Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
CRONACA DELL’ULTIMA ORA
Bombe carta contro il ministero dell’Economia.
Uova, tre bombe carta e lancio prolungato di bottiglie contro la sede del ministero dell’Economia in via XX Settembre dove i manifestanti del corteo stanno sfogando la propria rabbia. In questo momento al gruppo di manifestanti si sono uniti alcuni giovani incappucciati.
Cariche della polizia davanti al ministero dell’Economia
Le forze dell’ordine hanno caricato un gruppo di persone travisate che stava assaltando i blindati.
Alcuni di loro stanno fuggendo verso via Quintino Sella inseguiti dalla polizia.
Barricate con cassonetti vicino in Via XX Settembre
Il gruppo di incappucciati che aveva gettato bombe carta contro i blindati ha innalzato delle barricate lungo via Quintino Sella e via Goito per coprirsi la fuga. Hanno usato cassonetti. Nei pressi del ministero Economia c’è tensione. Si teme possano raggiungere altri ministeri.
Sfondate vetrine Unicredit
E’ successo in Via Boncompagni. Sotto attacco anche sportelli di Banca Intesa.
Cassonetti in fiamme in via Boncompagni
Alcuni incappucciati stanno sfondandola vetrina dell’agenzia Unicredit di via Boncompagni, armati di spranghe e transenne. La vetrina è stata presa anche a sassate. Al passaggio degli incappucciati diversi i cassonetti dati alle fiamme in via Goito e in via quintino Sella. Cassonetti incendiati anche in via Boncompagni.
Incappucciati fermati durante gli scontri davanti al ministero delle Finanze
Le forze dell’ordine stanno ora portando in questura le persone fermate.
Barricate con cassonetti vicino in Via XX Settembre
Il gruppo di incappucciati che aveva gettato bombe carta contro i blindati ha innalzato delle barricate lungo via Quintino Sella e via Goito per coprirsi la fuga. Hanno usato cassonetti. Nei pressi del ministero Economia c’è tensione. Si teme possano raggiungere altri ministeri.
Cassonetti in fiamme in via Boncompagni
Alcuni incappucciati stanno sfondando la vetrina dell’agenzia Unicredit di via Boncompagni, armati di spranghe e transenne. La vetrina è stata presa anche a sassate. Al passaggio degli incappucciati diversi i cassonetti dati alle fiamme in via Goito e in via quintino Sella. Cassonetti incendiati anche in via Boncompagni.
Bombe carta davanti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Corteo giunto a Porta Pia – Mentre ancora tensione si registra nella parte della coda.
Barricate con cassonetti vicino a Porta Pia
Il gruppo di incappucciati sta costruendo barricate con cassonetti dati alle fiamme a Corso d’Italia avvicinandosi alla meta del corteo, piazza di Porta Pia, dove si trovano già alcun manifestanti arrivati.
Almeno otto le bombe carta lanciate
I lanci si sono verificati tra la sede del ministero delle Infrastrutture e la sede delle Ferrovie dello Stato, in viale del Policlinico. Sale la tensione alla manifestazione dei comitati di lotta per la casa. Alcune bombe carta sono state lanciate anche all’indirizzo delle camionette dei carabinieri che stazionano a protezione delle sedi prese di mira.
Tensioni in piazza Fiume
Sotto il Ministero delle infrastrutture circa 500 manifestanti stanno attendendo l’arrivo del corteo provocando le forze dell’ordine con insulti. Qui, sotto la sede del Ministero delle Infrastrutture, dovrebbe finire la manifestazione, ma davanti alla sede di Ferrovie dello Stato continuano i lanci di bombe carta.
11 i fermi
Sono 11 le persone fermate da polizia e carabinieri per gli scontri avvenuti durante la manifestazione in corso a Roma. A quanto si apprende, otto sono state fermate dagli agenti e tre dai militari. La loro posizione è ora al vaglio.
Prime tende a Porta Pia
Le prime tende da campeggio sono comparse a Porta Pia, dove sta per concludersi il corteo degli antagonisti che oggi pomeriggio ha attraversato la Capitale. Alcuni manifestanti stanno piantando le canadesi dove passeranno la notte, così come accaduto ieri a piazza San Giovanni, in quella che loro definiscono la “notte bianca del dissenso”.
Bombe carta contro ambasciate tedesche
Anche e fumogeni sono stati lanciati oggi pomeriggio anche contro il portone dell’Ambasciata tedesca in Italia, in via San Martino della Battaglia, lungo il percorso del corteo degli antagonisti che ha attraversato il centro della Capitale.
