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“VOGLIONO ELIMINARE ME E LETTA, MA IO NON FARO’ CADERE IL GOVERNO», PRESIDIO PDL AL QUIRINALE

Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile

“SE CONFERMANO LA CONDANNA E ‘ UN COLPO DO STATO, NON SO SE MILIONI DI ITALIANI RIMARRANNO INERTI”

«Sono innocente, ma vedrete che non perderanno l’occasione storica di farmi fuori dalla vita politica». Silvio Berlusconi atterra a Roma avvolto da una nube nera di pessimismo.
L’intero pool di avvocati che con Ghedini e Coppi lo circonda dalle 18 fino a sera inoltrata, a Palazzo Grazioli, non contribuisce affatto a mutare lo stato d’animo del leader.
E non solo perchè i margini per chiedere un rinvio ad apertura di udienza questa mattina si sono ristretti fino a dissolversi del tutto.
Il fatto è che qualsiasi via di «fuga» per ottenere l’accoglimento del ricorso sembra d’improvviso ridotta a un lumicino.
«Voglio vicini solo i miei figli, nessun altro» si sono sentiti ripetere ieri sera alcuni dei più alti dirigenti Pdl che sono riusciti a contattare il Cavaliere telefonicamente, nella residenza romana trasformata in bunker.
Il tono della voce rispecchia lo stato d’animo.
E si dà  il caso infatti che per oggi a Palazzo Grazioli – già  presidiato da telecamere di troupe italiane e straniere – diano per probabile l’arrivo dell’amatissima figlia Marina e, meno certo, di Pier Silvio, forse Barbara.
La famiglia di Arcore pronta a stringersi al patriarca nel momento forse più delicato della sua vita, non solo politica.
Tant’è che un blitz nella Capitale potrebbe farlo anche il braccio destro di sempre, Fedele Confalonieri.
Ne va del destino personale del padre, dell’amico di una vita, del capo.
Tutto, sotto l’asfissiante cappa di calore e umidità  romana, appare ormai secondario, visto dalla corte di Palazzo Grazioli, adesso anche i destini del governo.
Fino a qualche giorno fa Berlusconi era pronto a garantire sostegno e fiducia, ora pensa ad altro, pensa a se stesso.
Il resto si vedrà . «Se confermano la condanna è un colpo di Stato, non so se milioni di italiani resteranno inerti» è lo sfogo ultimo dell’inquilino di Palazzo Grazioli, al quale ha fatto eco per tutto il giorno una selva di dichiarazioni di decine di parlamentari Pdl battenti proprio sull’assioma: condanna uguale attacco alla democrazia.
Detto questo, Berlusconi ai suoi predica comunque cautela, invita a mantenere la calma, «non saremo noi a far cadere il governo, ma vedrete che il Pd in caso di condanna non reggerà , saranno loro a staccare la spina».
Ne è convinto e nell’ora decisiva ancora di più.
L’uscita del presidente della Camera Laura Boldrini, che ha minimizzato sulle ricadute del processo, è stata accolta malissimo al quartier generale. Ecco perchè adesso si ripete che tutto può succedere dopo che (domani, con molta probabilità ) sarà  pubblicata la sentenza.
