“WALTZ È UN CAZZONE DI PROPORZIONI EPICHE. QUALCUNO DEVE ESSERE LICENZIATO”: FUNZIONARI DELLA DIFESA, REPUBBLICANI DOC E INFULENCER TURBO-TRUMPIANI CHIEDONO A TRUMP DI LICENZIARE IL CONSIGLIERE PER LA SICUREZZA NAZIONALE DOPO LA FIGURA DI MERDA DEL “SIGNAL-GATE”
FONTI DEL PENTAGONO SMENTISCONO IL SEGRETARIO ALLA DIFESA, PETE HEGSETH: “LE INFORMAZIONI CONDIVISE SONO ALTAMENTE CLASSIFICATE” … I DUBBI SULLA SOBRIETÀ DELL’EX ALCOLISTA HEGSETH E IL TERRORE DI VANCE DI ESSERE RIMBROTTATO DA TRUMP
«Condizioni meteorologiche favorevoli», scriveva alle 11.44 del 15 marzo il capo del Pentagono Pete Hegseth: «Via libera del Cent com a missione di lancio ». Poi altri
aggiornamenti in diretta: «Ore 12.15, lancio degli F18».
«13.35 target terroristico in nota posizione ». «14.10 raid di droni contro target». «15.36 lancio di missili Tomahawk dal mare». Col consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz ad aggiungere alle 13.48: «Edificio abbattuto a Sanaa. Persona colpita identificata…».
Il direttore della rivista The Atlantic Jeffrey Goldberg non molla. E sfida la Casa Bianca rispondendo alle accuse di essere «un giornalista disonesto e screditato», pubblicando nuovi screenshot della conversazione al vertice sui piani militari d’attacco agli Houti dello Yemen tramite la app Signal. Di cui è stato involontario testimone dopo aver accettato un invito, come raccontato in un clamoroso articolo
lunedì.
L’amministrazione è certo in imbarazzo: «Qualcuno ha fatto un grosso errore» ammette il segretario di Stato Marco Rubio. Concetto ribadito anche dalla direttrice dell’Intelligence Tulsi Gabbard, che però martedì, durante un’audizione al Senato, ha sostenuto che nella chat non erano stati rivelati «dettagli su tempi, obiettivi o armi».
Salvo aggiustare il tiro ieri, dopo la nuova pubblicazione: «La mia risposta era basata sull’assenza di ricordi chiari. Non ero direttamente coinvolta in quella parte di conversazione» ha detto (irritandosi col deputato che le chiedeva se Hegseth fosse sobrio durante la chat).
Sulle difensive pure il capo della Cia John Ratcliffe: «Non è stata trasferita alcuna informazione riservata. E ciò che conta è il successo della missione». I dem già attaccano: se quelle informazioni fossero state ricevute dal nemico o da qualcuno di più indiscreto — il rischio c’era, giacché l’inviato speciale per Ucraina e Medio Oriente Steve Witkoff durante la chat si trovava addirittura in Russia — gli Houti avrebbero potuto avere il tempo di rispondere e la vita dei piloti americani sarebbe stata a rischio.
«Se Hegseth non si dimette va licenziato» ha dunque tuonato il leader della minoranza dem Hakeem Jeffries. Persino l’influencer trumpiano Dave Portnoy, accusa: «Pasticcio monumentale. Qualcuno deve cadere».
«Ci sono due cose che non si devono fare se vai al governo: inviare messaggini e bere». Quelle del segretario alla Difesa Pete Hegseth rischiano di diventare le ultime parole famose: che avesse un problema con l’alcol era noto, ma dopo le rivelazioni sul chatgate si è visto quanto riesce a mettersi nei guai pure con la messaggistica. […]
Già accusato (anche da sua madre) di alcolismo, abusi sessuali e bullismo, l’ex-conduttore televisivo di Fox News Hegseth sembra il più propenso a coprirsi di ridicolo. Il New York Times racconta che, salendo sull’aereo per le Hawaii dopo la bufera politica a Washington, si è fatto scortare da due soldatesse in assetto di guerra, «come non farebbe nemmeno il presidente»; e quando dall’aereo è sceso, ritrovandosi i giornalisti ai piedi della scaletta, ha inveito con foga tale da indurre il sospetto che a bordo non avessero offerto solo gin and tonic.
Ma il resto della combriccola suscita altrettanta ilarità. Prendiamo colui che sulla carta appare il più preparato: J.D. Vance ha una laurea in legge a Yale, è un veterano dei Marines, ha scritto un’autobiografia best- seller e almeno è stato senatore due anni prima di venire promosso vicepresidente.
Eppure i media Usa lo prendono in giro perché a questo punto la sua preoccupazione non sono le rivelazioni sui piani di guerra nello Yemen e nemmeno gli insulti all’Europa, bensì la paura che Trump si sia offeso per una frase venuta alla luce nella chat: «Non sono sicuro che il presidente si renda pienamente conto».
Forse già immagina un colloquio nell’Ufficio Ovale di questo tenore. Trump: “Intendevi dire che non capisco un accidente?” J.D.: “Ma no, Donald, giuro, non intendevo questo!” Trump: “E cosa intendevi, allora?”. Da due giorni infatti Vance va in giro a ripetere a tutti la stessa cosa: «Sono al 100% sulla linea del presidente». Sperando che basti a salvarlo dall’ira del capo.
E poi c’è Mike Waltz, il consigliere per la sicurezza nazionale. È stato lui a inserire sbadatamente il direttore di Atlantic nella chat. «Ha commesso un errore», ha sentenziato Trump, «ma è un brav’uomo». E come ha reagito il consigliere che occupa la poltrona su cui sedette Kissinger? «Mi assumo completa responsabilità ». Bene, avranno esclamato i telespettatori ascoltandolo, finalmente qualcuno si dimette.
Macché, il “brav’uomo” continuerà a dare consigli al presidente. C’è un’espressione, in inglese: “The gang that couldn’t shoot straight”. Alla lettera, la banda che non riesce a sparare dritto. Era il titolo di un film del 1971, una commedia su due mafiosi totalmente incapaci: andrebbe bene anche per i dilettanti allo sbaraglio digitalmente riuniti per decidere come sparare sullo Yemen.
(da agenzie)
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