Manifestanti danzano a Porta Pia
‘Senza padroni, senza frontiere’. Questo lo striscione che campeggia a piazza di Porta Pia dove i manifestanti, che hanno piantato anche alcune tende simboliche, hanno iniziato da pochi minuti canti e balli. Molti manifestanti dei comitati di lotta per la casa hanno già lasciato il piazzale antistante il ministero dei Trasporti pubblici, dirigendosi verso strade laterali. Costante il monitoraggio della sicurezza da parte delle forze dell’ordine, con i blindati della polizia schierati davanti al ministero guidato da Maurizio Lupi e gli agenti in tenuta antisommossa. ‘Continua l’assedio’, si ripete dagli altoparlanti mentre ogni tanto un fumogeno colora l’aria di arancione.
Carabiniere lievemente ferito
Colpito da una bottiglia di vetro lanciata dai manifestanti contro la sede di Casapound, uno dei carabinieri del presidio disposto in via Napoleone III è rimasto ferito in modo non grave.
Il numero dei fermati sale a 12
Con il fermo di un manifestante da parte dei carabinieri, sale a 12 il bilancio dei fermati oggi dalle forze dell’ordine dopo gli scontri verificatisi al corteo per le vie di Roma.
Nuovo lancio di bottiglie
Volano ancora le bottiglie contro le forze dell’ordine che stanno presidiando il ministero delle Infrastrutture. Nella piazza ci sono stati momenti di tensione con fuggi fuggi di manifestanti. Poi la situazione è tornata normale, con le forze dell’ordine che continuano a presidiare la sede del dicastero.
Bomba carta con proiettile contro polizia a piazza Croce Rossa
Durante il corteo una bomba carta, contenente un proiettile calibro 12 che fortunatamente non è esploso, è stata lanciata contro la polizia in piazza della Croce Rossa. Gli artificieri sono sul posto.
Allontanati incappucciati a Porta Pia
Il gruppo di incappucciati che ha lanciato bottiglie contro le forze dell’ordine è stato inseguito dal servizio d’ordine del corteo e allontanato.
Disinnescati gli ordigni in piazza della Croce Rossa
Gli artificieri hanno disinnescato tre bombe carta contenenti proiettili calibro 12; se fossero esplose sarebbero state più potenti di una bomba a mano e potevano ferire gravemente. Gli ordigni erano in terra a piazza della Croce Rossa, nei pressi della sede delle Ferrovie dello Stato.
Due carabinieri rimasti feriti
Sono stati colpiti durante gli scontri davanti al ministero dell’Economia. Un ispettore di polizia invece è stato colpito da infarto durante i momenti di tensione che hanno preceduto gli scontri e le cariche
I fermati durante gli scontri sono 15, anche minorenni
Quattro delle persone sono stati fermate dai carabinieri e 11 dalla polizia. Tra questi ci sono 5 romani, 2 napoletani, un pesarese, un albanese, un casertano, un’aretino, un genovese, un ciociaro e uno di Barletta. Tra loro anche minori: hanno tra i 16 e i 25 anni.
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
SEQUESTRATI SANPIETRINI, MAZZE ED ESTINTORI, INCAPPUCCIATI A TERMINI:..CIRCA 30.000 GLI “ANTAGONISTI”, PER ORA EVITATI DISORDINI
I temuti disordini, per ora, non ci sono stati. 
Ma lo scontro è stato evitato per un soffio quando dalla testa del corteo degli antagonisti un gruppo si è staccato e è diretto verso via Napoleone III, dove ha sede l’associazione di estrema destra CasaPound.
Ad attenderli decine di esponenti del movimento con caschi e mazze in mano, oggetti che avevano con sè anche gli antagonisti.
Non è successo altro perchè la polizia in assetto antisommossa si è frapposta tra i due gruppi e ha evitato il contatto fisico.
Intanto, però, vicino alla stazione Termini sono stati avvistati alcuni incappucciati. E la statua del papa in piazza dei Cinquecento è stata imbrattata.
IL CORTEO
È partito in ritardo l’«assedio», ovvero la manifestazione contro «l’austerità a senso unico» che stasera, da San Giovanni, raggiungerà Porta Pia, dove i partecipanti promettono di organizzare una «notte bianca del dissenso».
In testa i movimenti per la casa e i No Tav, No Muos, No Expo. Tanti i migranti, ma sfilano anche anarchici, centri sociali, studenti, Rifondazione e i sindacati Cobas e Usb, reduci dalla manifestazione di venerdì.
Oltre a personaggi noti come Erri De Luca.
Ad aprire il corteo – 70 mila i partecipanti secondo gli organizzatori, 30 mila secondo altre fonti – un camion dove è issato uno striscione bianco con la scritta «Contro precarietà e austerità organizziamo la nostra rabbia».
Blindata la città , chiusi molti negozi lungo tutto il percorso e rinforzate le vetrine delle banche anche con tavole di legno, soprattutto in via XX Settembre. Si vogliono evitare gli attacchi violenti come successe durante la manifestazione del 15 ottobre 2011 , con decine di vetrine, macchine e motorini devastati.