E poco conta se in mattinata da Atene il premier Letta avesse rassicurato, dicendo di non intravedere «terremoti». Già  in serata del resto a Roma gli umori a Palazzo Chigi erano diversi, se è vero che il ministro per gli Affari regionali, il renziano (non a caso) Graziano Del Rio confessava di essere «preoccupato: ma chi vorrà  far cadere il governo lo dovrà  poi spiegare agli italiani».
Tutti segnali negativi, nella lettura del radar di Grazioli.
Per tutto il giorno il tam tam sulla tempesta in arrivo ha tenuto banco nei capannelli in Transatlantico. I falchi Pdl sono tornati a volteggiare.
«Qui si tratta di dieci milioni di italiani che in caso dicondanna di Berlusconi rischiano di non avere più rappresentanza politica» attacca Daniela Santanchè.
Col sottosegretario Michaela Biancofiore che continua a rilanciare la tesi delle dimissioni di massa di ministri e parlamentari tutti.
Altri, dal ministro Lupi al capogruppo al Senato Schifani pronti a predicare prudenza, a dirsi fiduciosi.
È un partito spaccato a metà , che non sa dove andrà  da qui a qualche ora. In cui tuttavia ad alzare la voce è di nuovo chi, come il senatore Augusto Minzolini – schietto interprete degli umori del capo – sostiene che con la conferma della condanna si avrebbe «una sorta di clausola di dissolvenza dell’attuale governo», nel senso che «per motivi diversi che possono riguardare Pd e Pdl, in un modo o nell’altro, si rischia di tornare alle elezioni».
È l’ala del partito pronto a trascinare tutto e tutti al voto a ottobre. Sebbene non sia lo scenario che Silvio Berlusconi sembri prediligere, in questo momento.
Detto questo, tra i banchi pidiellini a Montecitorio mentre in aula si votava di Ecobonus, si è parlato per tutto il pomeriggio delle possibili azioni «eclatanti» da intraprendere, se tra 24 ore il responso della Cassazione dovesse essere quello temuto. Al di là  delle dimissioni, ritenute da molti poco praticabili, restano sul tavolo dei pasdaran l’interruzione dei lavori d’aula, piuttosto che un presidio davanti le Camera, un nuovo Aventino.
Ma l’ultima carta che sembrerebbe prevalere, nel passaparola tra dirigenti di via dell’Umiltà , sarebbe la non meno audace ipotesi di un presidio dei parlamentari del Pdl davanti al Quirinale.
Per sensibilizzare il Colle sull’«attacco alla democrazia ».
La sede della Presidenza della Repubblica come il Tribunale di Milano mesi addietro. E si può immaginare con quanto entusiasmo il capo dello Stato vivrebbe questa sorta di pacifico, magari silente, ma senza precedenti «assedio » alla più alta carica dello Stato.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)

