VERSO IL CAMPIDOGLIO, MA SENZA TRASPARENZA: LA RAGGI SEMBRA DIVENTATA GHEDINI E SFUGGE SUL CASO CONSULENZE
CHIUSURA CON NERVI TESI DELLA CAMPAGNA A OSTIA, VIRGINIA BLINDATA DA UN CORDONE SANITARIO, CON IL TUTOR DI MAIO E LO STAFF… RISCHIO AVVISO DI GARANZIA… E I NOMI DEGLI ASSESSORI NON VENGONO FATTI
Eccola uscire da un bar di piazza Bologna, incalzata dai cronisti: “Fango”, “solito fango” dice Virginia Raggi, visibilmente contrariata.
Eccola sul palco ad Ostia, sul far della sera: “Continuano ad infangarmi. Non abbiamo paura del loro fango”.
Innominata sia la parola Civitavecchia, sia la parola Asl, ovvero gli incarichi che non avrebbe dichiarato al Comune, secondo quanto prescrive la Severino.
E che non avrebbe dichiarato punto e basta, in nome della trasparenza, anzi della Trasparenza, principio guida del Movimento 5 Stelle.
“Fango”. Dice proprio così la Raggi. Come una Santanchè dei tempi d’oro di fronte a un titolo di Repubblica, come un Ghedini qualunque di fronte alla foto di una nuova olgettina.
Non dice: “non è vero”, “vi spiego in cosa consiste questa storia degli incarichi a Civitavecchia”, “sono a pronta a spiegare perchè avete preso un abbaglio”, “ora vi dico la mia su questi incarichi”, “poichè la trasparenza è la mia bussola, fate tutte le domande che volete”.
Insomma, la Raggi non risponde. E non agli avversari, ma alla questione sollevata da un giornalista rigoroso, Marco Lillo, firma di un quotidiano non ostile come il Fatto. Alle 8 di sera, sotto il palco, l’euforia da possibile vittoria è pari alla sindrome del complotto, nello staff della Raggi: “Proprio oggi hanno scritto”, “Così non ci danno il tempo di rispondere”, “ci vogliono azzoppare”.
Poco importa che è esattamente il contrario. E la notizia sarebbe stata più nociva qualche girono fa perchè avrebbe avuto il tempo di diffondersi. Sia come sia, sporca la festa annunciata.
Ansia, nervosismo, timore del passo falso, proprio all’ultimo.
Luigi Di Maio non lascia mai Virginia da sola. L’avvolge quasi col corpo, sul trenino che porta a Ostia, proteggendola dal contatto coi giornalisti: “Che ti dice tuo figlio in questi giorni?”. E lei: “L’altro giorno mi ha detto che se divento sindaco devo riparare i bagni dei maschi dell’asilo. E pure quello delle maestre”.
Arriva pure Castaldo, l’eurodeputato del direttorio: “Ma non è che poi siccome diventi sindaco tuo figlio si sente abbandonato e vota Pd?”. Sorride la Raggi, come chi ha ricevuto un assist: “Quando mio figlio avrà 18 anni, il Pd sarà morto”.
Vietato parare di Civitavecchia. Fuori dalla stazione c’è una macchina. Passo svelto, sale la Raggi, sale Di Maio. Da giorni il suo staff lavora a tempo pieno per la Raggi. L’ultimo lavoro è appurare se sugli incarichi di Civitavecchia rischia l’inscrizione al registro degli indagati, come dice l’ex pm Alfonso Sabella.
Passa Paola Taverna, romana doc, una che non si sottrae: “Se pensano de facce paura se sbagliano… Non sanno più come colpirci. Ce vogliono mandà n’avviso de garanzia? E ce lo mandassero. Poi vedemo”.
Per un giorno, e che giorno, il Pd fa il grillino coi grillini, con Civitavecchia che diventa l’ombelico del mondo e un paio di incarichi regolari di poche migliaia di euro evocati come neanche la maxi tangente-Enimont.
I pentastellati, invece, hanno la reazione dei partiti tradizionali. Dalla “trasparenza” usata come una clava, contro gli avversari, contro Pizzarotti, contro tutti, all’evocazione del “fango”, a mo’ di scudo, per non rispondere.
A proposito, l’ansia di giornata brucia anche il proposito di annunciare tutta la giunta prima del voto.
La Raggi dà i quattro nomi che circolavano da giorni: Paolo Berdini all’Urbanistica, Paola Muraro alla Sostenibilità , Andrea Lo Cicero allo Sport e Luca Bergamo alla Crescita culturale.
Mancano le caselle chiave, come il Bilancio.
Pare che alcuni si sono sfilati, su altri ci sono dei dubbi, altri non si vogliono esporre prima: “Quando chiamerà da sindaco sarà tutta un’altra storia”.
Altro capitolo della trasparenza tradita.
(da “Huffingtonpost“)
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