ROMA BLINDATA
Nel timore di scontri e disordini il Campidoglio ha creato un’unità di crisi, mentre l’Ama ha rimosso 200 cassonetti e 130/140 cestoni porta-rifiuti in ghisa. Le forze dell’ordine hanno sequestrato sampietrini, mazze ed estintori nascosti nel sottopasso vicino a Porta Pia.
Sono quattromila i poliziotti, i carabinieri e i finanzieri in piazza anche per sorvegliare le sedi dei ministeri, obiettivi dichiarati dell’«assedio» da parte manifestanti.
Un elicottero sorvola il corteo, rafforzata la vigilanza alle vie d’acceso al Viminale, Palazzo Chigi, Senato e Quirinale.
Non si segnalano particolari disagi alla circolazione, sia in centro sia sulle strade consolari.
ANARCHICI
La manifestazione è partita più tardi del previsto perchè, secondo gli organizzatori, la polizia ha bloccato alcuni pullman alla periferia di Roma.
Severissimi i controlli delle forze dell’ordine, tant’è che già nella serata di venerdì i carabinieri hanno identificato e denunciato nove anarchici.
Quattro sono stati fermati in via Santa Croce in Gerusalemme per porto di armi e oggetti atti ad offendere: sequestrati un coltello, due fionde, una pietra, un moschettone, un passamontagna e una bomboletta spray.
Poco più tardi in al casello Roma Nord sono stati bloccati altri cinque manifestanti: avevano segnalazioni a loro carico e nell’auto due caschi, una catena con lucchetto e una mascherina con filtro. Nei loro confronti è stato emesso anche il foglio di via obbligatorio.
Sono dunque in tutto 14 i denunciati, visto che v enerdì mattina erano stati fermati ed espulsi cinque black bloc francesi che potrebbero essere parte di un gruppo oppure di una componente trasversale di «professionisti del disordine».
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
RESPINTE LE DUE QUESTIONI DI COSTITUZIONALITA’ AVANZATE DALLA DIFESA CHE RICORRERA’ IN CASSAZIONE: DECISIONE PREVISTA NEI PRIMI MESI DEL NUOVO ANNO
Due anni d’interdizione dai pubblici uffici.
È questa la decisione della Corte d’Appello di Milano. I giudici hanno accolto la richiesta che aveva presentato il Pg Laura Bertolè Viale respingendo le due questioni di costituzionalità avanzate dalle difese.
Il processo era stato ordinato quest’estate dalla Corte di Cassazione che aveva annullato con rinvio la precedente interdizione che i giudici avevano quantificato in cinque anni.
Come si ricorderà i giudici di terzo grado, confermando i 4 anni di reclusione per frode fiscale, avevano annullato però i 5 anni d’interdizione dai pubblici uffici comminati dai giudici di secondo grado, sostenendo che vi fosse squilibrio nel rapporto con la condanna penale e che non si potessero superare i 3 anni d’interdizione.
Stamattina l’udienza si è aperta davanti alla terza sezione d’appello. Da una parte la richiesta del pg, infatti c’è la nuova quantificazione della pena accessoria richiesta dal Pg, ma dall’altra ben due eccezioni di costituzionalità sollevate dalla difesa del Cavaliere, rappresentata in aula dall’avvocato Niccolò Ghedini e da un sostituto processuale dell’avvocato Franco Coppi, l’avvocato Roberto Borgogno.
Nel suo intervento Ghedini aveva sostenuto da una parte l’incongruenza e l’irragionevolezza tra l’applicazione della legge Severino (decadenza dal seggio senatoriale e interdizione per sei anni dai pubblici uffici) e un’eventuale sentenza d’appello che quantificherebbe l’interdizione a soli due anni perchè finirebbero per sommarsi; dall’altra il fatto che avendo Mediaset aderito all’accertamento fiscale dell’agenzia delle entrate pagando undici milioni di euro lo scorso settembre – quindi dopo la sentenza della cassazione in agosto – la pena accessoria stabilita dai giudici non sarebbe applicabile in base l’articolo 13 della legge speciale numero 74 del 2000. La norma però dice che non sono applicabili le pene accessorie solo se si paga prima dell’apertura del dibattimento.
Qui invece il pagamento è intervenuto solo da pochi giorni.
Il difensore Niccolò Ghedini si è già detto pronto a ricorrere in Cassazione.
Un ricorso che punterà sia sul ricalcolo della pena accessoria, sia riproponendo entrambe le questioni di costituzionalità sulla legge Severino sollevate oggi in udienza.
Per la difesa del Cavaliere oggi “non avrebbe dovuto trovare applicazione nessuna misura interdittiva”.
