VERDINI CONTINUA LA CAMPAGNA ACQUISTI IN FORZA ITALIA: TRA I FUTURI ADDII LAINATI, RAVETTO, SAVINO, PICCHI, CASTIELLO
ALL’ORIGINE LA SENSAZIONE CHE A SILVIO DEL PARTITO NON INTERESSI PIU’ NULLA E LA DERIVA LEGHISTA NON CONDIVISA… MA OCCORRE RICORDARE CHE FORZA ITALIA HA GIA’ PERSO 50 SENATORI E 47 DEPUTATI, LA META’ DEGLI ELETTI
Non solo Renata Polverini. Denis Verdini sta parlando con tutti, ma proprio con tutti i 54 deputati e i 42 senatori di Forza Italia.
E il grimaldello dei colloqui, la frase che apre le conversazioni, è il dubbio che sta prendendo sempre più consistenza tra i forzisti: “Ma non l’hai capito? Berlusconi ha deciso di sciogliere il partito senza dirlo. O ti muovi ora o sarà troppo tardi”.
Gli episodi che vengono messi in fila e letti come indizi in questa direzione sono numerosi: l’abbandono della partita sul Csm; il licenziamento dei dipendenti e la disdetta della sede; lo stop and go sui capigruppo; la difesa a oltranza di Brunetta nonostante la palese conflittualità con l’intero gruppo.
Persino la cena di Natale cancellata e sostituita dalla tavolata privata in casa Signorini viene letta come un segnale di definitivo distacco umano oltrechè politico del Cavaliere dai “suoi”, perchè era lì, in fondo, che il vecchio mondo berlusconiano consolidava le gerarchie interne o ne stabiliva di nuove guardando la disposizione dei posti a sedere, il calore dei saluti, la qualità e la quantità degli scambi di auguri e di battute col padrone di casa.
La parola “sfascio” è la più citata nelle conversazioni. In imminente partenza vengono dati Giorgio Lainati, Guglielmo Picchi, Giuseppina Castiello, e anche le ex fedelissime Laura Ravetto ed Elvira Savino, ma l’elenco è molto più lungo.
Ad agire non solo l’insoddisfazione, i timori per il futuro, la mancanza di uno schema di gioco, ma soprattutto la sensazione che lui, il Cavaliere, abbia abbandonato la partita e non intenda tornarci.
Chi ci ha parlato lo racconta insofferente a ogni richiamo alla realtà e trincerato dietro la tesi che se Forza Italia arranca è perchè lui non può andare in tv.
O, peggio, contagiato dal virus del complottismo, perchè dopo Fini, Alfano, Fitto, Verdini, intravede dietro ogni critica un tradimento, una nuova potenziale scissione, e bisogna anche misurare le parole per non finire nella lista dei “cattivi”.
Quello che fu il grande federatore delle destre, insomma, non riesce più a tenere federati i suoi e c’è una bizzarra nemesi nel destino di quest’uomo che ha resistito come nessuno nel ventennale scontro frontale con la sinistra, con le procure, con gli avversari interni di maggior rango, e ora rischia di diventare marginale per uno sfilacciamento progressivo senza un chiaro perchè.
“L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio” diceva ai bei tempi nei comizi, e forse alla fine aveva ragione lui, perchè non è l’odio a sconfiggerlo nel momento più difficile della sua parabola ma il disamoramento, l’incomprensione, l’impossibilità di un chiarimento.
Il gruppo di Forza Italia al Senato, secondo i calcoli di Openpolis, ha perso 50 deputati in due anni. Quello alla Camera ne ha lasciati sul campo 47.
In pratica, uno su due se ne è andato. Sono le cifre di una debacle, e non basta dire “il solito trasformismo italiano” per spiegarla.
Se nella fase iniziale dello smottamento hanno agito il desiderio di conservare un posto al sole (negli alfaniani al governo) e le promesse di miglior collocazione (la scissione di Verdini), adesso la partita si è fatta più politica.
Sullo sfondo c’è il progetto di un nuovo schieramento moderato, che sostituisca il berlusconismo con una proposta impastata dai reduci di tutti i centrismi in cerca di collocazione e futuro.
È per questo che la sirena di Verdini non suona più soltanto per i peones ma anche per politici di lungo corso come Renata Polverini: gente che non può rassegnarsi alla marginalità perchè ha avuto una storia prima di Forza Italia e intende averne una anche dopo.
L’Italicum, con la sua modesta soglia di sbarramento al 3 per cento e con la garanzia per i capilista bloccati, autorizza la speranza di sopravvivere allo tsunami delle prossime politiche.
E la segreta aspettativa di una modifica in extremis che sposti il premio di maggioranza dal singolo partito alle coalizioni, fa volare l’immaginazione.
Il resto lo fa la voce di Denis, uno di cui il parlamentare medio si fida perchè mai li consigliò contro il loro personale interesse.
«Vedremo dopo le feste» è la frase che ripetono gli interessati. Tutti i segnali di disagio sono stati lanciati.
Le interviste sono state fatte. Le cose sono state dette, o fatte riferire. Berlusconi può fingere ancora una volta di ignorarle, all’insegna del «senza di me dove vanno» — un classico delle sue risposte agli allarmismi interni — ma la verità è che altri posti dove andare adesso esistono.
E in un partito monarchico, dove non si possono ricostruire assetti convocando gli organi, votando o facendo congressi, la fuga comincia a sembrare a molti l’unica chance di sopravvivenza.
Flavia Perina
(da “Huffingtonpost”)
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