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TARTUFFE A CORTE : TUTTI ASPETTANO CHE LA CASSAZIONE DICA QUELLO CHE TUTTI SANNO BENISSIMO

Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile

SE LO ASSOLVONO SARA’ LA PROVA CHE ERA UN INNOCENTE PERSEGUITATO, SE LO CONDANNANO SARA’ SEMPRE LA PROVA CHE E’ UN INNOCENTE PERSEGUITATO

Nel Paese di Tartuffe, che con buona pace di Molière non è la Francia ma l’Italia, si attende con ansia spasmodica la sentenza della Cassazione sul caso Mediaset per sapere finalmente se B. è un delinquente matricolato o un innocente perseguitato per fini politici.
Pare infatti, ma si tratta soltanto di voci di corridoio, che parte del Pd avrebbe qualche difficoltà  a convivere ancora al governo con il partito guidato, anzi posseduto da un condannato per frode fiscale.
E, per capire se B. sia un giglio di campo o un criminale incallito, attendono la sentenza Mediaset in Cassazione.
Tutte le precedenti è come se non fossero mai state pronunciate, solo perchè non erano condanne definitive.
Poco importa se lo dichiaravano responsabile di reati gravissimi, come la falsa testimonianza sulla P2 (amnistiata), le tangenti a Craxi (cadute in prescrizione), svariati falsi in bilancio (reato depenalizzato da lui), la corruzione giudiziaria (prescritta sia per lo scippo della Mondadori a De Benedetti sia per le mazzette a Mills).
Per non parlare delle sentenze sulle tangenti alla Guardia di Finanza (i suoi manager pagavano i militari con soldi suoi perchè non mettessero il becco nei libri contabili delle sue aziende, ma a sua insaputa).
E su Dell’Utri e sui mafiosi stragisti, che dipingono B. come un vecchio amico dei boss.
Bastava leggere uno dei tanti verdetti che in questi vent’anni l’hanno riguardato per farsi un’idea del personaggio: conoscerlo per evitarlo.
Invece, dopo vent’anni di malavita al potere, siamo qui appesi a una sentenza di Cassazione sul reato forse meno grave —al confronto degli altri— commesso dal Caimano: la frode fiscale.
Più che un delitto, un’abitudine. Una specialità  della casa.
In fondo andò così anche per Al Capone: era il capo della mafia americana, ma riuscirono a incastrarlo solo per evasione fiscale.
Solo che in America l’evasione è galera sicura, dunque non occorse altro per togliere il boss dalla circolazione. Da noi un evasore che tentasse di entrare in galera verrebbe respinto dalle leggi, che sono inflessibili. Per finire in carcere, sottrarre milioni all’erario non basta: bisogna rubare almeno un limone.
Eccoli dunque lì, i politici di destra, centro e sinistra, che con Al Tappone han fatto affari, inciuci, libri, comparsate tv, bicamerali, riforme bipartisan, alleanze più o meno mascherate, e i giornalisti e gl’intellettuali al seguito, tutti tremanti sotto la Cassazione.
Paradossalmente, il meno preoccupato è proprio lui: B. lo sa chi è B. e non ne ha mai fatto mistero.
E ha costruito un sistema politico-mediatico perfetto: se lo assolvono, sarà  la prova che era un innocente perseguitato; se lo condannano, sarà  la prova che è un innocente perseguitato.
A tremare sono tutti gli altri: gli ipocriti che lo circondano da vent’anni, fingendo di non vedere e tacendo anzichè parlare.
Infatti del merito del processo Mediaset, delle prove schiaccianti sul ruolo centrale di B. nella costruzione di una macchina perfetta di decine di società  offshore per frodare il fisco e portare fondi neri all’estero da usare per corrompere politici, giudici, forze dell’ordine e funzionari pubblici, non parla nessuno.
È il trionfo di Tartuffe: tutti aspettano che i giudici della Cassazione dicano ciò che tutti sanno benissimo, anche se nessuno osa dire nulla.
Oppure delirano, come Letta e Boldrini, che escludono conseguenze sul governo in caso di condanna: come se il pericolo fosse che B. molli il Pd, e non che il Pd resti avvinghiato a un evasore pregiudicato.
Viene in mente la storiella raccontata da Montanelli per sbertucciare un’altra ipocrisia italiota, quella dell’intellighenzia “de sinistra” che negli anni 70 negava il terrorismo rosso: “Un gentiluomo austriaco, roso dal sospetto che la moglie lo tradisse, la seguì di nascosto in albergo, la vide dal buco della serratura spogliarsi e coricarsi insieme a un giovanotto. Ma, rimasto al buio perchè i due a questo punto spensero la luce, gemette a bassa voce: ‘Non riuscirò dunque mai a liberarmi da questa tormentosa incertezza?’”.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)

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E’ UFFICIALE: BERLUSCONI NON CHIEDERA’ RINVII, LA SENTENZA ENTRO DOMANI

Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile

IL RINVIO SAREBBE STATO DI POCHE SETTIMANE E NON AVREBBE FATTO SLITTARE IL PROCESSO ALLA SESSIONE ORDINARIA

È ufficiale. Oggi la difesa di Berlusconi non chiederà  alcun rinvio per l’udienza Mediaset.
Gli avvocati del Cavaliere – Niccolò Ghedini e Franco Coppi – hanno scelto di parlare per ultimi e chiuderanno la sfilata degli altri cinque legali, dopo il relatore Amedeo Franco, il sostituto procuratore generale Antonello Mura, la parte civile (palazzo Chigi).
Probabilmente le due arringhe slitteranno a domani mattina. La sentenza è prevista per la tarda serata, al più tardi per giovedì.
Ma negli ambienti berlusconiani si dà  per probabile mercoledì sera.
In aula, nell’aula grande del palazzaccio di piazza Cavour, non ci sarà  Berlusconi.
Tv e reporter da tutto il mondo.
La curiosità  per un processo che decide non solo le sorti personali del leader del Pdl, ma anche quelle del governo Letta e del Paese, non andrà  delusa.
Il processo si svolgerà  e si chiuderà . Questo ormai è certo. Del tutto improbabile che una richiesta di rinvio possa arrivare dai legali degli altri quattro imputati – Frank Agrama, Gabriella Galetto, Daniele Lorenzano, rispettivamente difesi da Roberto Pisano, Filippo Dinacci, Luca Mucci – perchè l’imprinting della strategia difensiva è decisa da Ghedini e Longo.
Con loro, a palazzo Grazioli, Berlusconi è rimasto fino all’ora di cena. Come Ghedini aveva anticipato una settimana fa, solo in quel momento, proprio a poche ore dall’inizio dell’udienza, l’ex premier nelle vesti scomode di imputato ha sciolto i dubbi e deciso che «tanto vale andare avanti e non chiedere rinvii perchè una manciata di giorni non cambierebbe nulla».
Qui sta il punto, che ha fatto pendere definitivamente la bilancia per il no al rinvio. Confermato anche dai contatti avuti, nel pomeriggio, con le supreme toghe della Cassazione.
Niente da fare per un ipotetico “rinvio lungo”. Dal collegio, qualora i legali avessero chiesto uno slittamento per avere più tempo per approfondire e discutere, sarebbe arrivato solo un “rinvio corto”. Tipo 10 agosto. Massimo 20.
Quindi nessuna speranza – come invece si auguravano Ghedini e Coppi – di poter agganciare la terza sezione, quella ordinaria, che ricomincia a lavorare dopo il 15 settembre.
Questo era l’unico obiettivo dell’eventuale richiesta di rinvio, evitare un collegio tutto sommato non gradito, un presidente – Antonio Esposito – che ha già  condannato sia Berruti che Brancher.
Ma dalla Cassazione è arrivato un niet senza possibilità  di appello.
La ragione è squisitamente tecnica: la sezione feriale “copre” tutti i processi che hanno la prescrizione in scadenza durante l’estate o nei 45 giorni successivi al 15 settembre, quando la feriale stessa chiude i battenti.
Anche spostando il più avanti possibile le lancette della prescrizione per Mediaset, secondo i calcoli di Ghedini si arriva al massimo al 26 settembre.
Quindi niente da fare con la terza sezione.
Nel lungo incontro con gli avvocati, Berlusconi ha tagliato corto: «Se mi devono condannare tanto vale che avvenga in agosto, quando l’attenzione della gente è minore per via delle vacanze ».
Non solo: con una sentenza d’appello emessa l’8 maggio e le motivazioni rese pubbliche il 23, il Cavaliere potrà  ben lamentare «la spaventosa accelerazione » che ci sarebbe stata con un’udienza in Cassazione fissata per la fine di luglio.
Il film della giornata odierna.
Sfilata di toghe e di avvocati, poi la camera di consiglio e il verdetto. Attesa al cardiopalmo per una sentenza che potrebbe cambiare la storia di Berlusconi, trasformandolo da un incensurato, cosa di cui il Cavaliere si è sempre vantato, in un condannato a 4 anni per frode fiscale e 5 di interdizione dai pubblici uffici.
La difesa gioca ovviamente la carta dell’innocenza totale (lui era premier e non si occupava di bilanci, quindi impossibile addebitargli la frode fiscale) e punta in primis all’assoluzione, com’è avvenuto per Mediatrade e il filone romano di Mediaset, o almeno al rinvio in appello.
Ma a palazzo Grazioli sono scettici e sentono già  odore di condanna.
A quel punto, al Senato, si apre il capitolo del voto sull’interdizione.
Ma prima bisognerà  vedere se reggeranno governo e legislatura.