Al verdetto d’appello ‘bis’ seguirà il deposito delle motivazioni, atteso entro 15 giorni.
Solo dopo un eventuale nuovo verdetto della Suprema Corte, che potrebbe arrivare a fine 2013 o inizio 2014, la decisione sarà definitiva.
A quel punto Berlusconi non potrà nè votare nè candidarsi per tutto il tempo indicato dai giudici e perderà il diritto di sedere in Parlamento.
Inoltre non potrà essere tutore o curatore, svolgere pubblici uffici e ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio.
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
ALL’INTERNO DELL’ALA PIU’ DURA DEL MOVIMENTO ANTAGONISTA PREVALE L’IDEA DELLO SCONTO… ASSALTO AI BANCOMAT, BARRICATE E VERNICI CONTRO GLI AGENTI: QUESTE LE PREVISIONI DELL’INTELLIGENCE
Lo scenario che si prefigura per la manifestazione di oggi è già molto cupo. 
Livello di pericolo 8 su 10, secondo le previsioni degli analisti dell’intelligence che stanno fornendo dati e valutazioni alle forze di polizia.
E che fino a mercoledì avevano sperato in una giornata di protesta controllabile e addirittura autocontrollata.
Invece l’espulsione dall’Italia di cinque cittadini francesi fermati a Roma, legati al gruppo anarco-radicale che fa capo a Julien Coupat (un giovane intellettuale accusato nel 2008 di aver sabotato la linea dell’alta velocità nei pressi di Dhuisy e poi al centro di un’aspra polemica per la sua carcerazione forzata, che vide il governo francese contrapposto ad uno schieramento trasversale di giornali e forze politiche), ha fatto accendere un’altra spia d’allarme a conferma del fatto che all’interno del movimento e soprattutto nelle componenti che si muovono ai margini sarebbe ormai passata la linea dello scontro più duro.
Assalti ai bancomat, agli esercizi commerciali, carrelli dei supermercati da usare come arieti per rompere i blocchi delle forze di polizia, macchine idropulitrici per spruzzare di vernice le visiere dei caschi degli agenti e bombe carta di varia potenza in arrivo da Napoli, oltre a tutti gli strumenti di offesa e difesa che sono stati già sperimentati sul campo: caschi, maschere antigas, spranghe, eccetera.
Questo si starebbe preparando, secondo gli analisti. In una escalation che da Piazza San Giovanni, passando per Piazza della Repubblica, dovrebbe portare ad un “innalzamento della conflittualità e ad azioni” contro la sede della Banca d’Italia e gli uffici consolari tedesco e britannico in via XX Settembre e in via San Martino della Battaglia, proseguendo con veri e propri “assedi ed assalti” al Ministero dell’Economia, alla sede della Cassa Depositi e Prestiti e al Consiglio Superiore della Magistratura fino alla acampada finale a Porta Pia, programmata per tutta la notte dopo aver sfondato il cordone di polizia e carabinieri con uno dei camion del corteo, e la costruzione di una barricata davanti al Ministero delle Infrastrutture con l’installazione di tende e gazebo su via Nomentana.
Gli analisti stimano la consistenza del corteo in 7-8mila unità , quella del blocco dei più violenti in circa 200 unità e in 100 unità quella relativa alla componente anarchica, con possibili infiltrazioni di cellule da Francia e Germania, legata a doppio filo al centro sociale Acrobax di Roma, che avrebbe espresso la linea più dura.
Un punto interrogativo non trascurabile sarebbe inoltre rappresentato da alcune centinaia di antagonisti arrivati al seguito delle tifoserie per assistere alla partita Roma-Napoli, che avrebbero intenzione di rimanere in città durante la notte per poi partecipare al corteo.
E proprio la notte dovrebbe chiarire le posizioni all’interno della galassia dei gruppi in vista della manifestazione.
Da una parte i più intransigenti, intenzionati a forzare la mano per cercare una rottura del corteo. Dall’altra comitati di lotta ambientalisti e contro le grandi opere (No Tav, No Muos), Movimenti per l’Abitare, movimenti per i diritti e i beni comuni, area di San Precario, Sindacati di base e molti centri sociali, che vorrebbero evitare di cadere nella “trappola” dello scontro e della conseguente repressione da parte delle forze dell’ordine.
Obiettivo comune resta l’occupazione delle piazze (San Giovanni, Porta Pia), con l’intento di tenerle “a qualsiasi costo” almeno fino a tutta domenica, ispirandosi alle occupazioni popolari avvenute in Turchia, Spagna e Grecia, per dare un segnale d’opposizione forte al sistema (e al governo) e cercare di aggregare così maggiore consenso popolare su temi a carattere sociale. Se sarà una giornata di protesta o di guerriglia lo scopriremo tra qualche ora.
