TREMONTI IN NERO: L’AFFITTO DEL MINISTRO POCO TRACCIABILE
LA CASA IN NERO A ROMA, SOLO ORA DICE DI “ESSERSI DIMESSO DA INQUILINO”… MA PERCHE’ PAGAVA 4.000 EURO IN CONTANTI? AMMESSO CHE LI PAGASSE
La maledizione del ministro dell’Economia e delle banconote in contanti.
“Presidente, quante persone conosce che girano per strada con 5.000 euro in contanti nel portafoglio?”.
Era il 26 maggio 2010 ci trovavamo nella sala stampa di Palazzo Chigi.
Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, uno vicino all’altro come due icone, sentendo la domanda, si erano dati di gomito. Adesso mi guardavano quasi divertiti.
Il Cavaliere sembrava ancora quello dei tempi d’oro, con il sorriso sfavillante e impune che si allargava sul viso: “Posso chiederle quanti soldi ha in tasca lei?”.
Era una domanda retorica, ovviamente, ma avevo risposto lo stesso: “Credo cinquanta euro…”.
Berlusconi allora aveva fatto la sua battuta: “Ecco, io zero! Eh, eh eh, eh…”. Pausa: “Mi affido alla carità pubblica!”.
Anche Marco Milanese, abbiamo appreso in queste ore, si affidava alla carità , forse privata.
Quella del suo ministro: per pagare la modesta pigione di 8.000 euro al mese per la bella casa di via Campo Marzio, dice, Tremonti gli dava 4.000 euro, chissà perchè tutti in contanti.
Tutto si pagava cash, senza ricevuta. Ieri il ministro ha scherzato: “Annuncio che mi dimetto da inquilino…”, aggiungendo che spiegherà meglio oggi (sul Corriere della Sera).
Attendiamo al varco, curiosi e fiduciosi.
Eppure quella discussione sui 50 euro del 2010, aveva molto a che vedere con quello che avremmo scoperto poi: con la tracciabilità — per dire — non avremmo avuto il rogito fantasma di Claudio Scajola, con la tracciabilità non avremmo le provviste in nero, le barche pagate con valigetta per arrotondare i conti, i Rolex, eccetera, eccetera, eccetera.
Non avremmo nemmeno, oggi, il dubbio su chi ha davvero pagato la casa con soffitti affrescati dove dormiva il ministro: se l’imprenditore che dice di sapere che un benefattore stanziava 10 mila euro, se l’onorevole Milanese con soldi presi chissà dove, oppure se i due collaboratori amici, il deputato e il ministro, dividendosi la cifra “cash”.
La domanda di quel giorno riguardava uno dei provvedimenti controversi di questo governo.
Rimuovere il vincolo della tracciabilità con cui Vincenzo Visco aveva imposto che si dovesse pagare con assegno, carta di credito o versamento bancario ogni prestazione sopra i 100 euro, con una draconiana misura anti-evasione.
Col senno di poi, pensando alla risposta che i due diedero allora, l’ironia della sorte vuole che Tremonti si trovi in un guaio, oggi, proprio per quel provvedimento che aveva difeso con tanta spavalderia.
Berlusconi e Tremonti, quel giorno si erano vantati di quella misura come un antidoto “allo stato di polizia”.
Quando Berlusconi aveva finito di parlare, il ministro dell’Economia aveva preso la parola, rivolgendosi curiosamente, anche lui, al mio portafoglio con un sorriso sornione dei suoi: “Senta, posso intervenire…? Lei quanti soldi ha detto che aveva, in tasca? Mi sembrava che la sua nonchalance fosse anche legata all’uso disinvolto… Sto scherzando!”.
Poi subito dopo, aveva aggiunto: “Con le norme di Visco, in questo momento se tu fossi andato a comprare un paio di scarpe avresti dovuto fare l’assegno… Poi le dirò cosa si deve fare davvero, non questo, per la lotta all’evasione”.
Tremonti quindi aveva dissertato sulla peculiarità dell’Italia: “In altri paesi, se tu tiri fuori le banconote chiamano l’Fbi! Perchè lì i mezzi di pagamento — aveva spiegato — sono solo plastica, sono solo tessere… E allora c’è anche il fisco. Ma pensare di modificare il costume di un paese che ha usi diversi… Al fisco americano gli va molto bene perchè la gente usa la plastica! Pensare che imponendo il divieto fiscale sopra i 100 euro — aveva sentenziato il ministro — implica l’idea dello stato di polizia tributaria”.
E ancora: “Se l’uso di un paese è una certa somma è giusto che anche il fisco faccia i controlli su quella base”.
Era stato meraviglioso Tremonti nel coronare il suo ragionamento: “In un paese in cui non è normale usare la plastica, imporre a un anziano che va a comprarsi le scarpe l’uso dell’assegno…”.
Avevo provato a interromperlo: “Quanti ne conosce di anziani che girano con le banconote da 100 e si comprano le scarpe?”.
Tremonti a quel punto si era spazientito: “Se vogliamo litigare ci mettiamo a litigare fuori! Però io ho cercato di dire che, con la legge che sarebbe vigente se non ci fosse stato il governo Berlusconi, sarebbe vigente in questo momento il divieto dell’uso di 100 euro per i pagamenti. Uno che pensa che sopra i 100 euro diventa un mezzo di pagamento indebito — aveva concluso Tremonti — credo che abbia una visione poliziesca e francamente indebita”.
La visione poliziesca e indebita è quella che ci vorrebbe anche oggi.
Tutte le P3 e le P4, tutti i piccoli grandi taccheggiatori della Seconda Repubblica hanno giocato a rubamazzo.
Non sono stati gli anziani che compravano i mocassini a finirci in mezzo.
Ma, per un divino contrappasso, il ministro che oggi fatica a spiegare da dove uscivano fuori gli 8.000 euro della pigione.
E che se fosse innocente, e se governasse Visco, oggi potrebbe esibire un assegno per dissolvere i sospetti.
Luca Telese blog
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