Liana Milella
(da “La Repubblica”)

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CHI SONO I SEI MAGISTRATI CHE HANNO IN MANO IL DESTINO DI BERLUSCONI

Luglio 30th, 2013 Riccardo Fucile

IL PROCURATORE GENERALE E’ DELLA CORRENTE PIU’ A DESTRA DELLA MAGISTRATURA, NESSUNO E’ DI QUELLE DI SINISTRA

Si sono prenotate 24 televisioni. Tutti vogliono avere la telecamera accesa nel momento in cui la sezione feriale della Corte di Cassazione pronuncerà  la sentenza più attesa degli ultimi anni che, involontariamente, pesa sulla vita del governo Pd-Pdl. Ma il verdetto non dovrebbe arrivare in giornata: è probabile che slitti a domani o addirittura a giovedì, visto che prima del processo Mediaset ci sono un’altra decina di ricorsi.
Fino a ieri mattina aveva le quotazioni alle stelle la richiesta di rinvio da parte della difesa Berlusconi, o di uno degli altri imputati.
Invece, ieri sera (almeno fino alle 21) durante una riunione di tutti i legali, nello studio del professor Franco Coppi, si è deciso di non presentare istanza anche perchè le probabilità  di spuntarla sono minime.
Tutto ruota intorno ai tempi di prescrizione.
Per la difesa del Cavaliere sarebbe il 26 settembre, Ghedini docet.
Per la cosiddetta sezione spoglio della Cassazione, che fornisce dati indicativi ai giudici, la prescrizione è il primo agosto. I calcoli sono stati poi fatti e rifatti dal collegio giudicante.
E confermano: la prescrizione per Mediaset matura ad agosto, anche se per loro il giorno 4 e non dopodomani.
A spingere per giocarsi già  oggi il tutto e per tutto, senza richiesta di rinvio, è stato l’avvocato Coppi.
Dunque il giudizio definitivo potrebbe esserci, in teoria già  stasera, più probabilmente, mercoledì.
Anche nel caso in cui ci fosse un aggiornamento dell’udienza, comunque, il collegio giudicante rimarrebbe lo stesso, poichè è sempre la sezione feriale quella che si occupa, entro il 15 settembre, dei processi che si prescrivono entro metà  ottobre.
A presiedere c’è Antonio Esposito, il relatore è Amedeo Franco mentre i consiglieri sono Ercole Aprile, Giuseppe De Marzo e Claudio D’Isa.
Rimarrebbe lo stesso anche il rappresentante della Procura della Suprema Corte, il sostituto procuratore generale Antonello Mura che oggi, se l’udienza, come sembra, entrerà  nel vivo, durante la requisitoria farà  la sua richiesta ai giudici: per Berlusconi o conferma della condanna a 4 anni di pena (3 indultati) più 5 di interdizione dai pubblici uffici, o assoluzione, o annullamento con rinvio, quindi nuovo appello.
Se anche la sentenza dovesse risolversi con l’esito più nefasto per il senatore Berlusconi, la pena (al netto dell’indulto un anno di servizi sociali) non diventerebbe esecutiva fino al 15 ottobre.
Diverso il caso della pena accessoria, i 5 anni di interdizione dai pubblici uffici.
Sarà  il Senato, magari tra un anno, a votare “l’espulsione” dal Parlamento.