Al momento però il barometro, avvertono gli analisti dell’intelligence, tende al peggio.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
SI TEME LA TRAPPOLA: SE LA PASCALE QUERELA E POI LA BONEV TIRASSE FUORI FOTO E FILMATI SAREBBE LA CATASTROFE
Lo spettro di un nuovo sex gate si materializza quando nello studio di Servizio pubblico Michelle Bonev inizia a rispondere alle domande di Michele Santoro.
Inizia così una ventiquattrore che sembra spostare le lancette dell’orologio di palazzo Grazioli ai tempi degli scandali delle escort (maggiorenni o minorenni che siano).
Il nuovo “ciarpame senza pudore” (per usare le espressioni di Veronica) ha il volto dell’attrice bulgara.
È allarme rosso a palazzo Grazioli. Tanto che viene convocata un’unità di crisi per guardare la trasmissione Santoro.
Ci sono i direttori dei tg Mediaset Clemente Mimun e Giovanni Toti, corsi da Milano a Roma, e Francesca è in costante collegamento telefonico con gli avvocati. Taccuino degli appunti in mano.
Francesca è furiosa, perchè la trasmissione è un massacro dell’operazione “sacra famiglia” tutte coccole e Dudù che il duo Rossi-Pascale ha messo su sui giornali patinati negli ultimi mesi.
Si torna indietro a quando Francesca era una delle tante ragazze che partecipava alle feste, a quando palazzo Grazioli e Arcore erano gironi della lussuria.
Risuonano — come se fossero dette da una Cassandra — le parole di Veronica (“mio marito è un uomo malato, aiutatelo”), forse le uniche che precisano il carattere ossessivo del rapporto tra Berlusconi e le donne.
È uno shock. Tanto che, nella prima mezz’ora di trasmissione, era previsto che chiamasse in diretta Daniela Santanchè di fronte una performance difensiva di Belpietro in studio giudicata deludente dal Cavaliere.
Una mossa stoppata per non fare il gioco di Santoro.
Anche se Daniela resta pronta alla pugna e sente più volte Berlusconi fino a notte. A questo punto parte l’ordine ai dichiaratori.
Nel secondo blocco di trasmissione, quando la Bonev ha già chiarito che per premiarla a Venezia i ministri del governo Berlusconi misero in atto un’operazione degna di un film di Totò, piovono una trentina di dichiarazioni di parlamentari di fascia medio-alta del Pdl contro la “macchina del fango”.
Nello spazio delle ventiquattrore successive Santoro viene insultato da mezzo Pdl: “serial killer dell’informazione” (Francesco Paolo Sisto), “utilizzatore finale” (Daniela Santanchè) “cloaca” (Luca D’Alessandro), “macelleria” (Brunetta).
Sono i segni di un nervosismo crescente, praticamente di panico.
Su twitter e sui social, a trsmissione in corso, la task force per arginare i danni all’immagine di Francesca è un flop.
Insulti dalla rete che crede alla Bonev. Silvio Berlusconi è una furia.
Le sue parole verso Santoro sono irriferibili. Nella war room di palazzo Grazioli la domanda che resta senza risposte è la più inquietante: “Che cosa ha davvero in mano la Bonev per esporsi così?”.
Già , perchè delle due l’una, dicono gli esperti del Cavaliere: o è una pazza o ha qualcosa in mano per ricattare Francesca e Silvio.
I taccuini degli esperti sono pieni di appunti. Buoni per ricapitolare la tesi della Bonev.
Sono tre i pizzini bulgari.
Primo, il pizzino della zizzania: la Pascale, secondo il racconto dell’attrice, è una delle tante ragazze ma a Silvio non piace, tanto che non partecipa al giro delle feste “eleganti” ad Arcore; va ogni tanto a Grazioli, ma non è la preferita del Capo. Secondo, e qui il pizzino si fa pesante: Francesca “è lesbica” e avrebbe avuto una relazione con la Bonev stessa.
Terzo: “Francesca sa tutto” di Berlusconi, è stata osservatrice e testimone degli scandali, delle abitudini impronunciabili, anzi ha ricoperto il ruolo di colei che mette ordine nell’harem, “facendo pulizia” delle presenze più imbarazzanti.
Tanto che proprio su questo terreno una lite col Cavaliere sarebbe degenerata fino alle mani.
Insomma, è la tesi che a notte fonda viene condivisa da tutti, la Bonev sta ricattando direttamente Francesca parlando della loro presunta relazione saffica.
E sta ricattando indirettamente Berlusconi tramite Francesca che “sa tutto”.
E qui si torna alla domanda che resta senza risposta: “Si è esposta così tanto che o ha qualcosa in mano o è pazza”.
