provare a ottenere la cassa Covid. L’alert è scattato anche per assunzioni fittizie, non solo retroattive, e anche per aziende fittizie.
Arriva la crisi, arrivano i soldi dello Stato, nascono nuove aziende. Create ad hoc solo per ottenere la cassa integrazione.
Il rischio di una frode è nella possibilità che queste aziende esistano solo sulla carta, quella inviata all’Istituto di previdenza per informarlo dell’iscrizione avvenuta. Perchè? La risposta è nella natura di queste neo aziende: fanno parte di settori incompatibili con il lockdown.
C’è un’indagine, di cui Huffpost è a conoscenza, che la Direzione e gli ispettori di vigilanza dell’Inps hanno portato a termine il 31 luglio. Contiene una black list con tutte le aziende a rischio frode proprio in relazione alla richiesta e all’ottenimento della cassa integrazione Covid.
Aziende che sono state bloccate dall’Istituto e che ora sono al vaglio delle strutture preposte per l’accertamento della frode. Un check che si accompagna a un’istruttoria da parte delle sedi dislocate sul territorio per respingere definitivamente la richiesta dell’ammortizzatore sociale.
L’indagine prende in considerazione il periodo aprile-giugno e il numero delle aziende che hanno provato a intascarsi la cassa integrazione pagata dallo Stato è di gran lunga superiore a quello registrato nell’intero 2019. L’anno scorso, infatti, le aziende attenzionate e bloccate sono state circa 2.300. Quest’anno sono 3.075, ma in appena tre mesi.
Il fenomeno è trasversale se si prende in considerazione l’ubicazione delle aziende. Si va dalla Sicilia, con 465 aziende, al Lazio (265), all’Emilia-Romagna (238). In testa c’è la Direzione coordinamento metropolitano di Napoli (l’Inps ha venti direzioni regionali, una per ogni Regione, ma per tre città esiste anche una Direzione di coordinamento metropolitano) con 457 casi.
A queste aziende bisogna sommare 56 in Abruzzo, 119 in Calabria, 185 in Campania, 182 della Direzione di Milano, 291 di quella di Roma, 20 in Friuli Venezia-Giulia, 15 in Liguria, 195 in Lombardia, 19 nelle Marche, 8 in Molise, 22 in Piemonte, 158 in Puglia, 55 in Sardegna, 139 in Toscana. Completano la black list 27 aziende della provincia di Trento, 42 di quella di Bolzano, 85 dell’Umbria, 13 del Veneto e una della Valle d’Aosta. Il totale fa 3.075.
(da “Huffingtonpost”)
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