ANTONELLO MURA
Sarà  lui il Pg che farà  la richiesta alla Corte
Segretario generale della Cassazione, è il braccio destro del Procuratore generale Gianfranco Ciani. Oggi, se l’udienza entrerà  nel vivo, terrà  la requisitoria, al termine della quale farà  la sua richiesta alla Corte: conferma della condanna, assoluzione o appello bis.
È stato presidente di Magistratura Indipendente, la corrente più a destra dei magistrati. È stato membro del Consiglio superiore della Magistratura . È vicepresidente del Consiglio consultivo dei Procuratori europei, istituito dal Consiglio d’Europa, nonchè segretario generale della International Association of Judges, della quale fanno parte associazioni nazionali di magistrati di 78 Paesi. Con il collega Antonio Patrono, anche lui di Magistratura Indipendente, ha scritto il libro La giustizia penale in Italia, un processo da sbloccare. La lezione americana.
ANTONIO ESPOSITO
È il presidente della sezione feriale
Presidente della sezione feriale, è lui il giudice che dopo aver ricevuto il fascicolo Mediaset con l’indicazione della prescrizione “primo agosto”, per la frode 2002, non ha potuto che fissare l’udienza per Berlusconi e gli altri imputati al 30 luglio.
La sua sezione di provenienza, la seconda penale, con lui presidente, ha confermato la condanna all’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, le ordinanze di custodia cautelare per l’ex sottosegretario del Pdl, Nicola Cosentino e l’ex parlamentare, Sergio De Gregorio.
Ha confermato la condanna di Massimo Maria Berruti, Pdl, così come la condanna del governatore di Bankitalia, Antonio Fazio per il processo Antonveneta. Nel 2011, Esposito sempre da presidente della sezione feriale, fissò al 4 agosto l’udienza del processo all’ex ministro Aldo Brancher (Pdl) perchè il giorno seguente sarebbe scattata la prescrizione.
AMEDEO FRANCO
Il relatore che guida il Suv
È il giudice relatore. Non è iscritto ad alcuna corrente della magistratura. Viene considerato un “moderato”. Sarà  lui, per un’ora e mezza circa, ad illustrare la storia del processo Mediaset.
Le sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano che hanno condannato Berlusconi a 4 anni di pena (3 indultati) e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. È giudice della terza sezione penale, la stessa (lui non faceva parte del collegio) che ha confermato in parte la prescrizione e in parte il proscioglimento per Berlusconi , deciso dal gup di Roma per un filone dell’i n-chiesta Mediatrade, nata a Milano. Viene definito “serio e rigoroso”. Qualcuno in Cassazione, scherzando, dice che un difetto ce l’ha: “Guida in città  un ingombrante Suv”.
CLAUDIO D’ISA
Il giudice che doveva fare il sindaco
Giudice a latere, proviene dalla quarta sezione penale della Cassazione. Ha già  fatto parte della sezione feriale, sempre con Antonio Esposito presidente. Viene definito “un ottimo magistrato”. Anche lui non è iscritto ad alcuna corrente della magistratura. Per gli amanti delle etichette, lo si può definire un “centrista”, un “moderato”.
Nel 2011 una parte dell’Udc e del Pd del suo comune di origine, Piano di Sorrento, ha provato, per l’ennesima volta, a farlo candidare come sindaco. Non ha accettato. In compenso, è un animatore del Rotary Club cittadino, per il quale organizza convegni sulla legalità  e contro il crimine organizzato. Il figlio Dario, avvocato, si è presentato alle amministrative del 2006 con una lista civica ma non è stato eletto.
ERCOLE APRILE
L’esperto di procedura penale
Giudice a latere. È nato a Lecce, ha 52 anni e proviene dalla sesta sezione penale della Cassazione che affronta diversi processi sulla criminalità  organizzata. Come gli altri componenti del collegio, non è iscritto ad alcuna corrente delle toghe. È autore di numerosi libri di diritto. L’ultimo l’ha pubblicato quest’anno: Appello, ricorso per Cassazione e revisione.
GIUSEPPE DE MARZO
Il consigliere civilista
Giudice a latere. Il più giovane componente del collegio è anche l’unico a provenire da una sezione civile. Poichè si tratta della sezione feriale, è possibile avere giudici “misti”, penalisti e civilisti. Esperto in Diritto del lavoro e Diritto di famiglia, su queste tematiche ha pubblicato molte monografie ed articoli.

Antonella Mascali
(da “il Fatto Quotidiano“)

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