Ecco l’incubo dell’ultimo sex gate: le ipotesi che rimbalzano dal palazzo (Grazioli) dove le luci restano accese almeno fino alle due di notte sono le più fantasiose: foto, filmini vietati ai minori, materiale in grado di alimentare lo scandalo.
Torna l’incubo della manovra premeditata, studiata a tavolino per accompagnare l’assedio finale di Berlusconi sul punto di decadere.
Un incubo che la reazione dell’attrice bulgara alla denuncia di Francesca conferma in modo allarmante.
Alla notizia di una richiesta di danni per dieci milioni di euro, Michelle risponde in modo quasi sprezzante: “Non ho ricevuto alcuna querela — scrive su twitter – Ma sono pronta a sostenere la verità anche davanti ai magistrati, come ho fatto a Servizio pubblico”.
La sensazione è che il nuovo capitolo del sexgate sia solo all’inizio.
Un indizio arriva dalla strategia comunicativa di Francesca Pascale. Giovedì sera in studio Maurizio Belpietro, contestando le affermazioni della Bonev riguardo al suo essersi “allontanata” dall’entourage di Berlusconi già da diversi mesi, ha parlato di “messaggini” recentissimi inviati da Michelle alla Pascale.
Evidentemente avuti dalla stessa Francesca per una più efficace difesa in diretta.
In uno di questi, rivelato dal corrieredelmezzogiorno.it, dello scorso 4 ottobre (giorno di San Francesco) la Bonev scrive: “Sono stata l’unica a credere in te, l’unica a ripetere che eri tu la donna giusta per lui. Questi sono i fatti. Il risultato è che oggi voi state sulle copertine dei settimanali e io sono distrutta professionalmente e psicologicamente, con un’azienda messa in liquidazione. Due mesi fa ti avevo scritto che avevo bisogno di incontrare Silvio e ancora sto aspettando la risposta. Questa è la verità ”.
È il primo sms di una serie. Il tono si fa poi incalzante: “Perciò non scrivere che tu per me ci sei sempre – prosegue un messaggio della Bonev alla Pascale di 15 giorni fa – perchè è una delle tante bugie che racconti. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perchè saranno saziati”.
I pidiellini esperti di scaldali notano a microfoni spenti che, evidentemente, questo sms presuppone che Francesca le abbia detto “io per te ci sono sempre”, frase che si presterebbe a più interpretazioni.
Chissà .
Resta la domanda: che cosa ha in mano la Bonev?
Forse qualcuno a palazzo Grazioli sa cosa potrebbe avere.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
IL LIVELLO DI FIDUCIA NEI PARTITI POLITICI E’ SOLO AL 4%…. E IL 68% VORREBBE LA CANCELLIERA
Basso, bassissimo. Il livello di fiducia degli italiani nei partiti politici è solo al 4 per cento mentre
il 68 per cento “sogna” Angela Merkel come premier.
E’ questo il risultato dell’indagine sulla percezione della crisi e il Made in Italy presentata oggi al form della Coldiretti e realizzata dall’istituto Ixè.
L’indagine viene presentata nel giorno in cui il presidente dell’organizzazione agricola, Sergio Marini, annuncia le dimissioni della carica dopo 7 anni per andare alla guida di una Fondazione probabile primo passo verso un impegno politico attivo.
L’indagine mette in evidenza anche il fatto che per quasi un italiano su tre (31 per cento) l’intervento della troika (Fondo Monetario, Commissione Europea, Bce) sui conti italiani sarebbe una salvezza, una percentuale nettamente superiore al 25 per cento che la ritiene invece una sciagura.
E questo dato insieme alla fiducia nella Merkel, secondo i ricercatori, evidenzia come gli italiani sembrano credere “maggiormente ad economisti e politici stranieri rispetto a quelli nostrani”.
In questa classifica di fiducia le banche raccolgono il 9 per cento mentre svetta il Papa con il 74 per cento.
Poi ci sono le forze dell’ordine (70%), la magistratura (55 per cento) e il Presidente della Repubblica al 52 per cento.
Secondo Marini “nella politica viene individuata una chiara responsabilità della difficile situazione tanto che l’unico punto di riferimento sicuro è il Santo Padre”.
Si spiega anche cosi la scelta di Marini e di Coldiretti dar vita ad una Fondazione.
Maurizio Tropeano
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
IL COMUNE RICONOSCE LO “IUS SOLI” PER I FIGLI DEGLI IMMIGRATI
C’erano una volta le panchine espiantate per non far sedere gli immigrati e c’era un sindaco diversamente democratico che proponeva di «vestirli da leprotti per fare pim pim pim col fucile».
Ma solo dopo averli schedati («impronte di mani, piedi e naso») e prima di caricarli sui «vagoni piombati», che sennò loro, quei «perdigiorno extracomunitari », «portano Aids, Tbc, scabbia, epatite» e «annacquano la nostra civiltà ».
Erano i tempi della “Razza Piave”.
Quel fine dicitore “del sceriffo” Gentilini non si era ancora paragonato al Duce («ho finito il mio ventennio, oggi osservo dal balcone»).
Nessuno avrebbe mai immaginato che la storia sarebbe cambiata. Non qui, non così.
E invece è tanto girata che a Treviso, ex feudo leghista con un crescente 11% di stranieri, moltissimi dei quali integrati e impiegati, adesso ai bambini forestieri nati in città i figli dei «leprotti» – daranno la cittadinanza onoraria.
Fratelli stranieri. Fratelli della stessa comunità .
Un’anticamera locale dello ius soli. «È un segnale di discontinuità col passato», dice il sindaco Giovanni Manildo, l’ariete del centrosinistra che l’anno scorso ha messo una pietra sopra l’era Gentilini e ora “il sceriffo”, dai giardinetti, lo chiama «neobolscevico»
Piazza dei Signori, le quattro del pomeriggio.
Il termometro di tutto quello che accade o non accade nel capoluogo della Marca è qui.
Sotto il palazzo del Podestà . Nel punto dove i pasdaran della “tolleranza doppio zero” arringavano dal palco la folla leghista sproloquiando su «spari ad altezza d’uomo», «tiro ai gommoni», «burqa da bruciare».
Sempre dal repertorio gentiliniano: «La nostra civiltà è superiore a quella del deserto, gli immigrati rovinano la nostra razza»
Zina è una madre moldava e non ha rovinato niente. Ha un sorriso lieve, tiene per mano suo figlio che ha sei anni e ha iniziato la prima elementare da un mese, e forse tra trenta giorni sarà trevigiano ad honorem. Istituto Primo comprensivo, zona San Bartolomeo.
«Lui è nato qui, è cresciuto qui, sta benissimo coi suoi compagni. È giusto che sia considerato un cittadino italiano».
San Bartolomeo, sulla strada Ovest, San Paolo, Monigo. La cintura urbana che non è più centro e non è ancora lontana periferia.
Tanti figli di bosniaci, romeni, moldavi, kosovari, e cinesi, marocchini, tunisini. I nuovi trevigiani studiano qui.
Sono 1.800 e hanno da 0 a 19 anni. Un quinto degli 11mila cittadini stranieri di Treviso (la città ne fa 82mila, con la provincia si arriva a 890mila). «Sono contenta se fanno questa cosa, almeno i bambini devono sentirsi uguali agli altri ».
Zina parla come se la cittadinanza onoraria voluta dall’amministrazione – si partirà a novembre con le prime assegnazioni, di concerto con le scuole – avesse anche una validità giuridica: non è così. Per la legge restano bimbi stranieri. Per ora.
Ma è bello, e fa niente se è retorico, che il significato sia questo, e che una mamma lo percepisca in questo modo
«Il riconoscimento è un modo per dire ai bimbi che loro fanno parte della nostra comunità e che la comunità li accoglie», spiega Anna Cabino, assessore alle politiche per l’immigrazione e la scuola.
È un inizio (come già voluto e sperimentato in altre città ).
«Vogliamo lanciare un messaggio al governo a favore dello ius soli, il riconoscimento della cittadinanza piena ai bimbi nati in Italia. Inviteremo il ministro Kyenge, vorremmo fosse lei a consegnare questi riconoscimenti ai bambini delle prime elementari».
Eccola la rivoluzione dolce di Treviso. «L’idea della giunta è un grande segnale di civiltà – spiega Abdallah Zezragi, rappresentante della comunità marocchina – Questa città ha sempre saputo integrare anche se certi ammini-stratori vomitavano odio contro gli immigrati cavalcando la paura della gente».
Modou Diop, 48 anni, senegalese, è un operaio della “Geox”. Da due giorni è ufficialmente cittadino italiano. Che a giurare sulla Costituzione di fronte al sindaco Manildo sia stato lui, leader del coordinamento delle associazioni delle varie etnie presenti nella Marca, è un segno ulteriore. «Vogliamo una città aperta, sempre più multietnica e multiculturale – aggiunge il primocittadino –. L’epoca della xenofobia becera è finita, Treviso è di tutti e per tutti, saremo la città dell’accoglienza »
La Provincia è a guida leghista, come la Regione Veneto.
Ma le visuali, rispetto a un tempo, sono cambiate.
«Lo ius soli? Se è come in Germania, partendo dai bambini di 8 anni, si può fare», apre il governatore Luca Zaia.
Del resto la nuova composizione di Treviso è sotto gli occhi di tutti.
Un dossier di Anolf CISL calcola che se solo 15 residenti stranieri su 100 in provincia fossero nati in Italia e minorenni, con lo ius soli sul territorio si conterebbero almeno 15mila italiani in più. Per ora si parte, simbolicamente, dai bambini.
Il che scatena le prevedibili esternazioni del destituito Gentilini. «Mi sembra una frenesia demenziale. La cittadinanza onoraria la si dà a chi merita, non ai bambini stranieri. Io l’ho data a Pierre Cardin. E comunque le panchine che ho tolto dalla stazione, per fortuna, non le hanno più rimesse».
Paolo Berizzi
(da “la Repubblica“)
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
IL DDL ABOLISCE IL CARCERE PER I GIORNALISTI, MA PREVEDE MULTE PESANTISSIME E L’OBBLIGO DI RETTIFICA SENZA RISPOSTA O COMMENTO… NIENTE AMMENDA PER LE QUERELE “INTIMIDATORIE”
Una toppa peggiore del buco. Montecitorio vara la nuova legge che riforma il reato di
diffamazione a mezzo stampa (ora passa al Senato, dove si prevedono tempi lunghi) e cancella il carcere per i giornalisti e i direttori delle testate.
Peccato, però, che a fronte di questa concessione alla stampa, le forze politiche abbiano aumentato in modo robusto le multe introducendo anche l’obbligo della rettifica senza commento a favore dell’offeso.
In più, la maggioranza ha pensato bene di eliminare qualsiasi ammenda verso chi intenta querela nei confronti dei giornalisti a scopo squisitamente intimidatorio (resta solo una multa di 10 mila euro nei casi più eclatanti), ovvero le cosiddette “querele temerarie”. Niente carcere, insomma, ma un guinzaglio alla stampa assai più corto attraverso altri modi, tutti economici, per stringere il bavaglio ai giornalisti.
La legge è passata con 308 voti a favore, 117 contrari (Sel e M5S) e 8 astenuti.
Nel testo però ci sono pasticci vistosi.
Nella diffamazione a mezzo stampa, per esempio, è stata tolta l’aggravante del fatto determinato e questo, fatti i debiti conti, rende la diffamazione fatta da un giornalista meno onerosa di quella che può colpire un diffamatore da salotto, la cui multa è stata elevata fino a 10 mila euro nel caso in cui il reato venga commesso tra privati. Contraddizioni che, probabilmente, verranno riviste nel passaggio a Palazzo Madama ma che suscitano perplessità sull’intero impianto della legge.
Ma andiamo alle multe.
Per la diffamazione semplice, si diceva, si va dai 5 ai 10 mila euro. Se, invece, si è consapevolmente attribuito a qualcuno un fatto falso, allora la multa sale da 20 mila a 60 mila euro (sinora il tetto massimo era di 50 mila euro), con tanto di obbligo di riportare per esteso della sentenza, fatto a cui nessun giornale cartaceo potrà ottemperare visto che spesso le decisioni superano le cento pagine.
Probabilmente al Senato ci si accorderà per la sola pubblicazione del dispositivo della sentenza, ma resta pesante l’entità della tetto massimo per le multe, soprattutto per i free lance non tutelati dall’ombrello di un editore.
In caso di recidiva, è prevista anche l’interdizione dalla professione da sei mesi ad un anno, ma la pubblicazione della rettifica è giudicata come causa di non punibilità .
Le rettifiche, tuttavia, dovranno essere pubblicate senza commento e risposta, menzionando espressamente il titolo, la data e l’autore dell’articolo diffamatorio.
In caso di violazione dell’obbligo scatterà un’ulteriore sanzione amministrativa da 8 mila a 16 mila euro.
Insomma, la libertà di movimento del giornalista, anche senza carcere, resta sempre molto ridotta. Tanto che stavolta il delitto di diffamazione è stato esteso anche ai siti Internet, con unica esclusione dei blog, che restano nella responsabilità dell’autore del post.
Ma c’è di più.
In caso di diffamazione, il danno sarà quantificato sulla base della diffusione della testata, della gravità dell’offesa e del-l’effetto riparatorio della rettifica.
L’azione civile dovrà essere esercitata entro due anni dalla pubblicazione.
Una sorta di “fine pena mai” per il giornalista che potrà trovarsi a rispondere di una querela, a livello civile, anche molto tempo dopo la pubblicazione dell’articolo.
Cambia, invece, la musica per i direttori delle testate, prima sempre responsabili di omesso controllo.
Non risponderanno più a titolo di colpa e potranno delegare le funzioni di vigilanza (in forma scritta) a un altro giornalista che dovrà prendersi anche la responsabilità dell’omissione di controllo di un testo al posto del direttore.
In ultimo, il segreto professionale, che viene esteso anche ai pubblicisti anche se resta l’obbligo di dichiarare la fonte nel caso in cui questa sia fondamentale per accertare la prova di un reato.
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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